Il cantico del bene
Chi fa ben sol per paura
non fa niente e poco dura. Chi fa ben sol per usanza
se non perde, poco avanza. Chi fa ben come per forza
lascia il frutto e tien la scorza. Chi fa ben qual sciocco a caso
va per l'acqua senza vaso. Chi fa ben per parer buono
non acquista altro che suono. Chi fa ben per vanagloria
non avrà già mai vittoria. Chi fa ben per avarizia
cresce sempre più in malizia. Chi fa ben con negligenza
perde il frutto e la semenza. Chi fa bene all'indiscreta
senza frutto mai s'acquieta. Chi fa ben per solo gusto
mai sarà santo né giusto. Chi fa ben sol per salvarsi
troppo s'ama e non sa amarsi. Chi fa ben per puro amore
dona a Dio l'anima e il cuore e qual figlio servitore
sarà unito al suo Signore. Gesù dolce Salvatore
sia lodato a tutte l'ore il supremo e gran Motore
d'ogni grazia donatore. Amen.
San Giuseppe da Copertino
San Giuseppe da Copertino
Umile frate della famiglia francescana dei Frati Minori Conventuali, egli visse nel XVII secolo. Per le sue numerose estasi, è conosciuto in tutto il mondo come il Santo dei voli ed è invocato perciò come protettore dagli aviatori.
La sua fama di santità, ma soprattutto le sue frequenti estasi - spesso accompagnate da voli, durante i quali egli rimaneva a volte sollevato da terra per lungo tempo - attiravano attorno a lui folle di devoti. Fu accusato perciò di messianismo. Deferito al tribunale dell'Inquisizione, fu poi riconosciuto innocente. Ma, per prudenza, i Superiori lo costrinsero a vivere di volta in volta in conventi isolati. Esperienza che parve un esilio. Dapprima in Assisi (1639 - 1653), segregato in alcune stanze del Sacro Convento. Poi , per breve tempo, nel Convento dei Cappuccini di Pietrarubbia (Pesaro); quindi tra i Cappuccini di Fossombrone (1653 - 1657). Restituito finalmente al suo Ordine, trascorse gli ultimi anni a Osimo, nelle Marche, dove egli morì il 18 settembre 1663, e dove si conserva il suo corpo insieme a numerosi ricordi.
Fu proclamato Beato nel 1753 e Santo nel 1767, con decreto del papa Clemente XIII. Dall'8 maggio al 17 giugno del 2004, il suo corpo, proveniente da Osimo, sarà è stato esposto alla venerazione dei pellegrini e dei devoti proprio nel Santuario di Santa Maria della Grottella.
Patrono degli studenti e degli esaminandi
Perché? Da quando e come è nata questa devozione?
E' stata una scelta fatta proprio dagli studenti che, appena avvenuta la beatificazione del Santo (il 24 febbraio del 1753) da parte del papa Benedetto XIV - come affermano gli storici - lo vollero come loro intercessore per il modo prodigioso di affrontare e superare gli esami. I suoi biografi raccontano infatti che egli era duro di comprendonio e mancava di prontezza nell'esposizione. Ma proprio per questo Giuseppe si impegnava testardamente per prepararsi agli esami e giungere al sacerdozio. Lo guidò, in questa faticosa preparazione, un suo zio, anche lui francescano, padre Giovanni Donato Caputo, assai famoso sia come studioso di teologia, sia come personalità di rilievo per l'intero Ordine Francescano. Sotto la sua guida Giuseppe Desa (questo il nome anagrafico del Santo di Copertino) si impegnò nello studio fino allo spasimo: chino sui libri per ore, si trovò costretto più volte a chiedere lumi (in senso letterale) ad altri confratelli, che gli passavano le loro candele perché potesse avere la luce sufficiente per studiare anche di notte.
Per numerose circostanze, non riuscì tuttavia ad affrontare un corso di studi regolari. Soprattutto il latino per lui risultava ostico. Egli non fu quindi un uomo di cultura ed egli stesso ne era consapevole. Fu naturale perciò, anche per lui, provare la strizza degli esami e per superarli ebbe l'aiuto sfacciato della Madonna della Grottella. Prima di diventare diacono - raccontano i biografi - la Madonna gli passò in sogno il brano delle Sacre Scritture sul quale venne poi effettivamente interrogato; mentre prima di diventare sacerdote, il vescovo di Castro, monsignor Giovan Battista Deti, dopo aver saggiato l'eccellente preparazione di altri studenti leccesi, giunto a Giuseppe Desa, decise di soprassedere dall'interrogarlo. Provvidenzialmente, il frate di Copertino fu ammesso al sacerdozio insieme a tutti i suoi compagni.
Sono questi gli episodi, storicamente appurati, che spiegano la devozione particolare degli studenti e degli esaminandi per l'umile Frate copertinese. Devozione che inizialmente è risultata ristretta agli studenti legati alla famiglia Francescana. Ma dopo la pubblicazione di un opuscoletto (Novena per ottenere felici gli esami), scritto dall'abate parigino D. Fontane nel 1897 e tradotto in italiano da Padre Antonio Rocchetti nel 1900, la pratica cominciò a diffondersi un po' ovunque nel mondo e molti Papi continuano a proporlo come modello di santità, soprattutto tra i giovani.
"Patrono degli studenti - ha scritto di recente Giovanni Paolo II - san Giuseppe da Copertino incoraggia il mondo della cultura, in particolare della scuola, a fondare il sapere umano sulla sapienza di Dio. Ed è proprio grazie a questa sua interiore docilità ai suggerimenti della sapienza divina che questo singolare Santo può proporsi come guida spirituale di ogni categoria di fedeli"
(Lettera di Sua Santità Giovanni Paolo II nel IV centenario della nascita di san Giuseppe da Copertino, 1603 -2003).
Gli studenti lo invocano così
La devozione verso San Giuseppe "patrono degli studenti" sta assai a cuore dei Frati Minori Conventuali, i quali sono impegnati a diffonderla sempre più con diverse iniziative, soprattutto nell'approssimarsi nel mese di giugno, periodo conclusivo dell'anno scolastico, in cui tutti gli studenti sono chiamati a "dar prova" del proprio impegno nello studio e molti sono in procinto di sostenere gli esami. Ecco la "preghiera dello studente", diffusa nelle immaginette, stampate con l'approvazione ecclesiastica e dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali:
O san Giuseppe da Copertino,
amico degli studenti e protettore degli esaminandi,
vengo ad implorare da te il tuo aiuto.
Tu sai, per tua personale esperienza,
quanta ansietà accompagni l'impegno dello studio
(degli esami) e quanto facili siano il pericolo
dello smarrimento intellettuale e dello scoraggiamento.
Tu che fosti assistito prodigiosamente da Dio
negli studi e negli esami
per l'ammissione agli Ordini sacri,
chiedi al Signore
luce per la mia mente e forza per la mia volontà.
Tu che sperimentasti tanto concretamente
l'aiuto materno della Madonna,
Madre della speranza,
pregala per me,
perché possa superare facilmente
tutte le difficoltà negli studi e negli esami.
Amen.
Patrono degli aviatori
San Giuseppe da Copertino, è anche protettore degli aviatori cattolici. Già in passato, a Copertino, l'Aereonautica Militare Italiana ha partecipato ai festeggiamenti patronali del 18 settembre, scortando dal cielo con pattuglie aeree la processione del Santo concittadino. La patrona degli aviatori ufficialmente dichiarata dalla Chiesa è comunque la Madonna di Loreto, nella cui Basilica è conservata e onorata, come si sa, la Casetta di Nazareth, che la tradizione vuole sia stata miracolosamente trasportata da angeli in volo dalla Palestina a Loreto.
Ebbene, San Giuseppe, dopo lunghi anni di peregrinazione (a Napoli, Roma, Assisi, Fossombrone e Pietrarubbia, nelle Marche), giunto in una casa colonica presso Osimo (10 luglio del 1607), volle salire sul terrazzo per ammirare il panorama. Si affacciò al suo sguardo il Santuario di Loreto e - attestano i biografi - San Giuseppe ebbe dapprima una splendida visione: angeli che salivano e scendevano dal cielo, osannando alla Casa di Nazareth, dove la Madonna aveva concepito il Bambino. Poi egli spiccò un volo e andò a posarsi su un mandorlo. Il volo e l'estasi che ne seguirono furono interrotti dal Padre Segretario Generale che, insieme con altri confratelli, era lì presente e comandò al Santo di rientrare in sé. Questo episodio ha ispirato il pittore Ludovico Mazzanti, il quale nel 1754, un anno dopo la Beatificazione del Santo, aveva già terminato la famosa tela, ora conservata nella Basilica del Santo a Osimo. La medesima tela è "volata" a Toronto, in Canada, e, in occasione dell'annuale appuntamento con i giovani di tutto il mondo voluto da Giovanni Paolo II, dal 7 giugno all'11 agosto 2002 è rimasta esposta in una mostra d'arte sul tema "Immagini di salvezza".
Ma il "volo" avvenuto a Osimo non è l'unico di San Giuseppe. I suoi biografi ne hanno registrati moltissimi, accaduti quasi in tutte le città dove il Santo ha sostato. E' giustificata, perciò, la scelta degli aviatori cattolici: i voli del Santo di Copertino possono certamente rappresentare per loro la tensione, fisica e spirituale, verso il cielo. Quanto all'origine e alla diffusione della devozione degli aviatori verso il Santo, non esistono ricerche complete che la attestino. Tuttavia è certo che gli aviatori italiani furono i primi, già prima della guerra mondiale del 1915-'18, a venerare san Giuseppe da Copertino come loro protettore. Inoltre, Biagio Cendrars, scrittore francese molto noto e padre di un pilota di caccia dei "Sioux" durante la seconda guerra mondiale, nel 1949 ha pubblicato un libro (Le dotissemant du Ciel) dal quale risulta che anche gli aviatori Usa hanno scelto come loro protettore San Giuseppe da Copertino e che hanno coniato apposite medaglie. Esiste infine un decreto (n. 1973 del 20 aprile '93) di Monsignor Norberto E. Martina, Ordinario Castrenze in Argentina, con il quale il Santo di Copertino è dichiarato ufficialmente patrono dell'Aereonautica Militare di quella nazione.
Un Santo "simpatico" per letterati e cineasti
San Giuseppe da Copertino è stato considerato "un buono a nulla", incolto e illetterato. Ma sono luoghi comuni radicati, purtroppo, sia nella tradizione popolare, sia in quella colta. Alcuni scrittori, letterati e cineasti, ad esempio, hanno voluto occuparsi di lui, dedicandogli o intere opere o semplici "citazioni". Ignazio Silone, in "Fontamara" lo rievoca nel famoso episodio del "pane bianco", così conosciuto perché, a detta dei "cafoni" fontamaresi, il Santo, povero e incolto come loro, aveva ricevuto dal Padreterno il privilegio di mangiare "ogni giorno dalla mattina alla sera, per omnia specula saeculorum... il miglior pane bianco che si cuocesse in paradiso", invece del pane nero, "che mangiano i cafoni" sulla terra.
Edward Dmytryk - regista, tra l'altro, di film come "I giovani leoni" (1958), "L'uomo che non sapeva amare" (1964) - ne realizzò uno completamente dedicato alla vita del Santo copertinese. Intitolato "Cronache di un convento" (1962), il film si avvaleva di interpreti come Maximilian Shell, nel ruolo di San Giuseppe, Lea Padovani e Arnoldo Foà, nei rispettivi ruoli della Madre e del Padre del Santo. La vicenda - come racconta una scheda del Centro Cattolico Cinematografico (Roma, LII/9 - 1962) - narra le numerose disavventure di Giuseppe Desa (questo il nome anagrafico del Santo), nelle quali egli incorre "per la sua dabbenaggine, per la sua ingenuità, nonché per la malevolenza di alcuni confratelli". Nessuno studio psicologico o d'ambiente, nessuna tematica - notarono però molti critici e "Il Giornale di Bergamo" del 26 marzo del '64, tra altri, si interrogava: "Che tipo di santo salta fuori da questa pellicola? Una specie di scemo del villaggio, un ragazzone ...".
Il grande Francesco Rosi , ispirandosi a una novella di Giovan Battista Basile, nel film "C'era una volta..." (1967), inventa un ruolo del tutto inconsueto per il Santo di Copertino. Impersonato da Leslie French, egli agisce da "tramite" fra Isabella (Sophia Loren), energica e avvenente contadina napoletana, e Rodrigo (Omar Sharif), arrogante principe spagnolo infeudato nell'Italia meridionale del 1600. San Giuseppe, nel film, è "il monaco che vola" come un grande aquilone, è tenuto su da invisibili fili nelle mani di un gruppo di ragazzi, che, per niente meravigliati, si godono lo straordinario spettacolo del Frate "sospeso" nel cielo. Grazie proprio al suo intervento dall'alto, è il caso di dire, tra i due protagonisti scocca la scintilla dell'amore.
Carmelo Bene , dopo una "citazione" in una lunga sequenza di "Nostra Signora dei Turchi" (1968), scrive per San Giuseppe da Copertino un'intera sceneggiatura cinematografica: "A Boccaperta" (1976), che però, per sua stessa volontà, non è mai divenuta un film. Per Carmelo Bene l'umile frate copertinese fu segno di contraddizione ed efficace pungolo di rinnovamento, sociale e religioso: in pieno Seicento, epoca di apparenze e virtuosismi formali, egli colpiva per la sua semplicità, spesso anche rozza e irruente, che però metteva in crisi i suoi stessi potenti persecutori. Molto più recente è l'"uscita" di Ennio De Concini . Notissimo sceneggiatore cinematografico e televisivo ("La Piovra" 1, 2 e 3, per esempio, è sua), ha pubblicato con le Edizioni San Paolo "Il Frate volante" (1998). "Un racconto che sta a metà strada tra romanzo e sceneggiatura", si legge sul risvolto di copertina, dove pure è scritto che l'autore "non intende fare opera di storico". E infatti, inspiegabilmente e contro ogni testimonianza storica, inventa per il Santo copertinese addirittura le stimmate, come San Padre Pio da Pietralcina. Un'opera veramente ambigua questa di De Concini, Comunque, sinora, essa non è stata portata sugli schermi.
Diverso tono hanno infine le recentissime pagine scritte da Antonio Prete, copertinese d'origine, professore a Siena di letterature moderne comparate, affermato studioso e critico di Leopardi. In "L'imperfezione della luna" (2000), attraverso le parole della madre, egli rievoca con suggestive immagini frammenti della vita del Santo concittadino legati ai suoi ricordi di infanzia. C'è proprio da augurarsi che le iniziative avviate per celebrare il quarto centenario della nascita di questo "simpatico" santo del Sud possano contribuire a conoscerne l'autentico spessore della sua ricca e complessa personalità.
"Illetterato", ma "poeta"
San Giuseppe da Copertino: protettore degli studenti, perché studiava molto; protettore degli aviatori, per il dono singolarissimo di staccarsi da terra col corpo oltre che con lo spirito. Non fu certo un uomo colto, ma ha scritto alcune poesie, un po' zoppicanti rispetto alle classiche regole della metrica e degli artifici letterari, ma schiette e profonde. Racconta padre Roberto Nuti, suo primo biografo e suo contemporaneo, che Giuseppe da Copertino, per dare sfogo con maggiore esaltazione al suo amore verso Dio, con grande spirito di devozione, ma anche con semplicità, cantava alcune canzoni che egli stesso componeva, specialmente nelle grandi festività liturgiche.
Il Natale era la festa che stuzzicava di più la vena poetica del Santo. Abituato a vedere scene campestri e pastorali nella zona del Convento-Santuario della Grottella, era facile per lui incitare pastori e contadini a far festa al Bambinello con i loro flauti e le loro zampogne : "A canti sonori / a feste giulive / a suoni canori / a danze festive / correte pastori / che l'Angel v'invita. / Vedrete stupori / con gioia infinita". Per l'idilliaca scena della Madre che allatta il Bambino appena nato, tante ninna-nanna, come questa: "Dormi, dormi, o mio Bambino, / re del ciel, divino infante / del mio cor leggiadro amante / di quest'alma amor divino".
Anche la quaresima e la Pasqua erano per Giuseppe una fonte di ispirazione: il bacio di Giuda, l'abbandono dei discepoli, il doloroso distacco di Cristo dalla Madre negli attimi che precedono la via del calvario, gli hanno ispirato una delle sue composizioni più belle, nella quale i sentimenti umanissimi del Figlio votato all'estremo sacrificio si intrecciano con le strazianti suppliche della Madre che vorrebbe trattenerlo dall'affrontare la morte o morire con Lui: " Giunta, o Madre è quell'ora / che questo tuo diletto unico figlio / tratto in lontano esiglio / per dar la vita altrui /... Tempo è ch' io mora. / Così comanda il Padre mio celeste / ch'io m'en vada veloce / ad abbracciar la desiata croce". Per contrasto, la supplica della Madre: " Deh, per quel dolce latte / che ti porsi bambino / non mi lasciar più viva / ohimè languire /... Fa' che almen teco io mora!"
Sono degli sprazzi di poesia. Di un uomo "senza lettere". I versi composti da Giuseppe da Copertino non sono però numerosi, né, per sua stessa convinzione, avevano pretese letterarie. Si tratta semplicemente di sfoghi della sua anima innamorata della dimensione divina, che egli, francescanamente, sapeva scorgere negli uomini e nella natura. Erano sfoghi dettati dal cuore in particolari momenti di fervore sprituale, che egli esprimeva con grande semplicità di cuore, cantandoli e - come attestano i biografi sulla base di molte testimonianze dal vivo - spesso anche ballandoli, tra lo stupore dei presenti. Proprio come accadeva in passato a contadini e pastori della terra salentina che, a furia di scherzare con le parole e con le rime, spesso per lenire la fatica durante i lavori dei campi, talvolta ci azzeccavano davvero, cosicché qualche pensiero e qualche verso risultavano alla fine non solo metricamente giusti, ma anche pregevoli.
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