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mercoledì 8 giugno 2022

Era l’8 Giugno 1899, quando Santa Gemma Galgani ricevette il dono delle Stimmate (storia, preghiera e video)

 



Giovedì 8 giugno 1899,  Gemma riceve il dono delle stimmate, che da quel giorno ricompaiono puntualmente ogni settimana.

Le stimmate nel racconto di Gemma

PREGHIERA A S. GEMMA PER CHIEDERE GRAZIE
O cara santa Gemma,
che ti sei lasciata plasmare da Cristo crocifisso, ricevendone nel tuo corpo verginale
i segni della sua gloriosa Passione,
per la salvezza di tutti,
ottienici di vivere con generosa dedizione il nostro impegno battesimale
e intercedi per noi presso il Signore affinché ci conceda le grazie desiderate.
Amen
Santa Gemma Galgani, prega per noi.
Padre nostro, Ave Maria, Gloria
Con approvazione ecclesiastica -Santuario Santa Gemma - Lucca

Preghiera Composta da Santa Gemma per ottenere grazie (scritto da lei stessa gemma)
Eccomi ai vostri santissimi piedi, caro Gesù, per manifestarvi ogni momento la mia gratitudine per tanti e continui favori che mi avete fatto e che ancora volete farmi. Quante volte vi ho invocato, o Gesù, mi avete fatta sempre contenta: ho ricorso spesso a voi e m'avete sempre consolata. Come esprimermi con voi, caro Gesù? Vi ringrazio. Ma un'altra grazia voglio, o mio Dio, se a voi piace........ (esporre la grazia che si desidera). Se voi non foste onnipotente, non vi farei questa domanda. O Gesù, abbiate pietà di me! Sia fatto in tutto il vostro santissimo volere.
Pater, Ave e Gloria.
 
 
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"Il giorno 8 giugno 1899, dopo la Comunione, Gesù mi avvisò che quella sera stessa mi avrebbe fatta una grazia grandissima. Il giorno stesso andai poi a confessarmi e lo dissi a Monsignore, e rispose che stessi bene attenta a riferirgli dopo ogni cosa. Eravamo alla sera: tutto ad un tratto, più presto del solito mi sento un intenso dolore dei miei peccati; ma lo provai così forte, che non l'ho più sentito; quel dolore mi ridusse quasi direi lì lì per morire. Dopo di questo mi sento raccogliere tutte le potenze dell'anima: l'intelletto non conosceva che i miei peccati e l'offesa di Dio; la memoria tutti me li ricordava, e mi faceva vedere tutti i tormenti che Gesù aveva patito per salvarmi; la volontà me li faceva detestare e promettere di voler tutto soffrire per espiarli. Un mucchio di pensieri si volsero tutti alla mente: erano pensieri di dolore, di amore, di timore, di speranza e di conforto. Al raccoglimento interno successe ben presto il rapimento dei sensi, ed io mi trovai dinanzi alla Mamma mia celeste, che aveva alla sua destra l'Angelo mio Custode, che per primo mi comandò di recitare l'atto di contrizione. Dopo che l'ebbi terminato, la Mamma mi rivolse queste parole: "Figlia, in nome di Gesù ti siano rimessi tutti i peccati". Poi soggiunse: "Gesù mio Figlio ti ama tanto e vuol farti una grazia; saprai tu rendertene degna?" La mia miseria non sapeva che cosa rispondere. Soggiunse ancora: "lo ti sarò Madre, ti mostrerai tu mia vera figlia?" Aperse il manto e con esso mi ricoprì. In quell'istante comparve Gesù, che aveva tutte le ferite aperte, ma da quelle ferite non usciva più sangue, uscivano come fiamme di fuoco che in un momento solo quelle fiamme vennero a toccare le mie mani e i miei piedi e il cuore. Mi sentii morire, sarei caduta in terra, ma la Mamma mi sorresse, ricoperta sempre col suo manto. Per parecchie ore mi convenne rimanere in quella posizione. Dopo, la Mamma mia mi bacio nella fronte, e tutto disparve e mi trovai in ginocchio in terra, ma mi sentivo ancora un dolore forte alle mani, ai piedi e al cuore. Mi alzai per mettermi sul letto, e mi accorsi che da quelle parti, dove mi sentiva, usciva del sangue. Mi coprii alla meglio quelle parti, e, poi, aiutata dall'Angelo mio, potei montare sul letto. Quei dolori, quelle pene, anziché affliggermi, mi recavano una pace perfetta. La mattina a stento potei andare a fare la Comunione, e mi misi un paio di guanti, tanto per nascondermi le mani. Non potevo reggermi in piedi; ad ogni momento credevo di morire. Quei dolori mi durarono fino alle ore 3 del pomeriggio di Venerdì, festa solenne del S. Cuore di Gesù. Questa cosa per primo dovevo dirla al Confessore, ma invece più volte andai a confessarmi senza mai dirgli nulla; esso più volte me lo dimandava, ma io rispondevo di no". (Autobiografia 261-262)

"Trascorse intanto parecchio tempo, e ogni giovedì sera, circa le 8 e prima, sentivo i soliti dolori; ogni volta però che mi accadeva in questo modo, sentivo prima di tutto un dolore così forte e intenso dei miei peccati, che quello mi cagionava più dolore che i dolori delle mani e dei piedi, del capo e del cuore: questo dolore dei peccati mi riduceva a uno stato di tristezza da morire. Però anche con questa grazia di Dio non miglioravo punto, ogni giorno commettevo peccati senza numero, disubbidienze, al Confessore non gli ero mai nulla sincera e sempre nascondevo qualche cosa. L'Angelo mio custode più volte mi avvisava, dicendomi che se ne sarebbe partito per non farsi più vedere, se avessi continuato in quel modo: io non obbedii ed esso se ne andò, ovvero si nascose per più tempo". (Autobiografia 263)
 
 
Le stimmate viste dai contemporanei

"Io sottoscritto padre Gaetano del Bambino Gesù attesto di aver veduto, nel mese di luglio dell'anno 1899, sulle mani della giovinetta Gemma Galgani certe piaghe, che non avevano nulla dell'ordinario in natura. Nella parte inferiore della mano, e precisamente nelle palme, vedevasi come un pezzo di carne sovrappostavi, simile a una capocchia di chiodo, della superficie di un soldo; sul dorso poi vi era, in ambedue le mani, come una scorticatura, però alquanto profonda. Quella mancanza di carne sembrava essere stata mandata via da un chiodo spuntato, che fosse stato conficcato nella parte opposta. Io e chi con me le vide, non esitammo a dire che quelle fossero stimmate, prodotte da cagione tutt'altro che naturale. Infatti, guardando le mani della giovinetta il giovedì sera, non vedemmo nulla; guardate il venerdì mattina le trovammo nel modo descritto di sopra; e riguardate il sabato, altro non ci vedemmo che una piccola cicatrice rossastra. In fede. Firmato: padre Gaetano del Bambino Gesù, passionista."

"Dal giorno 8 giugno 1899 in cui Gemma ricevette per la prima volta le stimmate, il prodigio delle stimmate continuò a ripetersi periodicamente nello stesso giorno ed ora, in ogni settimana, cioè la sera di giovedì verso le ore 8, e durava fino alle ore 3 pomeridiane del venerdì. Nessuna preparazione lo precedeva, nessun senso di dolore o impressione qualunque in quelle parti del corpo lo annunziava imminente, ad eccezione del raccoglimento prodromo dell'estasi. Appena era questa per principiare, tutt'a un tratto le si vedeva apparire sul dorso di ambedue le mani e in mezzo alle palme una macchia rubiconda, e di sotto all'epidermide (che è quella membrana sottile e trasparente che ricopre esternamente la pelle) vedevasi a poco a poco aprirsi una squarciatura nel vivo della carne, ossia del derma, oblunga sul dorso e irregolarmente rotonda nella palma. Poco dopo laceravasi la membrana stessa, e su quelle innocenti mani la ferita era messa a nudo con tutti i caratteri di piaga viva, del diametro di un buon centimetro nella palma, e di due millimetri sul dorso, sopra una lunghezza, in quest'ultima, di venti millimetri. Talvolta la lacerazione apparve assai superficiale, e tal altra quasi impercettibile ad occhio nudo, nondimeno più d'ordinario essa era molto profonda; anzi sembra che attraversasse tutta la grossezza della mano, andando la ferita superiore a raggiungere quella della parte opposta. E dico sembra; perché quelle aperture erano rigurgitanti di sangue, in parte fluente, e in parte aggrumato, e quando cessava il sangue, tosto si restringevano; onde non era facile di esplorarle senza l'aiuto d'uno specillo. Ora questo strumento non fu mai adoperato, sia per cagione del timore riverenziale che incuteva l'estatica in quelle sue misteriose condizioni; sia perché l'acerbità del dolore le faceva tener le mani rattrappite convulsivamente; e sia ancora perché nella palma la ferita era coperta da una protuberanza, la quale da prima parve che fosse formata da grumi di sangue, mentre invece si trovo che era carnosa, dura, a forma di capocchia di chiodo, rilevata e non aderente, della grandezza di un soldo. Nei piedi poi, oltre ad essere le squarciature più larghe e circondate da lividure sui labbri, la differenza di grandezza era in senso inverso di quelle delle mani; cioè di maggior diametro sul dorso e di minore sotto la pianta; ed inoltre quella del dorso del piede sinistro era grande quanto quella della pianta del destro: come certo dovette essere nel Salvatore, supposto che con un sol chiodo fossero confitti sulla croce ambedue i suoi santi piedi, il destro sovrapposto al sinistro. Ho poi detto che le accennate squarciature si formavano a poco a poco, e cioè in cinque o sei minuti, cominciando internamente nella pelle sotto l'epidermide, e terminando con la lacerazione di questa. A volte pero non era così: il colpo che le produceva, era istantaneo, e veniva dall'esterno a guisa di violenta trafittura; ed allora era uno strazio a vedere la cara martire, colta così all'improvviso, scuoterai, tremare con tutti i muscoli delle braccia, delle gambe e della vita. Ora veniamo alla ferita del costato. Direttamente fu questa poche volte e da pochi osservata: parendo male alla gente di casa di avvicinarsi troppo a quel corpo verginale per solo fine di appagare la loro devota curiosità, siccome parve male a me stesso, che perciò rimasi privo della consolazione di potermene render conto. Certo a giudicare dall'acerbo dolore, che la buona Gemma sentiva di questa sua ferita, non superficialmente solo, ma profondamente nel centro del cuore, può a buon diritto opinarsi che essa giungesse fino al cuore. D'altra parte, se il fine che si propone Iddio nell'operare prodigi si singolari, è quello di riprodurre in alcuni suoi servi prediletti la realtà di quello che il suo divin figlio Gesù soffrì per noi sulla croce; non sembra vi sia ragione di pensare che questa riproduzione egli la faccia incompiuta. Nell'autopsia che si fece del cadavere della Serva di Dio Giovanna della Croce, leggo nella storia della sua vita, che i medici vollero seguire il corso della misteriosa ferita che essa aveva nel costato, e trovarono che attraversando il polmone, giungeva in realtà fino al cuore. Anche della nostra Gemma fu fatta, come avrò da dire a suo luogo, l'autopsia del cadavere, tredici giorni dopo la sua morte. Se il prodigio delle stimate non fosse in lei del tutto cessato già da due anni, chi sa che non avremmo avuto, in un secondo palpabile esempio, la chiara evidenza di quel che qui asserisco come semplicemente probabile? Era la suddetta apertura del costato in Gemma a forma di mezza luna in direzione orizzontale con le due punte rivolte in su. La sua lunghezza in linea retta era di sei centimetri, e le sua larghezza nel punto medio di tre millimetri, formando con le sue due opposte faccie un angolo, che avea il suo vertice alla profondità di un mezzo centimetro. Anche questa ferita si produceva in due modi diversi, cioè istantaneamente dall'esterno come per effetto di una lanciata; ovvero dall'interno a poco a poco, aprendosi da quella parte minutissimi forellini rubicondi, che si vedevano trasparire attraverso l'epidermide, i quali poi crescendo di numero finivano con lacerare il derma, e formare la raccapricciante piaga che abbiamo descritto. Mi meravigliai non poco dell'anzidetta forma di mezzaluna, insolita negli altri stigmatizzati che si conoscono, ma cessò la maraviglia allorché m'imbattei a leggere la vita della Ven. Diomira Allegri fiorentina, del secolo XVII, la quale aveva la sua in egual modo, stando alla relazione giurata che nel processo di beatificazione della Serva di Dio ne fecero i medici periti d'ufficio e parecchi altri testimoni de visu. Or non essendo giusto di pensare che una forma si ben definita in due diversi esempi, a circa tre secoli di distanza l'uno dall'altro, avvenisse a caso, potrebbe credersi che la lancia, con cui fu aperto il sacro Costato del Salvatore in croce, avesse tal forma che, percotendo con essa in direzione obliqua, si venisse ad aprire una ferita arcuata. Copioso era il sangue che dall'anzidetta piaga sgorgava, e poteva vedersi nelle interne vesti, che ne rimanevano tutte inzuppate. L'umile e pudica verginella si aiutava quanto poteva per occultare quel sangue, servendosi di pannilini ripiegati a più doppi, che si applicava sul fianco ripetutamente; poiché in breve li trovava molli, e correva a nasconderli per lavarseli poi da sé segretamente. Tuttavia lo sgorgo non era continuo, ma intermittente, ad intervalli di tempo piè o meno lunghi, da lasciare che la piaga si asciugasse e sopra vi si rapprendesse il sangue; di guisa che, lavandola rimaneva la carne viva, come naturalmente suole accadere ad una ferita in via di guarigione. Ma qui non si trattava di fenomeno naturale; e pero ad un nuovo accendimento del misterioso fuoco che di dentro operava, la piaga tornava di repente ad infiammarsi, e il sangue riprincipiava a fluire in gran copia. Così una delle tante volte che ciò le accadeva, potè scrivere: "Gesù si è fatto sentire forte forte all'anima mia; ed allora non reggendo più il cuore, si è aperta la ferita da quella parte, ed ha fatto sangue". Per tal condizione di cose non fu mai possibile di sapere quante volte il meraviglioso fenomeno si manifestasse, oltre i consueti giorni; né di calcolare quanto sangue perdesse ogni volta quella vittima; e solo può dirsi che era molto, e possono farne fede tutte le persone che da vicino l'assistevano. Una di esse attesta sotto la fede del giuramento, che da quella sola del costato ne veniva fuori tanto, che quando non vi si poneva riparo, andava a scorrere fino a terra. Lo stesso dicasi delle altre quattro stimate delle mani e dei piedi. Era poi questo sangue vivo, di un bel colorito e tutto somigliante a quello che suole sgorgare da una ferita di fresco aperta, e così rimaneva dopo di essersi disseccato sulla pelle, sopra i panni e sul pavimento. Non meno meravigliosa era poi la maniera con cui le stimate si dileguavano. Cessata l'estasi del venerdì, cessava definitivamente l'efflusso del sangue dal costato, dai piedi e dalle mani; si disseccava la carne viva, si restringevano a poco a poco e si risaldavano le maglie dei tessuti lacerati, e il di seguente, o al più tardi la domenica, di quelle profonde squarciature non rimaneva alcun vestigio né al centro né ai margini; la pelle era cresciuta di sopra naturale ed in tutto uniforme a quella delle parti non lese. Nel colore soltanto restava una macchia bianca ad indicare che il giorno innanzi vi erano in quei punti vive piaghe, le quali a capo di altri cinque di si sarebbero riaperte come prima, per poi richiudersi di bel nuovo e nel modo stesso. Due anni dopo cessato del tutto il prodigio delle stimate, venuta Gemma a morire, le suddette macchie persistevano ancora, e si potè a bell'agio osservarle sul suo cadavere, particolarmente nei piedi, che, lei vivente, era stato tanto difficile di scalzare durante l'estasi. Finché non venne divieto da parte dei direttori, il fenomeno delle stimate fu costante ed invariabile in tutti i giovedì e venerdì di ciascun mese; né mai ebbe a manifestarsi in altri giorni, per quanto memorabili fossero questi, e le estesi della serafica verginella si ripetessero in forma straordinaria. (Testimonianza di padre Germano Ruoppolo, passionista)
 
 
Le stimmate al vaglio della scienza moderna
(relazione del prof. T. Zecca)

Nel giugno del 1998, in occasione del III congresso sindonologico internazionale di Torino, ebbi la possibilità di presentare una mia ricerca, fatta in collaborazione con Silvan Quattrin, su Santa Gemma Galgani, la mistica passiopatica e la sacra Sindone. Riprendo volentieri in questa sede alcuni passaggi tematici che mi sembrano interessanti per l’approccio corretto del problema.

Quello delle stimmate è un problema che viene affrontato oggi con uno sguardo più libero dai condizionamenti critici che vigevano al tempo di Gemma Galgani e di cui soffrì a lungo anche il beato Pio da Pietrelcina. A livello scientifico predominava allora uno scientismo positivista tendente ad interpretare ogni fenomeno di quel tipo con i parametri esclusivi della patologia nervosa ed isterica. E’ nota la dolorosa tensione per una forte disparità di giudizio tra mons. Volpi e p. Germano, in base alle valutazioni piuttosto affrettate e superficiali, del pur stimato dottor Pfanner, date sui fenomeni passiopatici della Galgani. La santa dunque, ebbe a soffrire non poco da quella affrettata dichiarazione "scientifica" che spiegava tutti i suoi fenomeni mistici con l'isterismo. Ma la santa dimostrò in tutta la vicenda un comportamento così umile ed equilibrato da rendere evidente, anche a noi oggi, l'inattendibilità di quella diagnosi. E' interessante quello che scrive a questo riguardo Cornelio Fabro: "L'equilibrio superiore del suo spirito è attestato in particolare dalle lettere 5a e 6a (8 e 12 settembre 1899) riguardante l'umiliazione della visita medica voluta dal Volpi e con la diagnosi di isterismo da parte del Dott. Pfanner e vanno lette perché sono forse documenti unici nell'agiografia cristiana. Ecco il suo commento alla diagnosi: "Gesù oggi ha voluto che ci facessi questo sacrificio e l'ho fatto volentieri. Sia pure come ha detto quel medico, che è isterismo: appunto perché è così Gesù mi vuol più bene”. L'inciso:"...appunto perché è così", non significa che Gemma convalidi o accetti quella diagnosi: accetta l'umiliazione come accetta la vita di totale immolazione che Gesù le annunzia ...il sacrificio totale della propria volontà non è una condotta da nevrotici o isterici!" .

Nel caso di Gemma, come di ogni mistico stigmatizzato canonizzato dal supremo magistero della Chiesa, le stimmate non possono essere considerate di provenienza diabolica; ciò rimane vero, anche se nel processo per la causa di beatificazione i fenomeni straordinari non vengono presi direttamente in considerazione e la santità viene riconosciuta in base all'analisi delle virtù eroiche. Un fatto è certo, gli autori più accreditati che hanno compiuto una serie di esperimenti a livello psichiatrico, sia in soggetti isterici che in soggetti trattati con ipnosi, il massimo che hanno ottenuto sono delle modificazioni cutanee superficiali e "dermografie" che non hanno nulla a che vedere con la complessità e la gravità delle lesioni provocate dalle stigmate. “A differenza della manipolazioni sperimentali, le vere stigmate sono profonde, nette, indelebili, con abbondante versamento di sangue. Nessuna suggestione di un'isterica sotto ipnosi ha potuto produrre piaghe scoperte, mani e piedi trapassati, attraverso cui si vede la luce (come in padre Pio da Pietrelcina); una piaga al torace così profonda da cui si vede battere il cuore (Louise Plazza). In santa Veronica Giuliani addirittura l'aria dei polmoni esce attraverso la piaga aperta. Si può vedere il fegato di Ida de Louvain. Tutti i medici affermano che non è possibile sopravvivere normalmente con tali ferite non curate. E tuttavia tutti questi stigmatizzati sono vissuti parecchi anni".

In Gemma sono presenti tutti questi aspetti eccezionali che P.Germano non cessa di sottolineare per convincere i suoi interlocutori che si tratta di vere stigmate. Basti ricordare, per esempio, che i testimoni sono concordi nel dire dell'impressionante quantità di sangue che usciva dalle ferite di Gemma tanto da inzuppare talvolta il materasso fino a raggiungere il pavimento. L'altro fatto inspiegabile era che le ferite così profonde da far vedere l'osso delle ginocchia e da trapassare da parte a parte le mani e i piedi si rimarginavano nel giro di alcune ore, in modo completo lasciando al loro posto solo l'impronta di una macchia bianca.

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