DOMENICA DELLE PALME: OMELIA DI PAPA FRANCESCO-10 aprile 2022
Sul
Calvario si scontrano due mentalità. Nel Vangelo, infatti, le parole di
Gesù crocifisso si contrappongono a quelle dei suoi crocifissori.
Questi ripetono un ritornello: “Salva te stesso”. Lo dicono i capi:
«Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto» . Lo ribadiscono i
soldati: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso» . E infine,
anche uno dei malfattori, che ha ascoltato, ripete il concetto: «Non sei
tu il Cristo? Salva te stesso!». Salvare se stessi, badare a se stessi,
pensare a se stessi; non ad altri, ma solo alla propria salute, al
proprio successo, ai propri interessi; all’avere, al potere,
all’apparire. Salva te stesso: è il ritornello dell’umanità che ha
crocifisso il Signore. Pensiamoci.
PER ASCOLTARE L'OMELIA👇
Soffermiamoci
su queste parole. Quando le dice il Signore? In un momento specifico:
durante la crocifissione, quando sente i chiodi trafiggergli i polsi e i
piedi. Proviamo a immaginare il dolore lancinante che ciò provocava.
Lì, nel dolore fisico più acuto della passione, Cristo chiede perdono
per chi lo sta trapassando. In quei momenti verrebbe solo da gridare
tutta la propria rabbia e sofferenza; invece Gesù dice: Padre, perdona
loro. Diversamente da altri martiri, di cui racconta la Bibbia, non
rimprovera i carnefici e non minaccia castighi in nome di Dio, ma prega
per i malvagi. Affisso al patibolo dell’umiliazione, aumenta l’intensità
del dono, che diventa per-dono.
Fratelli,
sorelle, pensiamo che Dio fa così anche con noi: quando gli provochiamo
dolore con le nostre azioni, Egli soffre e ha un solo desiderio:
poterci perdonare. Per renderci conto di questo, guardiamo il
Crocifisso. È dalle sue piaghe, da quei fori di dolore provocati dai
nostri chiodi che scaturisce il perdono. Guardiamo Gesù in croce e
pensiamo che non abbiamo mai ricevuto parole più buone: Padre, perdona.
Guardiamo Gesù in croce e vediamo che non abbiamo mai ricevuto uno
sguardo più tenero e compassionevole. Guardiamo Gesù in croce e capiamo che non abbiamo mai ricevuto un abbraccio più amorevole. Guardiamo il Crocifisso e diciamo: “Grazie Gesù: mi ami e mi perdoni sempre, anche quando faccio fatica ad amarmi e perdonarmi”.
Lì, mentre viene crocifisso, nel momento più difficile, Gesù vive il suo comandamento più difficile: l’amore per i nemici. Pensiamo
a qualcuno che ci ha ferito, offeso, deluso; a qualcuno che ci ha fatto
arrabbiare, che non ci ha compresi o non è stato di buon esempio.
Quanto tempo ci soffermiamo a ripensare a chi ci ha fatto del male! Così
come a guardarci dentro e a leccarci le ferite che ci hanno inferto gli
altri, la vita o la storia. Gesù oggi ci insegna a non restare lì, ma a
reagire. A spezzare il circolo vizioso del male e del rimpianto. A
reagire ai chiodi della vita con l’amore, ai colpi dell’odio con la
carezza del perdono. Ma noi, discepoli di Gesù, seguiamo il
Maestro o il nostro istinto rancoroso? È una domanda che dobbiamo farci:
seguiamo il Maestro o seguiamo il nostro istinto rancoroso? Se vogliamo
verificare la nostra appartenenza a Cristo, guardiamo a come ci
comportiamo con chi ci ha feriti. Il Signore ci chiede di
rispondere non come ci viene o come fanno tutti, ma come fa Lui con noi.
Ci chiede di spezzare la catena del “ti voglio bene se mi vuoi bene; ti
sono amico se sei mio amico; ti aiuto se tu mi aiuti”. No,
compassione e misericordia per tutti, perché Dio vede in ciascuno un
figlio. Non ci divide in buoni e cattivi, in amici e nemici. Siamo noi
che lo facciamo, facendolo soffrire. Per Lui siamo tutti figli amati, che desidera abbracciare e perdonare.
Ed è così anche in quell’invito al banchetto di nozze del figlio, quel
signore invia i suoi servi all’incrocio delle strade e dice: “Portate
tutti, bianchi, neri, buoni e cattivi, tutti, sani, ammalati, tutti…”. L’amore di Gesù è per tutti, non ci sono privilegi in questo. Tutti. Il privilegio di ognuno di noi è essere amato, perdonato.
Padre,
perdona loro perché non sanno quello che fanno. Il Vangelo sottolinea
che Gesù «diceva» questo: non lo disse una volta per tutte al momento
della crocifissione, ma trascorse le ore sulla croce con queste parole
sulle labbra e nel cuore. Dio non si stanca di perdonare. Dobbiamo
capire questo, ma capirlo non solo con la mente, capirlo con il cuore:
Dio non si stanca di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di
chiedergli perdono, ma Lui mai si stanca di perdonare. Lui non sopporta
fino a un certo punto per poi cambiare idea, come siamo tentati di fare
noi. Gesù – insegna il Vangelo di Luca – è venuto nel mondo a portarci
il perdono dei nostri peccati e alla fine ci ha dato un’istruzione
precisa: predicare a tutti, nel suo nome, il perdono dei peccati.
Fratelli e sorelle, non stanchiamoci del perdono di Dio: noi preti di
amministrarlo, ogni cristiano di riceverlo e di testimoniarlo. Non
stanchiamoci del perdono di Dio.
Padre,
perdona loro perché non sanno quello che fanno. Notiamo ancora una
cosa. Gesù non solo implora il perdono, ma dice anche il motivo:
perdonali perché non sanno quello che fanno. Ma come? I suoi
crocifissori avevano premeditato la sua uccisione, organizzato la sua
cattura, i processi, e ora sono sul Calvario per assistere alla sua
fine. Eppure Cristo giustifica quei violenti perché non sanno. Ecco come
si comporta. Ed è interessante l’argomento che utilizza: perché non
sanno, quell’ignoranza del cuore che abbiamo tutti noi peccatori. Quando
si usa violenza non si sa più nulla su Dio, che è Padre, e nemmeno
sugli altri, che sono fratelli. Si dimentica perché si sta al mondo e si
arriva a compiere crudeltà assurde. Lo vediamo nella follia della
guerra, dove si torna a crocifiggere Cristo. Sì, Cristo è ancora una
volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta
dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle
bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli
a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere
i loro fratelli. Cristo è crocifisso lì, oggi.
Padre,
perdona loro perché non sanno quello che fanno. Molti ascoltano questa
frase inaudita; ma uno solo la accoglie. È un malfattore, crocifisso
accanto a Gesù. Possiamo pensare che la misericordia di Cristo abbia
suscitato in lui un’ultima speranza e l’abbia portato a pronunciare
quelle parole: «Gesù, ricordati di me». Come a dire: “Tutti si sono
dimenticati di me, ma tu pensi pure a chi ti crocifigge. Con te, allora,
c’è posto anche per me”. Il buon ladrone accoglie Dio mentre la vita
sta per finire e così la sua vita inizia di nuovo; nell’inferno del
mondo vede aprirsi il paradiso: «Oggi con me sarai nel paradiso». Ecco
il prodigio del perdono di Dio, che trasforma l’ultima richiesta di un
condannato a morte nella prima canonizzazione della storia.
Fratelli,
sorelle, in questa settimana accogliamo la certezza che Dio può
perdonare ogni peccato. Dio perdona tutti, può perdonare ogni distanza,
mutare ogni pianto in danza; la certezza che con Cristo c’è sempre posto
per ognuno; che con Gesù non è mai finita, non è mai troppo tardi. Con
Dio si può sempre tornare a vivere. Coraggio, camminiamo verso la Pasqua
con il suo perdono. Perché Cristo continuamente intercede presso il
Padre per noi e, guardando il nostro mondo violento, il nostro mondo
ferito, non si stanca di ripetere, e noi lo facciamo adesso con il
nostro cuore, in silenzio di ripetere: Padre, perdonali, perché non
sanno quello che fanno.
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