Giovedì Santo, 14 aprile 2022
OMELIA
PAPA FRANCESCO:
SANTA MESSA DEL CRISMA
Nella Lettura del profeta Isaia che abbiamo ascoltato, il Signore fa una promessa carica di speranza che ci tocca da vicino: «Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti. Io darò loro fedelmente il salario, concluderò con loro un’alleanza eterna». Essere sacerdoti è, cari fratelli, una grazia, una grazia molto grande, che non è in primo luogo una grazia per noi, ma per la gente; e per il nostro popolo è un dono grande il fatto che il Signore scelga, in mezzo al suo gregge, alcuni che si occupino delle sue pecore in modo esclusivo, come padri e pastori. È il Signore stesso a pagare il salario del sacerdote: «Io darò loro fedelmente il salario». E Lui, lo sappiamo, è buon pagatore, benché abbia le sue particolarità, come quella di pagare prima gli ultimi e poi i primi: è nel suo stile.
AUDIO:
Omelia di Papa Francesco durante la Santa Messa del Crisma - 14 aprile 2022
👇
La
Lettura del libro dell’Apocalisse ci dice qual è il salario del
Signore. È il suo Amore e il perdono incondizionato dei nostri peccati a
prezzo del suo sangue versato sulla Croce: «Colui che ci ama e ci ha
liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un
regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre». Non c’è salario maggiore
dell’amicizia con Gesù, non dimenticare questo. Non c’è pace più grande
del suo perdono e questo lo sappiamo tutti. Non c’è prezzo più caro di
quello del suo Sangue prezioso, che non dobbiamo permettere sia
disprezzato con una condotta indegna.
Se
leggiamo con il cuore, cari fratelli sacerdoti, questi sono inviti del
Signore ad essergli fedeli, ad esser fedeli alla sua Alleanza, a
lasciarci amare, a lasciarci perdonare; sono inviti non solo per noi
stessi, ma anche affinché così possiamo servire, con una coscienza
pulita, il santo popolo fedele di Dio. La gente lo merita e anche ne ha
bisogno. Il Vangelo di Luca ci dice che, dopo che Gesù ebbe letto il
passo del profeta Isaia davanti alla sua gente e si fu seduto, «gli
occhi di tutti erano fissi su di lui». Anche l’Apocalisse ci parla oggi
di occhi fissi su Gesù, dell’attrazione irresistibile del Signore
crocifisso e risorto che ci porta ad adorare e a riconoscere: «Ecco,
viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo
trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto.
La grazia finale, quando il Signore risorto ritornerà, sarà quella di
un riconoscimento immediato: lo vedremo trafitto, riconosceremo chi è
Lui e chi siamo noi, peccatori; niente più.
“Fissare gli occhi su Gesù”
è una grazia che, come sacerdoti, dobbiamo coltivare. Al termine della
giornata fa bene guardare al Signore, e che Lui ci guardi il cuore,
insieme al cuore delle persone che abbiamo incontrato. Non si tratta di
contabilizzare i peccati, ma di una contemplazione amorosa in cui
guardiamo alla nostra giornata con lo sguardo di Gesù e vediamo così le
grazie del giorno, i doni e tutto ciò che ha fatto per noi, per
ringraziare. E gli mostriamo anche le nostre tentazioni, per
riconoscerle e rigettarle. Come vediamo, si tratta di capire che cosa è
gradito al Signore e che cosa vuole da noi qui e ora, nella nostra
storia attuale.
E
forse, se sosteniamo il suo sguardo pieno di bontà, da parte sua ci
sarà anche un cenno affinché gli mostriamo i nostri idoli. Quegli idoli
che come Rachele, abbiamo nascosto sotto le pieghe del nostro mantello. Lasciare
che il Signore guardi i nostri idoli nascosti - tutti ne abbiamo,
tutti! - E questo lasciare che il Signore guardi questi idoli nascosti
ci rende forti davanti ad essi e toglie loro il potere.
Lo sguardo del Signore ci fa vedere che, in realtà, in essi noi glorifichiamo noi stessi,
perché lì, in quello spazio che viviamo come se fosse esclusivo, si
intromette il diavolo aggiungendo un elemento molto maligno: fa sì che
non solo “compiacciamo” noi stessi dando briglia sciolta a una passione o
coltivandone un’altra, ma ci conduce anche a sostituire con essi, con
quegli idoli nascosti, la presenza delle Divine Persone, la presenza del
Padre, del Figlio e dello Spirito, che dimorano dentro di noi. È
qualcosa che di fatto accade. Malgrado uno dica a sé stesso che
distingue perfettamente che cos’è un idolo e chi è Dio, in pratica
andiamo togliendo spazio alla Trinità per darlo al demonio, in una
specie di adorazione indiretta: quella di chi lo nasconde, ma
continuamente ascolta i suoi discorsi e consuma i suoi prodotti, in modo
tale che alla fine non resta nemmeno un angolino per Dio. Perché Lui è così, Lui va avanti lentamente. E poi un’altra volta ho parlato dei demoni “educati”, quelli che Gesù dice che sono peggiori di quello che è stato cacciato via. Ma sono “educati”, suonano
il campanello, entrano e passo a passo prendono possesso della casa.
Dobbiamo stare attenti, questi sono gli idoli nostri.
È
che gli idoli hanno qualcosa – un elemento – di personale. Quando non
li smascheriamo, quando non lasciamo che Gesù ci faccia vedere che in
essi stiamo cercando malamente noi stessi senza motivo e che lasciamo
uno spazio in cui il Maligno si intromette. Dobbiamo ricordare che il demonio esige che noi facciamo la sua volontà e che lo serviamo, ma non sempre chiede che lo serviamo e lo adoriamo continuamente, no, sa muoversi, è un grande diplomatico.
Ricevere l’adorazione di quando in quando gli basta per dimostrare che è
il nostro vero signore e che persino si sente dio nella nostra vita e
nel nostro cuore.
Detto
questo, Vorrei condividere con voi, in questa Messa Crismale, tre spazi
di idolatria nascosta nei quali il Maligno utilizza i suoi idoli per
depotenziarci della nostra vocazione di pastori e, a poco a poco,
separarci dalla presenza benefica e amorosa di Gesù, dello Spirito e del
Padre.
Un
primo spazio di idolatria nascosta si apre dove c’è mondanità
spirituale, che è «una proposta di vita, è una cultura, una cultura
dell’effimero, una cultura dell’apparenza, una cultura del maquillage».
Il suo criterio è il trionfalismo, un trionfalismo senza Croce. E Gesù
prega affinché il Padre ci difenda da questa cultura della mondanità.
Questa tentazione di una gloria senza Croce va contro la
persona del Signore, va contro Gesù che si umilia nell’Incarnazione e
che, come segno di contraddizione, è l’unica medicina contro ogni idolo.
Essere povero con Cristo povero e “perché Cristo ha scelto la povertà” è
la logica dell’Amore e non un’altra. Nel brano evangelico di oggi
vediamo come il Signore si colloca nella sua umile cappella e nel suo
piccolo villaggio, quello di tutta la vita, per fare lo stesso Annuncio
che farà alla fine della storia, quando verrà nella sua Gloria,
circondato dagli angeli. E i nostri occhi devono stare fissi su Cristo,
nel qui e ora della storia di Gesù con me, come lo saranno allora. La
mondanità di andar cercando la propria gloria ci ruba la presenza di
Gesù umile e umiliato, Signore vicino a tutti, Cristo dolente con tutti
quelli che soffrono, adorato dal nostro popolo che sa chi sono i suoi
veri amici. Un sacerdote mondano non è altro che un pagano
clericalizzato. Un sacerdote mondano non è altro che un pagano
clericalizzato.
Un
altro spazio di idolatria nascosta mette le radici là dove si dà il
primato al pragmatismo dei numeri. Coloro che hanno questo idolo
nascosto si riconoscono per il loro amore alle statistiche, quelle che
possono cancellare ogni tratto personale nella discussione e dare la
preminenza alla maggioranza, che, in definitiva, diventa il criterio di
discernimento, è brutto. Questo non può essere l’unico modo di procedere
né l’unico criterio nella Chiesa di Cristo. Le persone non si possono
“numerare”, e Dio non dà lo Spirito “con misura” (cfr Gv 3,34). In
questo fascino per i numeri, in realtà, ricerchiamo noi stessi e ci
compiacciamo del controllo assicuratoci da questa logica, che non
s’interessa dei volti e non è quella dell’amore, ama i numeri. Una
caratteristica dei grandi santi è che sanno tirarsi indietro così da
lasciare tutto lo spazio a Dio. Questo tirarsi indietro, questo
dimenticarsi di sé e voler essere dimenticati da tutti gli altri è la
caratteristica dello Spirito, il quale manca di immagine, lo Spirito non
ha immagine propria semplicemente perché è tutto Amore che fa brillare
l’immagine del Figlio e, in essa, quella del Padre. La sostituzione
della sua Persona, che già di per sé ama “non apparire” - perché non ha
immagine -, è ciò a cui mira l’idolo dei numeri, che fa sì che tutto
“appaia”, seppure in modo astratto e contabilizzato, senza incarnazione.
Un
terzo spazio di idolatria nascosta, apparentato al precedente, è quello
che si apre con il funzionalismo, un ambito seducente in cui molti,
“più che per il percorso si entusiasmano per la tabella di marcia”. La
mentalità funzionalista non tollera il mistero, punta all’efficacia. A
poco a poco, questo idolo va sostituendo in noi la presenza del Padre.
Il primo idolo sostituisce la presenza del Figlio, il secondo idolo
quella dello Spirito, e questo la presenza del Padre. Il nostro Padre è
il Creatore, ma non uno che solamente fa “funzionare” le cose, ma Uno
che “crea” come Padre, con tenerezza, facendosi carico delle sue
creature e operando affinché l’uomo sia più libero. Il funzionalista non
sa gioire delle grazie che lo Spirito effonde sul suo popolo, delle
quali potrebbe “nutrirsi” anche come lavoratore che si guadagna il suo
salario. Il sacerdote con mentalità funzionalista ha il proprio
nutrimento, che è il suo ego. Nel funzionalismo lasciamo da parte
l’adorazione al Padre nelle piccole e grandi cose della nostra vita e ci
compiacciamo dell’efficacia dei nostri programmi. Come ha fatto Davide
quando, tentato da Satana, si impuntò per realizzare il censimento.
Questi sono gli innamorati del piano di rotta, del piano del cammino,
non del cammino.
In
questi due ultimi spazi di idolatria nascosta (pragmatismo dei numeri e
funzionalismo) sostituiamo la speranza, che è lo spazio dell’incontro
con Dio, con il riscontro empirico. È un atteggiamento di vanagloria da
parte del pastore, un atteggiamento che disintegra l’unione del suo
popolo con Dio e plasma un nuovo idolo basato su numeri e programmi:
l’idolo «il mio potere, il nostro potere», il nostro programma, i nostri
numeri, i nostri piani pastorali. Nascondere questi idoli,con
l’atteggiamento di Rachele, e non saperli smascherare nella propria vita
quotidiana fa male alla fedeltà della nostra alleanza sacerdotale e
intiepidisce la nostra relazione personale con il Signore. Ma cosa vuole
questo Vescovo che invece di parlare di Gesù ci parla degli idoli oggi?
Qualcuno può pensare questo…
Cari
fratelli, Gesù è l’unica via per non sbagliarci nel sapere che cosa
sentiamo, a che cosa ci conduce il nostro cuore…Egli è l’unica via per
discernere bene confrontandoci con Lui, ogni giorno, come se anche oggi
si fosse seduto nella nostra chiesa parrocchiale e ci avesse detto che
oggi si è compiuto tutto quello che abbiamo ascoltato. Gesù Cristo,
essendo segno di contraddizione, che non sempre è qualcosa di cruento o
di duro, poiché la misericordia è segno di contraddizione e molto di più
lo è la tenerezza, Gesù Cristo, dico, fa sì che questi idoli si
rivelino, che si veda la loro presenza, le loro radici e il loro
funzionamento, e così il Signore li possa distruggere, questa è la
proposta: dare spazio perché il Signore possa distruggere i nostri idoli
nascosti. E dobbiamo ricordarli, stare attenti, perché non rinasca la
zizzania di questi idoli che abbiamo saputo nascondere tra le pieghe del
nostro cuore.
E
vorrei concludere chiedendo a San Giuseppe, padre castissimo e senza
idoli nascosti, che ci liberi da ogni brama di possesso, poiché questa,
la brama di possesso, è il terreno fecondo in cui crescono questi idoli.
E che ci ottenga anche la grazia di non arrenderci nell’arduo compito
di discernere questi idoli che, tanto frequentemente, nascondiamo o si
nascondono. E chiediamo pure a San Giuseppe che, là dove dubitiamo su
come fare meglio le cose, interceda per noi affinché lo Spirito ci
illumini il giudizio, come illuminò il suo quando era tentato di
lasciare “in segreto” Maria, in modo che, con nobiltà di cuore, sappiamo
subordinare alla carità ciò che abbiamo appreso per legge.
Nessun commento:
Posta un commento