Peccati Veniali
Catechismo Cattolico
1862 Si commette un peccato veniale quando, trattandosi di materia leggera, non si osserva la misura prescritta dalla legge morale, oppure quando si disobbedisce alla legge morale in materia grave, ma senza piena consapevolezza o senza totale consenso.
1863 Il peccato veniale indebolisce la carità; manifesta un affetto disordinato per dei beni creati; ostacola i progressi dell'anima nell'esercizio delle virtù e nella pratica del bene morale; merita pene temporali. Il peccato veniale deliberato e che sia rimasto senza pentimento, ci dispone poco a poco a commettere il peccato mortale. Tuttavia il peccato veniale non rompe l'alleanza con Dio. È umanamente riparabile con la grazia di Dio. « Non priva della grazia santificante, dell'amicizia con Dio, della carità, né quindi della beatitudine eterna».
« L'uomo non può non avere almeno peccati lievi, fin quando resta nel corpo. Tuttavia non devi dar poco peso a questi peccati, che si definiscono lievi. Tu li tieni in poco conto quando li soppesi, ma che spavento quando li numeri! Molte cose leggere, messe insieme, ne formano una pesante: molte gocce riempiono un fiume e così molti granelli fanno un mucchio. Quale speranza resta allora? Si faccia anzitutto la Confessione... ». 119
1864 « Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata » (Mt 12,31). 120 La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo. 121 Un tale indurimento può portare alla impenitenza finale e alla rovina eterna.
La proliferazione del peccato
1865 Il peccato trascina al peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male. In tal modo il peccato tende a riprodursi e a rafforzarsi, ma non può distruggere il senso morale fino alla sua radice.
1866 I vizi possono essere catalogati in parallelo alle virtù alle quali si oppongono, oppure essere collegati ai peccati capitali che l'esperienza cristiana ha distinto, seguendo san Giovanni Cassiano 122 e san Gregorio Magno. 123 Sono chiamati capitali perché generano altri peccati, altri vizi. Sono la superbia, l'avarizia, l'invidia, l'ira, la lussuria, la golosità, la pigrizia o accidia.
1867 La tradizione catechistica ricorda pure che esistono « peccati che gridano verso il cielo ». Gridano verso il cielo: il sangue di Abele; 124 il peccato dei Sodomiti; 125 il lamento del popolo oppresso in Egitto; 126 il lamento del forestiero, della vedova e dell'orfano; 127 l'ingiustizia verso il salariato. 128
1868 Il peccato è un atto personale. Inoltre, abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando vi cooperiamo:
— prendendovi parte direttamente e volontariamente;
— comandandoli, consigliandoli, lodandoli o approvandoli;
— non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo;
— proteggendo coloro che commettono il male.
1869 Così il peccato rende gli uomini complici gli uni degli altri e fa regnare tra di loro la concupiscenza, la violenza e l'ingiustizia. I peccati sono all'origine di situazioni sociali e di istituzioni contrarie alla bontà divina. Le « strutture di peccato » sono espressione ed effetto dei peccati personali. Inducono le loro vittime a commettere, a loro volta, il male. In un senso analogico esse costituiscono un « peccato sociale ». 129
Vediamo il peccato veniale alla luce dell'eternità. Che cosa è mai?
E' un disordine che si commette col pensiero, con la parola, con l'azione o con l'omissione contro la legge del Signore, ma che non è cosa grave da farci incorrere nella sua disgrazia. Nei termini pertanto di questa colpa si rinchiude tutto ciò che costituisce un vero peccato, cioè: Dio che comanda e l'uomo che ricusa di obbedire. Quindi non vi è altra differenza tra il peccato mortale ed il veniale che dal più al meno, cioè conoscenza più o meno perfetta, consenso più o meno completo, materia più o meno grave.
Ma è sempre un'indegna preferenza accordata alla volontà dell'uomo su quella di Dio, e perciò è una vera offesa che si fa a Dio. Se lo confrontiamo col peccato grave, il veniale è certo cosa lieve; ma se lo consideriamo in se stesso, è un affronto che racchiude una gravità infinita, perché offende una infinita maestà. La nostra terra paragonata al sole, a Sirio o ad altre stelle è come un granellino di sabbia perduta negli spazi; ma guardata in se stessa non è certo piccola; e le cinque parti del mondo con le loro sublimi montagne ed i cinque oceani con la loro sterminata quantità di acqua, offrono una estensione che sembra interminabile.
Bisognerebbe cambiare il nome al veniale. Al nostro orecchio, avezzo alle massime del mondo, peccato veniale significa quasi cosa da nulla, peccato che non è peccato.
Eppure è un'ingiuria che noi, vili esseri della terra, destinati alla corruzione del sepolcro, impastati di ogni miseria, facciamo al Dio eterno, che con una parola distese il padiglione dei cieli e lo disseminò di stelle, pari a rubini brillanti; al Dio immenso che con una parola ci trasse dal nulla e con una parola, mentre l'offendiamo, potrebbe riversarci nel nulla.
Mettiamo da un lato l'uomo con le sue miserie, dall'altro Dio con le sue infinite perfezioni, e poi vedremo se il peccato veniale è cosa da poco. I Santi sogliono paragonare la colpa veniale ad una ingiuria che si fa a Dio, ad una crollata di spalle, mentre dicono che il peccato mortale è un pugnale piantato in cuore a Dio, Perchè, per quanto è in sé, nega, distrugge, uccide il Creatore. E vi par poca fare un'ingiuria a Gesù Cristo che ci redense? Noi abbiamo forse pianto al leggere nel santo Vangelo l'empietà crudele di quel servo che diede uno schiaffo al Divin Redentore nel Sinedrio dinanzi a Caifa.
Quanto più dovremmo invece piangere sulle nostre colpe veniali, che insultano. più amaramente il dolce nostro Signore; dico più amaramente, Perchè quel servo non riconosceva in Gesù il Figlio di Dio, mentre noi lo conosciamo e pur l'offendiamo.
Un cortigiano si guarda bene dal crollar le spalle quando il Re comanda. E Perchè noi le crolliamo a Dio con tanta facilità? Si! Perchè Dio è buono, noi abusiamo della sua bontà. Egli non fa come il re Assuero che degradò la regina Vasti, solo Perchè non volle andare al suo convito e la sostituì con Ester: egli ci perdona e noi seguitiamo ad offenderlo.
Si racconta che Maometto II fece aprire il ventre a quindici paggi per sapere chi avesse mangiato un frutto, colto nel giardino imperiale. Due suoi figli entrarono in un parco di caccia che si era riserbato per sè e li condanna inesorabilmente alla morte. Ma volendo poi riserbarsi un successore, fece tirare le sorti, quale dovesse morire e quale regnare.
Nei paesi non ancora illuminati dalla luce soave del Vangelo, questi fatti avvengono di frequente, e perciò i cortigiani vegliano attentamente per non commettere nessun errore in presenza del monarca e stanno tremanti, attendendo gli ordini.
Quest'attenzione dovremmo averla noi verso il nostro buon Dio, non tanto per timore dei castighi, quanto per quell'amore filiale che rifugge dal disgustare un Padre affettuoso che ci ama come la pupilla del suo occhio. L'anima in grazia di Dio, uscita dal lavacro salutare del Battesimo o lavata dalla Penitenza, è bella come la luce dell'aurora, candida come il giglio, tersa come un cristallo. Ma il peccato veniale offusca questa bellezza divina di cui sfavilla, come quelle nubi che scolorano gli splendori del sole e rendono il grande astro del giorno languido, pallido, quasi malato.
L'anima in grazia di Dio è una principessa vestita a nozze, adorna di perle e diamanti, risplendente di vesti e di monili preziosi, e diventa sposa di Gesù Cristo. Or bene il peccato veniale imbratta questa magnifica veste nuziale, le macchia il volto, quasi fosse stata colpita dal vaiolo e la rende meno bella, meno gradita all'Amante celeste.
Prendiamo la bilancia della Fede: poniamo da un lato le lacrime tutte della povera umanità, dall'alba della creazione fino al giudizio, tutti i tormenti atroci dei martiri, le austerità degli anacoreti, i travagli, i dolori e la carità di tutti i Santi, tutte le opere buone fatte e che si faranno, le preghiere degli Angeli e, qualora gli astri siano abitati, le soddisfazioni ed i meriti di tutte quelle creature (1). Se dall'altro lato collochiamo un solo peccato veniale, la bilancia trabocca da questa parte, e rimane sempre piegata. finché alle soddisfazioni delle creature non uniremo una soddisfazione od un sospiro, od una preghiera, od una goccia del Sangue dell'UomoDio.
Il peccato veniale è un'offesa di una Maestà infinita; e per ripararlo ci vuole un risarcimento di valore infinito. Solo Gesù Cristo può riparare condegnamente l'offesa recata a Dio col peccato, che noi riteniamo cosa da poco. Né Maria, né i nove cori degli Angeli, né i Santi, lo potrebbero fare. Quale confusione per la nostra durezza di cuore, pronto sempre a disprezzare Dio per un nonnulla. Violabant me ad populum meum propter pugillum hordei et fragmen panis. Mi disonorarono dinanzi al mio popolo per un po' d'orzo e per un tozzo di pane. Così diceva il Signore delle false profetesse di Israele.
E forse noi l'offendiamo anche per cosa, da meno, per un puntiglio, per una curiosità, per appagare l'amor proprio, per salvarci da una riprensione.
I teologi per farci comprendere la malizia del peccato veniale, ricorrono a supposizioni impossibili ad avverarsi, ma che dimostrano la grande verità che stiamo meditando.
Se con un peccato veniale si potessero spegnere le fiamme eterne dell'inferno e mandare tutti i dannati in Paradiso; se si potesse convertire il mondo tutto, non sarebbe lecito commetterlo; e noi dovremmo rinunciare alla salvezza di tante creature per non disgustare l'infinita Maestà divina.
Sarebbe anche male minore di un peccato veniale, se tutti gli uomini andassero perduti eternamente, se l'universo si riducesse in polvere. E la ragione è sempre la medesima. L'offesa ed il danno, anche eterno, delle creature finite e limitate, non ha paragone coll'offesa recata a Dio, bontà infinita.
Caro Gesù! Quando finiremo di persuaderci che peccando anche venialmente contro di Te commettiamo un gran male? Quando ameremo talmente la tua gloria da anteporla alla vita ed alla morte, alle sostanze ed alle ricchezze ed a tutte le cose miserabili del tempo? Illuminaci con la tua santa grazia.
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