Adamo ed Eva non avevano la fede come noi la intendiamo. Dato che la fede, per definizione che ricaviamo secondo la lettera agli Ebrei: “è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (Eb 11,1), i nostri progenitori, oltre ad essere stati creati Immacolati e vivendo nel giardino non ancora affetto dal peccato, stavano in una relazione di amicizia diretta e immediata con Dio. Anche dopo il peccato, pur distrutto il rapporto confidenziale con il loro Creatore, tuttavia il libro della Genesi narra che ‘udirono’ il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e conversavano con Lui (cf Gn 3,8ss). Mentre prima però attendevano ogni sera l’incontro con Dio con nostalgica anticipazione, ora si nascondevano. Il peccato originale ha lasciato dei segni devastanti in noi, e la ferita più profonda è l’ignoranza di Dio. Nelle generazioni che si susseguirono lungo la storia, questa ignoranza degradava sempre di più, fino ad arrivare all’idolatria più tetra. Leggiamo nel libro della Sapienza che gli uomini cercando Dio, sono rimasti abbagliati dalla bellezza della creazione e hanno scambiato Dio con le sue opere. Prendiamo per esempio gli egiziani che nonostante la loro cultura elevata, adoravano tra i loro tanti dei, uno scarafaggio, e insieme con i greci e i romani e la maggioranza dei popoli, adoravano come dei, il sole, la luna, gli astri e così via. Purtroppo lungo la storia fino ad oggi si sono sviluppati più o meno consapevoli, veri culti demoniaci, come gli aztechi in Messico. A loro apparve la Madre di Dio, la Madonna di Guadalupe per guidare il popolo ingenuo e ingannato dal maligno, al vero Dio. Dopo il peccato dei nostri progenitori, Dio non ha abbandonato l’umanità in potere della morte, ma nella Sua misericordia è venuto incontro a tutti, affinché coloro che Lo cercano Lo possono trovare; perché Lui stesso, con divina veemenza desidera ardentemente: “che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4). In una preghiera della liturgia del Venerdì Santo leggiamo: “Dio onnipotente ed eterno, tu hai messo nel cuore degli uomini una così profonda nostalgia di te che solo quando ti trovano hanno pace”. Nemmeno il peccato originale con le sue funeste conseguenze è riuscito a cancellare questo profondo desiderio di Dio, inscritto nel cuore dell'uomo. Questo anelito a Dio è un preambolo, un inizio della fede, una fede per così dire implicita, che prepara il cuore dell’uomo ad accogliere il vero Dio, e pertanto l’uomo è per definizione un essere religioso. L’ateismo è una triste invenzione dei nostri tempi, che a volte cela la paura di Dio, altre rivela un’infelice indifferenza, frutto del materialismo edonista, altre volte paradossalmente è segno di una ribellione, e spesso nasconde l’idolatria di sé stessi, di persone o cose, come il potere, il piacere, il possesso, la scienza la tecnologia e altro ancora, ed è un tremendo morbo mortale dell’umanità, che la Madonna, grazie a Dio, nei nostri giorni, è venuta a sanare. La Chiesa insegna che Dio può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della ragione umana partendo dalle cose create. Tuttavia, nelle condizioni storiche in cui si trova, l'uomo incontra molte difficoltà per conoscere Dio con la sola luce della ragione. Tale ricerca infatti esige dall'uomo tutto lo sforzo della sua intelligenza, la rettitudine della sua volontà, ‘un cuore retto’ (cf CCC 30). L’umanità tutta ha un intrinseco bisogno di essere illuminata dalla Rivelazione, che è la fonte di ogni grazia e benedizione, e ci dona la certezza di essere guidati e custoditi da Colui che è la Verità in Persona, di essere chiamati a far parte della famiglia di Dio, di non essere soli. Nella Lumen Gentium, uno dei documenti cardine del Concilio Vaticano II, troviamo un’affermazione divenuta famosa, che chiarisce le dinamiche della ricerca faticosa di Dio, di coloro che non conoscono la Rivelazione, i quali, con il soccorso della grazia, che è frutto della redenzione operata da Cristo, possono incamminarsi sulla via della salvezza. Leggiamo: “Quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e con l’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come dato da Colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita” (LG 16). Già i padri della Chiesa, come san Giustino e sant’Ireneo, affermavano che i semi del Verbo di Dio, sono stati sparsi in ogni tempo della storia e su ogni uomo di tutta la terra. Accogliendo le dichiarazioni della LG possiamo per prima cosa dichiarare che l’umanità tutta è ‘capace’ di Dio, e inoltre possiamo anche affermare che tutto ciò che si trova di buono e di vero, nella persona umana, è segno della presenza dello Spirito Santo, che opera nel segreto del cuore umano. Perciò possiamo concludere che, un filosofo che cerca onestamente la verità, un operatore di bene che combatte pacificamente per la giustizia, il contemplativo che cerca di unirsi al Tutto, e tutte le altre vie di luce, sono come un preludio della fede, scintille di grazia che convergono su Cristo che ne è la sorgente e la meta gloriosa. Coloro che, oggi come ieri e in tutta la storia dell’umanità, hanno sinceramente cercato la pace, la giustizia, hanno praticato la misericordia, il perdono, in un certo qual senso sono amici di Gesù senza saperlo. San Giovanni Paolo II in occasione della XII Giornata mondiale della gioventù annunciava ai giovani “Gesù abita tra quanti lo invocano senza averlo conosciuto; tra quanti, avendo iniziato a conoscerlo, senza loro colpa Lo hanno smarrito; tra quanti lo cercano con cuore sincero, pur appartenendo a situazioni culturali e religiose differenti.” Dopo la caduta nel peccato di Adamo ed Eva, l’umanità smarrita è alla ricerca di Dio, ma ad un certo punto succede qualcosa di impensato: Dio stesso va alla ricerca dell’uomo perduto, gli viene incontro.
Nel cammino di fede dell’umanità un “posto del tutto singolare appartiene ad Abramo, nostro padre nella fede. Nella sua vita accade un fatto sconvolgente: Dio gli rivolge la Parola, si rivela come un Dio che parla e che lo chiama per nome. La fede è legata all’ascolto” (Lumen fidei). Il popolo eletto nel suo cammino di fede attraverso il deserto e anche dopo, viene educato, attraverso segni e prodigi, a crescere nelle fede, a fidarsi di Dio, ad avere fiducia nel Dio di Abramo di Isacco e di Giacobbe, di Dio che guida il suo popolo verso la terra promessa e lo prepara ad accogliere in mezzo ad esso, il Messia. Sotto questa prospettiva la fede nasce e si sviluppa anche attraverso segni, che Dio offre a tutti gli uomini. Questi segni sono doni di Dio che ci vengono elargiti come degli incoraggiamenti nel cammino di fede, affinché cresciamo nel desiderio e nella fiducia di Dio e lo seguiamo con più fervore, ma non per attaccarci ad essi. Il rischio è però sempre in agguato: a causa delle bramosie del nostro cuore malato, i segni e i prodigi che Dio ci dona con tanto premuroso amore, possono insinuare in noi la sete dello straordinario o, addirittura, farci cadere nella tentazione di usare i benefici derivanti dai segni per i nostri interessi e non come un invito ad andare oltre, al vero significato dei segni che Dio ci vuole comunicare. Tutto ciò è successo a Cafarnao e Gesù, in quell’occasione, ammonì la folla dicendo: “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati” (Gv 6,26). Non dobbiamo cercare avidamente gli eventuali benefici che ci arrivano dai segni di Dio, e neanche cercare i segni per mera curiosità, ma cercare e desiderare unicamente e solo Dio, che nella Sua Bontà ci dona segni e prodigi, per convincerci del Suo Amore per noi e per avvicinarci a sé. Considerando ciò, riusciamo a comprendere perché Dio non dona più segni evidenti all’umanità: ogni segno porta con sé una responsabilità per noi e un giorno dovremo renderne conto.
Oggi abbiamo considerato lo sviluppo della fede lungo i secoli e visto che la fede nasce anzitutto dall’ascolto. Abbiamo inoltre sottolineato la preziosità dei segni e messo in guardia contro l’utilizzo viziato di essi.
La prossima volta vedremo la maturazione della fede verso la sua pienezza, nell’accoglienza di Cristo in noi e nell’unione con Lui.
Per ora ti auguro un buon cammino e che il Signore benedica tutti i tuoi passi.
PADRE MAX
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