venerdì 8 ottobre 2021

Il peccato mortale può essere paragonato ad un fulmine che brucia e distrugge l’albero - CATECHESI di padre Max (dell'Oasi della Pace)

 

 
 
Padre Max: Sacerdote della comunità mariana “Oasi della Pace" (comunità mista e contemplativa nata come frutto degli eventi di MEDJUGORJE)
 
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Siano lodati Gesù Giuseppe e Maria. 
 
Oggi, guardiamo al dono della fede che ne è il fondamento vitale e dinamico e vedremo sintetizzata in un immagine, tutta la vita di grazia, che essa sorregge.
 
 Incominciamo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo Amen. 
 
Sulla fede, sono state scritte numerose opere e tra le più preziose dei nostri tempi, ci sono senza dubbio gli articoli e i libri pubblicati da papa Benedetto XVI durante tutto l’arco della sua vita. In questa sede vogliamo considerare la fede anzitutto nell’ottica del cammino spirituale, senza però tralasciare anche alcune considerazioni di tipo dottrinale e teologico, alle quali di tanto in tanto farò riferimento.
 
 Dal catechismo impariamo che la fede è la prima virtù cristiana, è il fondamento di tutte le altre virtù, è l’inizio e la radice della vita di grazia; ci unisce direttamente a Dio e, proprio per questo, è la prima delle tre virtù teologali insieme alla speranza e alla carità. Le virtù teologali sono il cuore e il compendio della vita spirituale, e formano congiuntamente il cardine della vita di grazia, dal suo nascere fino al suo traguardo, che è l’unione con Dio. Perciò vanno sempre considerate insieme, cosicché quando cresce una crescono anche le altre due. Se le distinguiamo, non è per separarle, ma per identificare meglio il loro compito specifico, considerandole sempre nella loro natura dialogica tra di loro. Un’immagine può aiutarci a comprendere meglio la loro unità intrinseca. Tutte e tre nascono da un unico seme divino, che crescendo con la nostra collaborazione alla grazia, forma in noi Cristo: l’albero della Vita. L’immagine dell’albero è calzante per descrivere l'edificio spirituale che lo Spirito Santo edifica in noi. A questo punto si rende necessario chiarire il perché dell’impiego frequente del linguaggio simbolico nei nostri incontri.

Nella Teologia, accanto al linguaggio concettuale tipicamente razionale, esiste fin dai primi tempi della Chiesa, il linguaggio simbolico. Gesù stesso nel Vangelo parla in modo preferenziale con similitudini e metafore, adoperando appunto un linguaggio simbolico per spiegare i misteri del Regno. Tanti santi e in particolare i mistici come santa Caterina da Siena, hanno sviluppato la teologia simbolica nei loro scritti. San Giovanni Paolo II, era fautore del metodo simbolico, e invitava la Chiesa tutta ad aprirsi a quel grande patrimonio che lui amava chiamare “teologia vissuta” dei Santi. Mentre questo linguaggio, da un punto di vista tecnico, magari è meno preciso, dall’altra parte riesce a descrivere l’inafferrabile, lasciando spazio all’intuizione.
 
A Medjugorje gli inviti della Gospa sono per lo più pratici. 
 Lei ci esorta ad attuare i Suoi messaggi nella vita concreta di ogni giorno. Per questo motivo Maria, impiega le metafore in modo discreto, comunque, leggendo i messaggi scopriamo l’arte di un linguaggio semplice e simbolico che è in grado di parlare a tutti indistintamente. In questa serie di catechesi desidero seguire la sua via, ricorrendo alle immense ricchezze che ci offre il mondo delle similitudini, per illustrare, di volta in volta, i singoli argomenti del cammino spirituale.
Utilizzando la similitudine dell’albero, ci è dato di rappresentare in un’immagine a noi famigliare, il nostro organismo spirituale, soprannaturale che, fondato e vivificato dalle tre virtù teologali, si esprime nell’insieme delle virtù, dei carismi, dei frutti dello Spirito e delle beatitudini, che costituiscono, la nuova vita di Cristo in noi. 
 

La fede possiamo identificare nelle radici dell’albero, le quali nella terra buona possono allargarsi profondamente come fiumi di luce e di grazia. La fede come la radice è una ma, come la radice, ha tante diramazioni, così la fede ha diversi aspetti che vorrei illustrare nei prossimi incontri. La terra buona è un cuore umile, immedesimato nel Cuore di Maria. Ma se incontra l’orgoglio, quest’ultimo, farà sì che le radici non riescano a svilupparsi a causa della durezza del terreno pietrificato e di conseguenza l’albero non riuscirebbe a crescere. 
 
Il tronco è la speranza che, levando le fronde dalla terra, in una continua tensione a Dio, porta tutto in alto verso il cielo, dove l’albero si apre in quattro grandi rami. 
 
Continuando ad esplorare la metafora dell’albero, identifichiamo nei quattro grandi rami principali le quattro virtù cardinali: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza. Nell'Antico Testamento, il libro della Sapienza ci rivela: “Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Essa insegna infatti la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali nulla è più utile agli uomini nella vita” (Sap 8,7).
 
 A Dio piacendo, ritorneremo in un’altra catechesi, ad approfondire l’importanza capitale delle quattro virtù cardinali per la vita terrena. 
 
Osservando la nostra immagine, si può vedere come da questi quattro rami, nascano e si sviluppino tanti rametti e ramoscelli, che rappresentano l’insieme delle virtù, (annesse o derivate), che hanno tutte la loro origine nelle quatto virtù cardinali. Tutti questi rami, se siamo docili alla grazia dello Spirito, portano frutto. 
 
Il frutto dello Spirito Santo di cui parla san Paolo al capitolo cinque nella lettera ai Galati e cioè: “Amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22). Inoltre, quando l’albero è in pieno vigore, produce frutti eccellentissimi che sono le beatitudini. Infatti le beatitudini sono le opere più eccelse che, in sinergia con lo Spirito Santo, possiamo compiere su questa terra e sono il preludio della vita beata del cielo. 
 
Ogni albero è rivestito di un carisma particolare identificato nelle foglie, con la loro forma originale e con il loro colore particolare. 
 
La linfa vitale dell’albero è la terza virtù teologale, la carità, che è la madre e la forma di tutte le virtù, e riceve la sua vita continuamente dal respiro di Cristo. La carità fa crescere l’albero della vita. Questa crescita rappresenta la nostra graduale conformazione a Cristo, fino al raggiungimento della piena maturità di Cristo in noi. In questa analogia, il peccato mortale può essere paragonato ad un fulmine che brucia e distrugge l’albero. Solamente per la misericordia di Dio, rimane qualcosa del tronco, ossia la speranza, insieme con il ceppo e le radici, che abbiamo detto simboleggiano la fede. Ma la speranza e la fede sono informi, cioè senza vita, perché manca loro la carità. Il sacramento della riconciliazione ridà vita all’albero, e secondo le disposizioni del penitente, ridona anche tutte le virtù e i doni particolari. Parlando d’ora in poi della fede, cerchiamo di vederla sempre nell’ottica di questa metafora dell’albero.

Oggi abbiamo introdotto il tema della fede sottolineando la sua unità dinamica con la speranza e la carità. Nell’immagine dell’albero abbiamo inoltre trovato racchiuse tutte le espressioni del nostro organismo soprannaturale.

La prossima volta vedremo la luce della fede e la luce della ragione e scopriremo la loro interdipendenza feconda.
Per ora ti auguro un buon cammino e che Dio benedica tutti i tuoi passi
 
PADRE MAX
E' possibile ascoltare la Catechesi anche in VIDEO, clicca qui👇👇: https://www.youtube.com/watch?v=1kCf2o8evQ8&list=PLi6ObX7Yb2rArkrtxYIy1A93fyiY4jL6r&index=5&t=495s




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