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mercoledì 21 luglio 2021

Spesso in Occidente, le chiese assomigliano ad un deserto spirituale. A Medugorje è diverso: intervista a Mons. Hoser

 


Mons. Hoser, in una intervista al Sir: 

 

Mons. Hoser (pastorale dei pellegrini): “Qui non si offrono cose soprannaturali. È un luogo di riflessione e di preghiera, di incontro e di dialogo con il Signore”

“Bisogna vivere l’atmosfera di Medugorje, quella preghiera e quella liturgia. Bisogna seguire di persona il cammino del rosario e la Via Crucis, il racconto non basta…” dice al Sir mons. Henryk Hoser, inviato speciale del Papa a Medugorje e responsabile per la pastorale dei pellegrini. “Medugorje è un luogo di grande preghiera e di conversione attraverso la preghiera, la confessione e la penitenza. Non tanto sono importanti le visioni bensì il fatto che questo è un luogo d’incontro con la Madre di Dio”, ha detto il card. Stanislaw Dziwisz, ex arcivescovo di Cracovia e dal 1966 al 2005 segretario particolare di Karol Wojtyla Giovanni Paolo II, visitando pochi giorni fa la cittadina di Bosna-Erzegovina dove da 40 anni sei veggenti affermano di avvertire la presenza di Maria che lascerebbe loro dei messaggi, non ancora riconosciuti ufficialmente dalla Santa Sede

 

“Bisogna vivere l’atmosfera di Medugorje, quella preghiera e quella liturgia. Bisogna seguire di persona il cammino del rosario e la Via Crucis, il racconto non basta…” dice al Sir mons. Henryk Hoser, inviato speciale del Papa a Medugorje e responsabile per la pastorale dei pellegrini. Nei primi giorni di luglio è stato il card. Stanislaw Dziwisz, ex arcivescovo di Cracovia e dal 1966 al 2005 segretario particolare di Karol Wojtyla Giovanni Paolo II, a visitare la cittadina di Bosna-Erzegovina dove da 40 anni sei veggenti affermano di avvertire la presenza di Maria che lascerebbe loro dei messaggi, non ancora riconosciuti ufficialmente dalla Santa Sede, il cui contenuto – definito dal mons. Hoser dal tenore “apocalittico”- , ricorda quello di Fatima in Portogallo, e di Kibeho nel Ruanda.

“Medugorje è un luogo di grande preghiera e di conversione attraverso la preghiera, la confessione e la penitenza. Non tanto sono importanti le visioni bensì il fatto che questo è un luogo d’incontro con la Madre di Dio”, ha detto il card. Dziwisz sottolineando che nel caso della cittadina di Bosna Erzegovina a essere importanti sono non tanto le visioni quanto “il rinnovamento spirituale e la conversione personale” testimoniati da molti pellegrini.

Mons. Hoser, parlando con il Sir ha osservato che sebbene ci siano “delle opinioni contrastanti riguardo alle presunte visioni”, bisogna “vivere la realtà di Medugorje” che è

“un luogo di riflessione e di preghiera, di incontro e di dialogo con il Signore”.

 

I contenuti dei messaggi rilasciati ai visionari di Medugorje sono cambiati con la pandemia?
Il messaggio di Medugorje è sempre attuale poiché è l’appello alla conversione, alla pace, al ritorno a Dio rivolto a delle persone che non pregano più, e che non hanno più un contatto diretto con il nostro Creatore e Redentore. Tale invito alla penitenza, alla conversione e alla vita sacramentale, direi, è sempre più attuale. E i sacerdoti che celebrano in quel luogo, nel loro lavoro pastorale mettono l’accento proprio su questi aspetti. A Medugorje molte persone si convertono davvero nel profondo dei loro cuori, ci sono molti casi di risveglio vocazionale, di cambiamento di vita. La pandemia non ha quindi cambiato nulla, se non il numero di presenti, in quanto molte persone sono state ostacolate nella realizzazione del loro desiderio di recarvisi personalmente.

Come si sono svolti le celebrazioni del 40° anniversario?
Nonostante le restrizioni sanitarie adottate per arginare il proliferare dei casi di coronavirus, a Medugorje le celebrazioni dell’anniversario hanno avuto un carattere molto solenne. Sono arrivati molti pellegrini soprattutto dalla Bosna-Erzegovina ma anche dalla vicina Croazia. Ci sono stati inoltre ben 50 pullman con dei pellegrini polacchi, e numerosi altri con quelli provenienti dall’Ucraina. La giornata del 25 giugno scorso è stata vissuta in maniera profondamente spirituale. Anche perché per tutta la diocesi di Medugorje è stata l’occasione per ricordare di momenti importanti della propria storia.

Pensa che con l’allentamento del divieto di spostamenti i pellegrini ricominceranno ad arrivare a Medugorje?
Prima della pandemia vi erano circa 3 milioni di pellegrini l’anno. Con i divieti imposti a causa del virus, per esempio molti pellegrini dall’Italia sono stati scoraggiati a venire. Anche perché dopo il rientro sarebbero sottoposti a quarantena. Adesso, pian piano, gli arrivi stanno riprendendo. Questo è molto importante per la gente del posto che vive grazie agli arrivi dei pellegrinaggi. Attualmente i gruppi più numerosi provengono dai Paesi dell’Est. Ma sicuramente fra poco arriveranno dei gruppi anche dalla Francia e dalla Germania, dove la spiritualità di Medugorje è più conosciuta, rispetto per esempio all’Italia. Non è nulla di strano, poiché c’è sempre bisogno del tempo affinché una religiosità diventi più popolare. Io comunque vedo sempre una crescita, e penso che tale tendenza andrà affermandosi.

Ma che cosa attira le persone a Medugorje?
Qui non si offrono ai pellegrini delle cose soprannaturali. Si prega insieme sul rosario, si celebra l’eucaristia e quindi si dà alla gente il pane quotidiano, cosa che la Chiesa fa da millenni. Dopo l’eucaristia spesso si recita la preghiera per la guarigione. Nulla di particolare. Molti pellegrini proprio a Medugorje riscoprono l’adorazione del Santissimo al termine della quale solitamente le persone applaudono. E quell’applauso è diventato in qualche modo un segno di Medugorje. Spesso in Occidente, a causa di una crescente laicizzazione, le chiese assomigliano ad un deserto spirituale. A Medugorje è diverso. E proprio per questo invito tutti a venire qui.

 Fonte:https://www.agensir.it/chiesa

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