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lunedì 31 agosto 2020

La cosa più bella a Medjugorje: vedere le persone che cercando Dio e che ripartono felici e rinnovate interiormente- Intervista a Fra Ljubo

Fra Ljubo, vorrei riassumere in quest’intervista la tua esperienza qui a Medjugorje in questi 7 anni. Cosa hai provato quando ti hanno detto che saresti dovuto venire?

Ero un giovane sacerdote, ordinato da appena quattro anni. All’epoca il parroco era p. Pervan, e quando mi ha detto che sarei dovuto venire a Medjugorje in veste di aiutante spirituale ho avuto un po’ di paura, mi sembrava una piccola sfida, perché ero fresco di ordinazione e a Medjugorje ero sempre venuto come pellegrino, finché non ho maturato la decisione di diventare frate. Poi qualche volta venivo ad aiutare per le confessioni. È completamente diverso venire qui ogni tanto, perché quando vivi a Medjugorje ci sei dentro, vivi nel cuore la presenza di Maria.

Ma oltre a questo, sentivi in te anche l’entusiasmo dell’inizio?

Non ero entusiasta, perché io mi entusiasmo molto difficilmente, mi ci è voluto del tempo per abituarmi. All’inizio c’era anche fra Slavko e solo nel momento in cui è venuto a mancare ci siamo resi conto di tutto ciò che faceva. Ci siamo trovati a doverci distribuire le sue responsabilità. A me è toccata la traduzione e l’interpretazione del messaggio del 25 del mese, oltre la guida dei numerosi seminari da lui organizzati. Naturalmente mi sono dovuto “buttare”, dovevo per forza cavarmela… Da noi c’è un proverbio che dice: “L’asino non sa nuotare, ma quando lo si butta nell’acqua allora impara”. Così anch’io ho imparato a “nuotare”!

Durante questi 7 anni sono cambiate molte cose a Medjugorje, pensi in meglio o in peggio? Guardando i pellegrini, pensi che il livello spirituale sia “in crescendo”?

Tutti dicono che qui i primi due o tre anni era come stare in paradiso, si viveva un tempo di forte entusiasmo, ma restare entusiasti per 26 anni non è reale. Anche queste fasi di entusiasmo vanno filtrate. Ci sono tuttavia molte persone che sono rimaste in cammino con Maria, e si impegnano a vivere ciò che lei ha indicato.

Parlare di qualità è un po’ difficile. Io penso che sia necessario lasciare l’entusiasmo e, con il tempo, permettere che le radici affondino, in modo che chi seriamente ha deciso di seguire il Signore possa perseverare, possa imparare a soffrire e a rimanere fedele ai messaggi di Maria. Siamo tutti in un cammino di ricerca, non è possibile vedere cosa ci riserva il futuro. È sufficiente vedere il prossimo passo da fare e procedere con fiducia: il Signore guida tutto, e tutto volgerà al bene.

Qual è il fine di Maria, dov’è che ci vuole guidare con queste apparizioni?

Come Maria stessa ha detto: “Il messaggio più importante che vi ho dato è l’invito alla conversione”; in fondo questo è il messaggio evangelico, che è sempre attuale e la Madonna desidera semplicemente risvegliarci alla verità del Vangelo. Di certo lei non sarebbe apparsa se fosse tutto a posto. Le apparizioni sono proprio un segno che ci siamo addormentati, che non è tutto a posto, né nella Chiesa, né nel mondo. Per questo la Madonna , che è madre, viene, parla, consiglia e ci richiama, questo è il compito di una madre.

Ventisei anni e ancora deve realizzarsi quanto annunciato…

Esiste il tempo umano e il tempo di Dio. Per Dio un giorno solo è come mille anni e mille anni sono come un giorno solo. Ventisei anni sono tanti, ma sono anche pochi. I veggenti dopo tre anni dalla prima apparizione hanno chiesto: “Come mai sei con noi da così tanto tempo?”, e lei ha risposto: “Davvero vi ho già stancato?”. Maria certamente ci può stancare poiché il suo amore ed i suoi messaggi sono esigenti, ma lei fa questo per il nostro bene, perché cerca la nostra felicità, non è venuta per renderci infelici. Dio e la Madonna non ci hanno mai promesso il paradiso sulla terra: qui siamo in cammino.

Dopo la tua esperienza qui, pensi di essere cambiato interiormente? Cosa hai ricevuto, cosa hai imparato?

Stando in contatto con tutti i pellegrini, con le loro esigenze, anche noi sacerdoti ci formiamo, veniamo educati, in qualche modo riceviamo qualcosa da loro. Inevitabilmente influiamo gli uni sugli altri. Ho compreso che devo fare ancora molti passi. Io non ho mai vissuto conversioni improvvise, né sono mai caduto da cavallo come s. Paolo, in me tutto è proceduto gradualmente. Devo solo camminare.

Al di là della tua esperienza con i pellegrini, che cosa ha avuto influenza su di te?

Vivendo qui sono ancora più convinto e sicuro della presenza della Madonna! Umanamente sarebbe più facile non vivere a Medjugorje, perché questa è una parrocchia davvero particolare. Porta con sé oltre alle grazie anche molte croci, molte sofferenze, e attraverso tutto questo una persona può diventare ancora più forte e convinta nella fede, perché nelle sofferenze si impara a pregare e se si decide a soffrire con Dio anche la sua fede diventa più pura!

Quali sono le difficoltà che voi frati incontrate a Medjugorje?

Qui viene tanta gente con problemi diversi, con sofferenze, con “spiriti” diversi… Serve davvero un buon discernimento; serve sapienza, amore, pazienza, e anche forza per rispondere, come sacerdoti, e tutte queste necessità.

Tu guidi l’adorazione davanti a migliaia di persone… Com’è stato le prime volte e tutt’ora come lo vivi? È esigente?

È difficile ed esigente ma anche molto bello, perché la forza viene dalla grazia. Nella preghiera d’adorazione io parlo innanzitutto a me stesso, in modo da introdurre le persone nel rapporto con Dio. Soltanto se io saprò essere in rapporto con Gesù potrò guidare anche gli altri verso di Lui. Prima di venire qui a Medjugorje avevo già fatto questa esperienza, ma la gente non era così tanta! Appena arrivato, ascoltavo come pregava fra Slavko. Impariamo sempre qualcosa dagli altri; posso dire di aver ricevuto molto da persone diverse.

Come carattere non sei particolarmente espansivo, spesso cerchi il silenzio schivando molte persone. Eppure sembrava che proprio per questo i pellegrini ricercassero la tua compagnia. Che cosa senti di dover dare loro?

Bisogna distinguere una cosa fondamentale: cercano me oppure cercano Gesù? Se è me che cercano allora sono ben contento di fuggire, perché dando me stesso non darei loro nulla. Qui c’è una continua battaglia, qui c’è il vero cammino verso Cristo. Però posso dire che sono in molti a cercare Gesù.

Pensi che il Festival dei giovani sia un avvenimento importante per Medjugorje?

Sì, sicuramente. Tutto è stato messo in moto da fra Slavko, che aveva molto coraggio, molta fede, ed è cresciuto alla scuola di Maria Ha avuto il coraggio di cominciare tutto con un piccolo gruppetto di trenta o anche meno e da questo seme è cresciuto un grande albero: attualmente vi partecipano più di trentamila giovani. Non guardo questo come ad un mio merito, io mi sento davvero un servo inutile

Cosa vorresti dire oggi di particolare a tutti i giovani che leggeranno quest’intervista?

Quello che dice Maria: “Cari figli, aprite il vostro cuore, abbandonatevi e godete di Gesù, consacratevi al mio Cuore e non abbiate paura, io sono con voi”. Anche voi giovani siate con lei e siate perseveranti in questo cammino, anche quando è difficile.

Pensi che il tuo trasferimento in un altro Convento lontano da Medjugorje sarà un passo in avanti nel tuo cammino?

Nel cuore non lascerò mai Medjugorje. Posso andarmene con il corpo ma qui sono le radici. I rami possono stare altrove… Qui a Medjugorje ho gustato la bellezza di essere sacerdote e ho visto quanto gli uomini abbiano bisogno del sacerdote, o meglio, di Gesù attraverso il sacerdote.

Leggi dunque la volontà di Dio in questo trasferimento, credi che sarà benefico per l’anima tua?

Non so come sarà, ma credo di sì. È necessario stare ad una sana distanza per vedere Dio, se ci avviciniamo troppo non riusciamo più a vederLo.

Di tutti questi anni quale avvenimento è rimasto impresso più fortemente in te?

Non ho proprio un avvenimento concreto da ricordare; posso dire che ogni incontro è stato prezioso. Ma il vedere come Dio opera nelle anime, che poi ripartono felici e piene di speranza, è la cosa che maggiormente ti riempie e ti dona l’entusiasmo di perseverare con forza ancora maggiore ed essere davvero ciò che Gesù vuole da te. Sì, quest’immagine delle persone che cercando Dio ripartono felici e rinnovate interiormente mi accompagnerà nei giorni che mi aspettano. Penso che questa sia la cosa più bella, questo è in realtà Medjugorje.

Dovrai lasciare questa realtà per andare avanti, però la Madonna opera ovunque!

Io non lascerò qui la Madonna , la porterò con me. Lo dico sempre ai pellegrini di non lasciare qui la Madonna , la possiamo portare nel cuore, facendo concretamente proprio quello che ci sta dicendo da 26 anni. Questo è il modo migliore per essere sempre con lei e attraverso di lei con Gesù. 

Fonte: http://www.medjugorje.ws/it/articles/medjugorje-priests/ljubo-kurtovic-not-leaving-our-lady-behind/

sabato 29 agosto 2020

Non decapitare la tua coscienza -29 agosto: il martirio di San Giovanni il Battista

Non decapitare la tua coscienza, è il precursore di Cristo in te.
In noi c'è una specie di Erode che ama sentir parlare delle cose di Dio, si incanta ed esclama "che bello!"... ma poi va avanti con lo stesso trasporto ad ammirare la danza dei suoi idoli. Non ci vuole una spada per decapitare la nostra coscienza, basta trascurarla! A lungo andare ci abituamo così tanto a questa voce di sottofondo, tanto da non percepirla più. Oggi fermati! onora la verità! onora veramente Giovanni il Battista! Chiediti: qual è l'Erodiade con cui convivo illecitamente? ovvero qual è la situazione che mi toglie la libertà dei figli di Dio e pian piano spegne la mia coscienza spegnendo la mia gioia? Bada che non sempre è una cosa stratosferica. Può essere una leggera dipendenza dai social o “un'amicizia” che proprio amicizia non è; può essere una scelta che sai nel tuo cuore che è ora di farla ma la sfinisce rimandandola a domani...
(Robert Cheaib) 
 
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“i peccati” che qui intende Giovanni non è un tipo di peccato, ma è la condizione generale del mondo peccatore in quanto fallimentare, è il segno dell’imperfezione, del limite, della debolezza e della corruzione dell’umanità.

Ecco l’Agnello di Dio che elimina lo stato fallimentare dell’umanità, è una presentazione interessante, originale, non chiarissima, provocatoria, profetica. La voce

che presenta Gesù non gli dà titoli particolari, non gli dà titoli già utilizzati, non dice:“Ecco il Messia”

La personalità del Battista si riassume in questi due verbi,

“crescere” e “diminuire”: a Giovanni è stato affidato da Dio il compito di preparare l'imminente arrivo del Messia ha convertito i cuori e ha predicato.


Come sapete la Madonna è apparsa qui, la prima volta, il 24 giugno 1981. La Madonna è apparsa con Gesù Bambino in braccio. Quel giorno, 24 giugno, era la festa di S.Giovanni Battista: è una data molto

significativa, perché voi sapete che S. Giovanni Battista è il

precursore, colui che ha preparato la strada a Gesù.

Così la Madonna viene qui a preparare i nostri cuori alla venuta di

Gesù. La Madonna non appare per spaventarci o per costringerci a fare qualcosa, ma appare con Gesù Bambino in braccio. Questo primo giorno è molto significativo perché la Madonna, come Madre di Dio, ci porta Gesù e

ci guida a Gesù. In un messaggio, ha detto: “Cari figli, se dovete scegliere tra la mia Apparizione e la S. Messa, andate alla Messa. Al centro, qui a Medjugorje, sono la S. Messa e la confessione: è sempre

Gesù. Non sono le Apparizioni al centro, non dobbiamo correre dietro alle Apparizioni, ma dobbiamo correre dietro a tutto quello che la Madonna ci dice.


C‘è uno stretto legame fra le due figure: Maria come

Giovanni non porta a se stessa, ma a Gesù. L’unico scopo della sua

lunga presenza in mezzo a noi, è invitarci alla conversione del cuore, condurci a suo Figlio e quindi alla Salvezza. Maria è la Regina dei Profeti,e come Giovanni ha preannunciato la venuta del Signor così Lei oggi preannuncia il Suo ritorno; Maria come Giovanni è umile, anzi Lei è la

più umile di tutte le creature, per questo Dio l’ha innalzata, l’ha fatta corredentrice dell’umanità. E’ proprio il suo farsi piccola piccola, che l’ha resa immensa. Tutti e due aprono la strada all’arrivo di Gesù. Ma lo sappiamo che la storia si ripete, e come è accaduto duemila anni fa, anche oggi, moltissimi non credono alle parole della Madre

di Gesù, rimangono sordi e ciechi di cuore; e altrettanti preferiscono cercare segni esteriori, fenomenali, piuttosto che mettersi in discussione, rimboccarsi le maniche e iniziare un lavoro su se stessi.

C’è un’altra peculiarità che li lega: solo di loro due la liturgia

ricorda la nascita terrena e la nascita in Cielo.

La Madonna come Giovanni il Battista vuole aiutare le persone a fare l’esperienza dell’amore di Dio, preparare le anime alla vita eterna, che non è fantasia, immaginazione, ma una promessa che il Signore ci ha fatto, Lui il Risorto, il figlio del Dio vivente. E l'eternità ce la giochiamo qui sulla Terra, vale per cui la pena scommetterci tutto.
San Giovanni Battista, il profeta che annunciò Cristo già nel grembo materno
È uno dei Santi più venerati nel mondo. La Chiesa lo festeggia, come la Vergine Maria, anche nel giorno della sua nascita. La sua vocazione profetica si manifestò ancor prima di nascere attraverso segni messianici come "l'esultanza" davanti a Maria in visita alla cugina Elisabetta. E Cristo stesso lo definì «il più grande tra i nati da donna»Giovanni Battista è l’unico Santo, insieme alla Vergine Maria, di cui si celebra il giorno della nascita terrena (24 giugno), oltre a quello del martirio (29 agosto). Tra le due date, però, quella più usata per la venerazione è la prima. È patrono dei monaci, battezzò Gesù nelle acque del fiume Giordano, morì martirizzato ed è chiamato il “Precursore” perché annunciò la venuta di Cristo. Celebre l’episodio in cui sussultò di gioia nel grembo della madre, Elisabetta, quando ricevette la visita di Maria.
Chi era Giovanni il Battista?

È l’ultimo profeta dell’Antico Testamento e il primo Apostolo di Gesù, perché gli rese testimonianza ancora in vita. Nel Vangelo di Luca (1, 5) si dice che era nato in una famiglia sacerdotale, suo padre Zaccaria era della classe di Abia e la madre Elisabetta, discendeva da Aronne.

Artemisia Gentileschi, Nascita di San Giovanni Battista, 1635

Artemisia Gentileschi, Nascita di San Giovanni Battista, 1635
La nascita “miracolosa” annunciata dall’angelo Gabriele


La madre Elisabetta era sterile e ormai anziana. Un giorno, mentre il marito Zaccaria offriva l’incenso nel Tempio, gli comparve l’arcangelo Gabriele che gli disse: “Non temere Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché sarà grande davanti al Signore” e proseguendo nel descrivere le sue virtù, cioè pieno di Spirito Santo, operatore di conversioni in Israele, precursore del Signore con lo spirito e la forza di Elia.
Dopo quella visione, Elisabetta concepì un figlio fra la meraviglia dei parenti e conoscenti; al sesto mese della sua gravidanza, l’arcangelo Gabriele, il “messaggero celeste”, fu mandato da Dio a Nazareth ad annunciare a Maria la maternità del Cristo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi anche Elisabetta, tua parente, nella vecchiaia ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile; nulla è nulla è impossibile a Dio”.
Maria allora si recò dalla cugina Elisabetta per farle visita e al suo saluto, declamò il bellissimo canto del “Magnificat”, per le meraviglie che Dio stava operando per la salvezza dell’umanità e mentre Elisabetta esultante la benediceva, anche il figlio che portava in grembo, sussultò di gioia. Quando Giovanni nacque, il padre Zaccaria che all’annuncio di Gabriele era diventato muto per la sua incredulità, riacquistò la voce, la nascita avvenne ad Ain Karim a circa sette km ad Ovest di Gerusalemme, città che vanta questa tradizione risalente al secolo VI, con due santuari dedicati alla Visitazione e alla Natività.

Perché è chiamato il “precursore”?

Perché con la azione profetica e la predicazione annuncia la venuta di Gesù. Dopo la giovinezza, Giovanni si ritirò a condurre la dura vita dell’asceta nel deserto, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio (28-29 d.C.), iniziò la sua missione lungo il fiume Giordano, con l’annuncio dell’avvento del regno messianico ormai vicino, esortava alla conversione e predicava la penitenza.
Da tutta la Giudea, da Gerusalemme e da tutta la regione intorno al Giordano, accorreva ad ascoltarlo tanta gente considerandolo un profeta; e Giovanni in segno di purificazione dai peccati e di nascita a nuova vita, immergeva nelle acque del Giordano, coloro che accoglievano la sua parola, cioè dava un Battesimo di pentimento per la remissione dei peccati, da ciò il nome di Battista che gli fu dato.
Anche i soldati del re Erode Antipa, andavano da lui a chiedergli cosa potevano fare se il loro mestiere era così disgraziato e malvisto dalla popolazione; e lui rispondeva: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno e contentatevi delle vostre paghe” (Lc 3, 13).
Molti cominciarono a pensare che egli fosse il Messia tanto atteso, ma Giovanni assicurava loro di essere solo il Precursore: “Io vi battezzo con acqua per la conversione, ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non sono degno neanche di sciogliere il legaccio dei sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.
E alla delegazione ufficiale, inviatagli dai sommi sacerdoti disse, che egli non era affatto il Messia, il quale era già in mezzo a loro, ma essi non lo conoscevano; aggiungendo “Io sono la voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia”.

Piero della Francesca, Battesimo di Cristo, 1445

Piero della Francesca, Battesimo di Cristo, 1445
Il battesimo di Gesù nel Giordano


Anche Gesù si presentò al Giordano per essere battezzato e Giovanni quando se lo vide davanti disse: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo!” e a Gesù: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?” e Gesù: “Lascia fare per ora, poiché conviene che adempiamo ogni giustizia”.
Allora Giovanni acconsentì e lo battezzò e vide scendere lo Spirito Santo su di Lui come una colomba, mentre una voce diceva: “Questo è il mio Figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”. Da quel momento Giovanni confidava ai suoi discepoli “Ora la mia gioia è completa. Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3, 29-30).
La sua missione era compiuta, perché Gesù prese ad iniziare la sua predicazione, aveva formato il gruppo degli apostoli e discepoli ed era seguito da una gran folla; egli aveva predicato proprio per questo, preparare un popolo degno, che accogliesse Gesù e il suo messaggio di Redenzione.

Il contrasto con il re d’Israele Erode Antipa

Aveva operato senza indietreggiare davanti a niente, neanche davanti al re d’Israele Erode Antipa († 40 d.C.), che aveva preso con sé la bella Erodiade, moglie divorziata da suo fratello; ciò non era possibile secondo la legge ebraica perché il matrimonio era stato regolare e fecondo, tanto è vero che era nata una figlia Salomè.
Per questo motivo un giudeo osservante e rigoroso come Giovanni, sentiva il dovere di protestare verso il re per la sua condotta. Infuriata Erodiade gli portava rancore, ma non era l’unica; perché il Battesimo che Giovanni amministrava, perdonava i peccati, rendendo così inutili i sacrifici espiatori, che in quel tempo si facevano al Tempio, e ciò non era gradito ai sacerdoti giudaici.

Caravaggio, Decollazione di San Giovanni Battista, 1608

Caravaggio, Decollazione di San Giovanni Battista, 1608
La decapitazione e la testa portata su un vassoio


Erode fece arrestare e mettere in carcere Giovanni su istigazione di Erodiade, la quale avrebbe voluto che fosse ucciso, ma Erode Antipa temeva Giovanni, considerandolo uomo giusto e santo, preferiva vigilare su di lui e l’ascoltava volentieri, anche se restava molto turbato.
Ma per Erodiade venne il giorno favorevole, quando il re diede un banchetto per festeggiare il suo compleanno, invitando tutta la corte ed i notabili della Galilea. Alla festa partecipò con una conturbante danza anche Salomè, la figlia di Erodiade e quindi nipote di Erode Antipa; la sua esibizione piacque molto al re ed ai commensali, per cui disse alla ragazza: “Chiedimi qualsiasi cosa e io te la darò”; Salomé chiese alla madre consiglio ed Erodiade prese la palla al balzo, e le disse di chiedere la testa del Battista. A tale richiesta fattagli dalla ragazza davanti a tutti, Erode ne rimase rattristato, ma per il giuramento fatto pubblicamente, non volle rifiutare e ordinò alle guardie che gli fosse portata la testa di Giovanni, che era nelle prigioni della reggia. Il Battista fu decapitato e la sua testa fu portata su un vassoio e data alla ragazza che la diede alla madre. I suoi discepoli saputo del martirio, vennero a recuperare il corpo, deponendolo in un sepolcro; l’uccisione suscitò orrore e accrebbe la fama del Battista.

Perché si festeggia il 24 giugno?

Essendo la nascita di Gesù fissata al 25 dicembre, quella di Giovanni doveva essere celebrata sei mesi prima, secondo quanto annunciò l’arcangelo Gabriele a Maria.

Cosa significa il suo nome?


Giovanni fra i nomi maschili, ma anche usato nelle derivazioni femminili (Giovanna, Gianna) è il più diffuso nel mondo, tradotto nelle varie lingue; e tanti altri santi, beati, venerabili della Chiesa, hanno portato originariamente il suo nome; come del resto il quasi contemporaneo san Giovanni l’Evangelista e apostolo, perché il nome Giovanni, al suo tempo era già conosciuto e nell’ebraico Iehóhanan, significava: “Dio è propizio”.

Quali chiese custodiscono le sue reliquie?

S. Giovanni Battista, tanto per citarne alcune, è patrono di città come Torino, Firenze, Genova, Ragusa… Per quanto riguarda le reliquie la storia è alquanto lunga e complessa. Dopo essere stato sepolto privo del capo a Sebaste in Samaria, dove sorsero due chiese in suo onore; nel 361-362 ai tempi dell’imperatore Giuliano l’Apostata, il suo sepolcro venne profanato dai pagani che bruciarono il corpo disperdendo le ceneri.
Ma a Genova nella cattedrale di S. Lorenzo, si venerano proprio quelle ceneri, portate dall’Oriente nel 1098, al tempo delle Crociate, con tutti i dubbi collegati.
Per la testa che si trovava a Costantinopoli, per alcuni invece ad Emesa, purtroppo come per tante reliquie del periodo delle Crociate, dove si faceva a gara a portare in Occidente reliquie sante e importanti, la testa si sdoppiò, una a Roma nel XII secolo e un’altra ad Amiens nel XIII sec.
A Roma si custodisce senza la mandibola nella chiesa di S. Silvestro in Capite, mentre la cattedrale di S. Lorenzo di Viterbo, custodirebbe il Sacro Mento.

Guido Reni (1575 - 1642), San Giovanni Battista nel deserto, ca. 1640

Guido Reni (1575 - 1642), San Giovanni Battista nel deserto, ca. 1640

La sua figura nella storia dell'arte


Giovanni Battista è il santo più raffigurato nell’arte di tutti i secoli; non c’è si può dire, pala d’altare o quadro di gruppo di santi, da soli o intorno al trono della Vergine Maria, che non sia presente questo santo, rivestito di solito con una pelle d’animale e con in mano un bastone terminante a forma di croce.
Senza contare le tante opere pittoriche dei più grandi artisti come Raffaello, Leonardo, ecc. che lo raffigurano bambino, che gioca con il piccolo Gesù, sempre rivestito con la pelle ovina e chiamato affettuosamente “San Giovannino”.
Ciò testimonia il grande interesse, che in tutte le epoche ha suscitato questo austero profeta, così in alto nella stessa considerazione di Cristo, da essere da lui definito “Il più grande tra i nati da donna”.
 
Fonte:famiglia cristiana.it

giovedì 27 agosto 2020

"Molti fanno le ingiustizie e gli altri non perdonano: cosi vengono i conflitti....." - di Padre Slavko (MEDJUGORJE)

 Questi ammonimenti e questi messaggi hanno un semplice significato, non dicono niente di nuovo, ma riportano ai Vangeli, alle parole di Gesù su quello che deve succedere: segni nel cielo, nelle stelle, nel sole, terremoti... La Madonna non può dire altre cose, ma se dice questo dovrebbe servire alla nostra fede, non alla paura, all'angoscia, alle nuove preoccupazioni...
In che senso? Molti cristiani vivono dicendo: « Io credo, io sono cristiano, vado in chiesa, mi confesso », ma il loro cuore e la loro vita sono solo sulla terra. Molti dicono: « lo credo », ma dipendono solo dai soldi, dal successo, dal progresso, dalle cose materiali e non si aprono alle altre cose.
Una fede vera, più profonda ha questa dimensione - io dico - apocalittica: cioè, io vivo la mia fede nella fiducia al Signore, io so che ogni giorno il Signore può chiamarmi.
Noi non facciamo bene se diciamo: mi convertirò domani, perdonerò domani, mi riconcilierò domani; la confessione è domandata oggi, non domani.
Allora i messaggi hanno questo significato: risvegliarci nella fede, lavorare, pregare, credere, abbandonarsi e nello stesso tempo essere aperti, pronti ogni giorno ad essere chiamati e incontrare il Signore nell'amore. La situazione: vedete che molta gente viene sempre nonostante l'inverno. Il messaggio è diffuso in tutto il mondo; io posso dire che la Madonna ha trovato i suoi agenti da per tutto.
Una cosa mi sembra importante: l'anno prossimo è stato dichiarato dall'Unesco « l'anno della pace ».
Io non so, ma mi sembra di poter dire che Medjugorje e tutti quelli che hanno cominciato a pregare e a digiunare per la pace, sicuramente hanno aiutato se l'anno prossimo sarà dichiarato l'anno della pace, e tutti quelli che sono venuti a Medjugorje, che hanno letto su Medjugorje, collegheranno subito Medjugorje e il messaggio della pace, e molti saranno più aperti se si parlerà di più sulla pace a tutti i livelli; forse per tutto il mondo è una nuova chance. Così noi tutti siamo responsabili per la pace, soprattutto quelli che hanno accettato il messaggio della Regina della Pace. Pregare per la pace, digiunare per la pace e riconciliarsi con tutti coloro con i quali si vive, così verrà la pace. La pace non viene dai concordati, non viene dalla carta, la pace viene dal cuore dell'uomo che vive la pace e diffonde la pace, non solo le parole...
Questa pace ha come contenuto la giustizia, la verità, l'amore. Da dove vengono le guerre? Perché? Perché molti fanno le ingiustizie e gli altri non perdonano: cosi vengono i conflitti nelle famiglie, tra le persone, nella Chiesa e in tutto il mondo.
Con altre parole: tutti quelli che cominciano a vivere l'amore verso il prossimo e verso Dio, tutti quelli che provano ad essere giusti anche aiutando i più poveri, i bisognosi, preparano la via alla pace.
Molti domandano come si comporta il governo: io posso dire che possiamo lavorare; voi potete venire e basta. Una cosa che per me è un miracolo è stato quando alla televisione di Belgrado il 17 ottobre hanno mostrato un documentario su Medjugorje; era molto buono, ha dato nuovi impulsi alla nostra gente. È molto importante.
Dico una sola cosa: nella Chiesa, nei giornali della Chiesa è ancora proibito scrivere su tutto quello che succede qua, ma in questa situazione potete vedere come Dio si comporta verso tutti noi. Dio ci lascia liberi e se noi non vogliamo la Madonna trova gli altri; trova gli altri che non credono in Dio; non credono alla Madonna, ma sono arrivati. Sono cose bellissime che servono alla diffusione dei messaggi.
Mi sembra di poter dire che qui si è verificata un po' la parola del Signore quando ha detto: « Se voi date la lode al Signore, il Signore può creare dalle pietre una nuova stirpe di Abramo ».
È un segno che la Madonna - come ha detto una volta in un messaggio - è instancabile, non ci lascerà in pace finché non avremo trovato la pace.
Un sacerdote mi ha detto: « Ho guidato due pullmann a Medjugorje : ho sentito più impulso per la preghiera, per la fede che non per tutto il lavoro che ho fatto ». E adesso porta molto spesso la sua gente e il numero - dice - cresce meravigliosamente.
Un altro sacerdote mi ha detto: « Io ho domandato ai miei di pregare, ma io non ho pregato. Ma quando ho cominciato a pregare, a confessarmi ogni mese, vengono anche i miei parrocchiani ».
La Madonna vuole questo: che cominciamo a vivere radicalmente la nostra vocazione. Tutti siamo, dobbiamo essere apostoli, dobbiamo diffondere la pace, tutti siamo ugualmente invitati all'amore. Desidero che in questi giorni proprio sentiate la mano del Signore sopra di voi e anche l'amore della Madonna e così, benedetti, andiate nell'anno nuovo vivendo abbandonati nella preghiera, per vivere la vita amando il prossimo e amando Dio sopra ogni cosa.
(P. Slavko Barbaric - 27 dicembre 1985)


 medjugorjesaccolongo.it

martedì 25 agosto 2020

MESSAGGIO DEL 25 AGOSTO 2020 - MEDJUGORJE


Messaggio dato dalla Regina della Pace alla veggente Marija



Cari figli! Questo è tempo di grazia. Sono con voi e vi invito di nuovo, figlioli, ritornate a Dio ed alla preghiera affinché la preghiera diventi gioia per voi. Figlioli non avrete né futuro né pace finché nella vostra vita non  comincerete a vivere la conversione personale ed il cambiamento nel bene. Il male cesserà e la pace regnerà nei vostri cuori e nel mondo. Perciò, figlioli, pregate, pregate, pregate. Sono con voi ed intercedo presso mio Figlio Gesù per ciascuno di voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

venerdì 21 agosto 2020

Avevo una doppia vita. Mia moglie andò a chiedere la grazia a Medjugorje - Testimonianza di conversione

Antonio e Mariele, originari della provincia di Napoli, si sposarono ventenni a marzo del 1999 dopo 5 anni di fidanzamento. «Il matrimonio fu in Chiesa perché dalle nostre parti è d’usanza, ma né io né lei provenivamo da famiglie praticanti». D’altra parte, spiega Antonio, «volevo sposare una brava ragazza per poi vivere da "uomo vero" che comanda e va alla conquista di altre donne, motivo per cui l’avevo già tradita durante il fidanzamento: avevo una doppia vita, due schede di cellulare e due maschere, di cui lei non sapeva nulla. Anzi mi aveva sempre dato molta fiducia». I coniugi si trasferirono in provincia di Reggio Emilia, dove Antonio era abilissimo a recitare la parte del «marito affettuoso, mentre fuori ero tutt’altro. Volevo sempre di più: cercavo le donne sposate, fino ai locali per scambisti». Era convinto di dominare la situazione ma «quando ti avvicini al fuoco alla fine ti bruci: il peccato si impossessa di te». Perciò nel 2007 «volevo la mia totale libertà, dissi tutto a mia moglie e me ne andai, sebbene avessimo due figli di 8 e 5 anni per cui a Mariele crollò il mondo addosso».

Antonio viveva solo «nella lussuria, anche se poi andavo a casa a mettere a posto la coscienza: facevo il papà part-time per non sentirmi proprio tremendo. E così me ne stavo tranquillo nel mio male. Nella mia testa mi sentivo felice, libero finalmente». Ma accadde qualcosa di imprevisto, di cui solo più tardi comprese il motivo. «Il quarto mese in cui ero fuori casa, cominciai ad avere dei pensieri suicidi: se guidavo pensavo ad andare fuori strada». Nel frattempo la moglie era venuta a conoscenza di un luogo «in cui la Madonna stava apparendo». Sebbene non fosse una donna di fede «Mariele andò a chiedere la grazia della mia conversione». Non disse a nessuno dove sarebbe andata ma «quando tornò capii che era completamente cambiata: prima mi rispondeva quando litigavamo e se doveva urlare parolacce lo faceva, anche perché io negli ultimi tempi avevo alzato le mani. Dopo quel viaggio però non rispondeva più, taceva, subiva tutto. Ma non passivamente: era piena di una pace inspiegabile, che poi capii essere soprannaturale». La cosa sconvolgente, però, era che «nonostante tornassi a casa dopo essere stato nel letto di un’altra, pur sapendolo lei mi chiedeva se doveva stirarmi una camicia o se volevo il caffè. E lo faceva con una dolcezza pazzesca».

Scoprendo la moglie a pregare e a leggere la Bibbia, «la mia violenza peggiorò: avevo un’avversione tremenda per il sacro (una volta le sputai in faccia mentre recitava il Rosario) ma lei non demordeva. Ne avevo quasi paura, ma nello stesso tempo mi faceva stare così bene che le chiesi dove fosse andata». Anche perché la depressione peggiorava: «Volevo andare là non certo per tornare con lei ma per uscire dal mio malessere e poi continuare a vivere la mia vita libertina». Finalmente Antonio ebbe la risposta: «Sono andata a Medjugorje, dove appare la Madonna dal 1981».

In realtà, grazie alle preghiere della moglie, stava vivendo una lotta interiore: «Ero un bestemmiatore incallito, ogni cinque minuti insultavo la Madonna (non posso ripetere cosa dicevo). Consigliavo l’aborto, spingevo gli amici a tradire le mogli, perciò, anche senza saperlo, ero un servo importante del demonio». Ma il fatto che «mia moglie avesse incominciato a seguire tutto quello che la Madonna chiede a Medjugorje (i cinque sassi: Eucarestia settimanale, Confessione mensile, lettura della Bibbia e Rosario quotidiani, digiuno) fece scendere in campo Dio». Mariele diceva ben 10 Rosari al giorno: «Iniziava la mattina presto finché, stremata, andava a letto. Poi andava a Messa la mattina per me e il pomeriggio per sé stessa, digiunava a pane e acqua mercoledì e venerdì (e continua a farlo), si confessava continuamente». E non c’era impegno che tenesse: «Si svegliava prima, pregava in strada, sotto la doccia, mentre faceva i mestieri. Poi seppi che faceva benedire l’acqua, il pane e il sale che io mangiavo… Mia moglie era in guerra e decise di usare ogni arma del cielo».

Così, nell’ottobre 2007 Antonio partì per Medjugorje chiedendo alla moglie di accompagnarlo, perché «in lei vedevo l’unica persona che mi poteva davvero aiutare. Non ero più il marito da riconquistare ma un’anima da salvare e questo mi attraeva a lei». Ma la lotta drammatica fra Maria e il diavolo fu confermata dal fatto che «in quei mesi avevo sognato una notte il demonio sul mio letto che mi fissava (mi svegliai in una pozza di sudore) e un’altra Medjugorje (un bambino di nome Raffaele che mi accompagna in chiesa, due colline piene di persone, i sacerdoti che pregavano il Rosario, gente che piangeva davanti alla statua della Madonna)» e «quando arrivai lì ricordai il sogno». Messo piede a Medjugorje, «dopo aver passato il viaggio con le cuffie e la musica a tutto volume, chiedendo a mia moglie di tenermi lontano i sacerdoti, perché altrimenti li avrei picchiati, mi portarono subito in chiesa». Ma le migliaia di preghiere recitate in tante lingue fecero infuriare Antonio: «Dopo cinque minuti cominciai a bestemmiare, uscii dalla chiesa. Volevo scappare perché stavo impazzendo. Ma non c’erano mezzi per andarsene. Fumavo, fumavo, fumavo, finché mia moglie venne fuori consigliandomi di tornare in chiesa a pregare, perché sarei stato meglio». Di fronte al suo "no", Mariele gli parlò della Confessione, «ma fuori dai confessionali c’era la fila e quindi cominciai ad insultare tutti dicendo: “Stupidi, cosa fate qui? Siete ridicoli”».

A quel punto «mia moglie mi disse che ero libero di andarmene ma che lei sarebbe tornata a pregare. Stavo malissimo, non potendo nemmeno fuggire, allora mi dissi: “Ok, ho chiesto io di venire”. E qui lanciai una sfida alla Madonna: “Se è vero che appari io faccio tutto quello che dici, ma tu devi farmi vedere che è vero. Altrimenti spacco e brucio tutto"». Eppure, «per me le donne erano esseri inferiori, figurati la Madonna, ma a quel punto ci provai e cominciai dalla Confessione». Per Antonio era la prima volta dopo la Prima Comunione: «Non dissi tutto ma fui assolto e in effetti la rabbia diminuì».

Il gruppo partecipò poi ad una Messa celebrata da padre Jozo «che ci fece leggere la preghiera di consacrazione alla Madonna». Antonio si commuove ancora pensando a quando ripetevo il «totus tuus, che fu l’inizio della mia liberazione». In ginocchio, a terra, piangeva senza capire il perché, «però mi sentivo così leggero che cominciai a pregare con gli altri. Anche se avevo ancora vergogna di stare con il rosario in mano». In questo caso però l’orgoglio lo aiutò: «Avevo detto che avrei fatto tutto e così dissi le mie prime “Ave Maria”. Poi vidi le colline del sogno per cui chiesi chi fosse Raffaele: mi risposero che era l’arcangelo, il medico che accompagna i malati da Dio. E qui cominciai a credere…».
Il giorno successivo il gruppo partecipò all’apparizione della Madonna a uno dei veggenti: «Rimasi tutto il tempo in ginocchio con la testa a terra. In quel momento mi entrò un fuoco dentro, caldo, e quella pace che trasmetteva mia moglie avvolse anche me. Piansi così tanto che non riuscivo ad alzarmi da terra». Quando si riprese, però, «decisi di confessare tutto il mio passato e il sacerdote mi diede dieci Rosari di penitenza». Antonio, non capendo ancora cosa fosse un Rosario, disse che avrebbe pregato: «Con l’aiuto degli altri cominciai. E più pregavo più ero felice, perciò domandavo a tutti cos’altro la Madonna chiedesse». Prima di partire la moglie consigliò ad Antonio di partecipare all’Adorazione eucaristica spiegandogli che lì c’è Gesù in persona: «Mi addormentai davanti a Lui in pace. Poi sognai che uscivo dal santuario e mia figlia piccola mi diceva: “Papà basta litigare con mamma, vieni a casa con noi”. Per non farla piangere dissi di sì, ma poi domandai a Maria: “Tu mi hai fatto veder tutto e anche di più, ma spiegami che senso ha questo sogno”». Durante l’ultima Messa, allo scambio della pace, mi sentii tirare la maglia. Comparve una bimba simile alla mia che prese la mano solo a me. Poi se ne andò sotto la statua della Madonna dove il padre soddisfatto le diede una pacca sulla spalla. Infine uscirono dalla chiesa anche se la Messa non era finita». Antonio capì poi che era la risposta della Madonna: «Se volevo la pace dovevo tornare a casa come voleva mia figlia. Così chiesi a Maria di darmi l’amore per la mia famiglia e poi domandai perdono anche a loro. Ero felice perché ero stato il peggiore dei peccatori ma ero stato perdonato. Tanto che dissi a Dio: “Ora che ti ho conosciuto posso anche morire”».

Il ritorno fu un trauma per gli altri, non per lui: «Quando mi chiamavano le donne dicevo loro che avevo incontrato Dio, lo stesso dicevo agli amici e ai parenti che mi vedevano pregare in continuazione». L’effetto fu che, dal trascinare decine di persone nella perdizione, Antonio divenne il tramite per la conversione «della mia famiglia intera (mio papà era un bestemmiatore), genitori, cugini, zii e degli amici. Nessuno credeva ai propri occhi, tutti volevano sapere. Tanti tornarono con me a Medjugorje e cominciarono a credere». A confermare che dove sovrabbondò il peccato ora sovrabbonda la grazia.

Ma il demonio ci riprovò: «Il secondo giorno dal ritorno da Medjugorje una zia mi chiese di andare a raccontarle tutto. In macchina avevo una busta di rosari da regalare, ma venni fermato da due prostitute che mi sbarrarono la strada: aprirono le porte della macchina, una mi salì davanti e una dietro. Cercavano qualcosa. Quella davanti provò a prendere il mio rosario, l’altra voleva la busta dei rosari. Riuscii a sottrarli dalle loro mani. Allora, con una voce tremenda, una mi disse: “Non mi toccare che ti ammazzo”. In quel momento capii che avevo a che fare con il demonio. Guardai il crocifisso appeso alla macchina e le dissi di andarsene. A quel punto se ne andarono. Fu lì che capii che satana era infuriato».

Ci sono state persone che ascoltando questa testimonianza si sono convertite, «anche se molti, quando mia moglie spiega che basta vivere i “cinque sassi”, trovano delle scuse: “Non riesco a digiunare, devo lavorare, eccetera”. Così non farai mai nulla. E non è che devi fare per ottenere, ma per abbandonarti completamente a Dio se vuoi vederlo all’opera». Come dice la Madonna: “Cari figli, dedicate il tempo solo a Gesù, e Lui vi darà tutto ciò che cercate, Lui vi si rivelerà in pienezza". «Penso sempre a mia moglie che prima ancora di partire per Medjugorje, distrutta e bisognosa economicamente, trovò lavoro a tempo indeterminato. Il datore le disse: “O i cinque giorni via o il contratto”». Sappiamo cosa scelse Mariele… «fu così che io, maltrattarore di donne e bestemmiatore della più grande fra loro, fui salvato da due femmine». 

Fonte: La nuova bussola Quotidiana

giovedì 20 agosto 2020

Dei ragazzini hanno distrutto un Crocifisso e Don Maurizio Patriciello scrive una lettera agli autori del gesto sacrilego.

  «Gli ha spaccato la testa!» e ride filmando l’amico che distrugge un Crocifisso
Il video di un gruppo di ragazzini che venerdì scorso a Lizzano in Belvere hanno vandalizzato con una mazza da baseball un Crocifisso tra risate e bestemmie.




  Un gruppo di sei ragazzi tra i 16 e i 19 anni ha trascorso la serata compiendo un atto di vandalismo blasfemo: hanno preso a colpi di mazza da baseball una statua di Gesù Crocifisso sulla strada tra Vidiciatico e Monte Pizzo, 46 secondi in tutto.

Sono tutti turisti emiliani, anche di Bologna; nessuno ha precedenti.
È buio e il Crocifisso è già decapitato quando la telecamera del cellulare comincia la ripresa. C’è un ragazzo con la testa di Cristo in mano, la solleva e la butta via. Fuori campo la voce alticcia del ragazzo che riprende col telefono, un susseguirsi di frasi.

Gli ha spaccato la testa, gli ha spaccato la testa e un braccio … è impazzito … impazzito completamente.
Ho fatto la scuola di suore … [parolaccia o bestemmia] … e non me la ricordo più. Sono vecchio.
Un altro ragazzo prende a calci la statua, che si stacca quasi completamente dalla Croce e allora cominciano altre risate perché Gesù sembra una bandiera che vola. C’è ancora un po’ di tempo per altri colpi con la mazza, finché il corpo cade del tutto e viene lanciato lontano. Al centro della scena resta la Croce, vuota.
I Carabinieri di Vergato sono intervenuti riuscendo a identificare facilmente i ragazzi. Solo uno di loro, per adesso, ha chiesto scusa.
Uno dei giovani coinvolti, la mattina dopo , su consiglio dei genitori ha   inviato una lettera di scuse al parroco di Vidiciatico, rendendosi disponibile a pagare la riparazione della statua. Il gruppetto si è giustificato dicendo di avere voluto fare una bravata, sotto i fumi dell’alcol, senza intenti davvero offensivi o blasfemi.


 Un gesto sconcertante, che ha spinto don Maurizio Patriciello a scrivere una lettera aperta agli autori del gesto sacrilego.
Ho letto, ho sofferto, mi sono fermato, ho riflettuto. Mi son detto che forse è meglio lasciar stare, far scorrere l’acqua della dimenticanza su questo episodio triste e doloroso. La vostra “ragazzata” blasfema nei confronti del Crocifisso, distrutto a mazzate mi ha rattristato tanto ma non riuscivo a capire bene il perchè.
Poi mi sono reso conto che la mia pena non era per lui, il Signore cui milioni di persone hanno donato la vita, ma per voi. Vi siete accorti, ragazzi, che l’uomo inchiodato al legno, vi ha lasciato fare senza opporre resistenza? In quei momenti nemmeno potete immaginare quanto vi amava.
Se, come spero, vi siete imbattuti, qualche volta, nei vangeli, avrete notato che ha usato con voi lo stesso atteggiamento di quando, duemila anni or sono, fu condannato a morte. Taceva allora, tace oggi, tacerà domani. Il suo mutismo, la sua apparente debolezza, il suo lasciar fare, non vi nascondo, che indispongono non pochi tra coloro che gli vogliono bene. E, come già gli apostoli, vorrebbero difenderlo, magari dandovi una sberla.
Ma non ce n’è bisogno. Perché lui su quella croce ci è salito anche per voi, per i vostri coetanei, per i vostri cari. Ho letto che quella sera eravate alquanto alticci - qualcuno dice addirittura ubriachi - , perciò, non pienamente responsabili delle vostre azioni. Ma questa è una cosa grave. Chi non risponde delle sue azioni è in pericolo; la vostra salute, fisica e psichica, è in pericolo.
Chi è nato prima di voi dovrà pur dirvi che cosa accade nel vostro giovanissimo organismo quando è costretto a fare i conti con l’acool. Dopo aver bevuto, quindi, – prendo per buone le vostre giustificazioni – non siete stati più padroni di voi stessi e avete commesso una vigliaccata di cui oggi dovete vergognarvi? Sono convinto che, conoscendo bene la sua vita e il suo pensiero, non avreste tardato a schierarvi dalla sua parte.
Lui non ha avuto paura di scagliarsi contro l’ingiustizia, l’ipocrisia, la ricchezza accumulata ai danni dei poveri, il potere – civile, religioso, militare – meschino ed egoista.
Sento il dovere di dirvi che i vostri coetanei della mia parrocchia, Adriano, Pio, Francesco, Umberto e tanti altri, a quel Gesù che voi avete maltrattato, vogliono un gran bene. Lo interpellano, lo pregano, gli chiedono di assisterli nel cammino della vita. Meritavano il vostro rispetto, non è vero? Nella loro acerba sapienza hanno imparato che tutti gli uomini, a qualsiasi credo appartengano, qualsiasi sia il colore della loro pelle o il loro conto in banca, meritano attenzione, rispetto. Nelle loro camere, gelosamente custodiscono quella croce che voi, senza riguardi, avete vituperato.
Non riescono a capire come possa un ragazzo della loro età, cui non mancano occasioni e mezzi per divertirsi e far baldoria, sentire il bisogno di fare quello che voi avete fatto. Si chiedono, e mi chiedono, perché; ma l’unica, autentica motivazione la potete dare solamente voi. No, non ce l’abbiamo con voi, al contrario, insieme ai vostri genitori, ai vostri insegnanti, al parroco che vi ha battezzato, ci chiediamo dove si è inceppato il vostro percorso educativo. Che cosa chiedevate che non siamo stati capaci di darvi?
Ho letto che qualcuno di voi, avrebbe voluto, per beffa, recitare l’Ave Maria, ma si è accorto di averne dimenticato le parole.
Sapete, ragazzi, quante milioni di volte quella preghiera semplice è comparsa sulle labbra dei vostri fratelli e sorelle in umanità? Sapete quante persone, nel momento della morte, hanno trovato conforto nel recitarla? No, ragazzi, non andiamo per niente bene; riprendete, vi prego, il vostro cammino, allegro, spensierato, rispettoso di tutti. Ritrovate, o iniziate a gustare, la gioia che si prova nel fare un po’ di bene ai bisognosi e vi accorgerete che non c’è bisogno di inventare gradassate. State sereni, quindi, non siamo arrabbiati con voi, ma solo tanto addolorati.
Aiutateci, però, a capire cosa possiamo fare perché non abbiate ancora a farvi e a farci male.
Posso rivolgervi un invito? Volete venire a visitare Napoli e incontrare Adriano, Umberto, Francesco, Pio e la loro chiassosa comitiva? Sono certo che vi farete un grande bene e nascerà tra voi un’amicizia che conserverete per il resto della vita. In bocca al lupo, ragazzi, o, meglio, Dio vi benedica. 

Avvenire.it

mercoledì 19 agosto 2020

"Grazie cancro, perché mi hai insegnato a vivere"- La storia di Fabio Salvatore

"Grazie cancro, perché mi hai insegnato a vivere"
Fabio Salvatore racconta in un libro l'esperienza della malattia alla luce della fede


Un giovane di 22 anni, di grande talento e con un futuro radioso davanti. Improvvisamente malato di cancro. Crudele, molto crudele come destino. Eppure, come testimonia l'esperienza di vita di Fabio Salvatore, nella disgrazia di una malattia grave, non solo la morte non ha necessariamente il sopravvento, ma si possono scorgere i sintomi di una rinascita.


Da attore quale è, Salvatore racconta il suo dramma con un linguaggio teatrale. Non si perde in lunghe e tediose autoanalisi, prediligendo il tocco del monologhista: frasi scarne e scenari più che mai carichi di espressività.

L'irruzione improvvisa della malattia viene descritta di volta in volta attraverso brevi flash, ricchi di metafore, a partire da quella dello scarafaggio, di kafkiana memoria, che devasta corpo e anima con le sue "luride zampette".

L'Autore personalizza il suo nemico nascosto con queste parole: "Se mi uccidi morirai con me. Se sopravvivo sarai cenere. Sei già condannato ma questo non ti ferma. Sei morte e rispondi a quella sola chiamata".

Tra il 1998 e il 1999, Fabio si ammala di cancro, viene operato e guarisce. Lo aiutano i medici, l'affetto della mamma, del papà, del fratello Alessandro, della fidanzata Rossana. Ma ancora di più lo aiuta la fede, in particolare la preghiera a Maria Santissima.

Il 25 è il numero chiave nella sua storia. È infatti il 25 giugno 1998, anniversario della prima apparizione della Madonna a Medjugorie, il giorno in cui Fabio, in un momento di sconforto (ma non ancora malato), scorge abbandonata per strada una Medaglia Miracolosa, popolarissimo simbolo di devozione mariana.

Fabio interpreta ciò come un segno della Provvidenza. È ancora un giorno 25, per l'esattezza il 25 settembre dello stesso anno, che al giovane artista viene diagnosticato il cancro. Fede e malattia sono le due medicine che hanno permesso a Fabio Salvatore di guarire da un cancro più grande: quello dell'anima. La malattia lo mette di fronte all'ineluttabilità della morte del corpo ma gli fa comprendere anche "la forza dello spirito che non può morire".

L'Autore descrive la sua vita precedente come superficiale, edonistica, simile a quella di tanti ragazzi della sua età: "Godere. L'unico principio da emulare e rispettare. Senza una ragione manifesta a motivare quell'inutilità e miseria. Schiavo inconsapevole di una vita senza regole e principi. [...] Provavo vergogna. E rabbia. Nell'essere posseduto da qualcosa di lontano da me, ma che viveva in me".

Fabio Salvatore entra poi nel gruppo di preghiera di Nuovi Orizzonti: la fondatrice Chiara Amirante diventa per lui una sorella maggiore, accompagnandone ogni passo del nuovo cammino. Pellegrino a Medjugorie, Fabio si sente rinato a vita nuova. In Gesù scopre "la porta dell'Amore degli Amori" che dà pieno senso all'esistenza.

"Mi ha salvato l'incontro con Nuovi Orizzonti " scrive -. Da questa famiglia ho ricevuto tutto l'amore a cui anelava il mio cuore, offerto con una gratuità inimmaginabile. Mi sono reso conto che nella continua e affannosa ricerca di qualcosa che non riuscivo a individuare, l'unico vero bisogno era amare e sentirmi amato".

Eppure le prove per lui non sono finite. Verso la fine dello scorso decennio, alla rottura del fidanzamento con Rossana, segue la sinistra rivincita dello scarafaggio, "bestia feroce, pronta ad azzannare nel buio, dopo una lunga caccia silenziosa".

Proprio alla vigilia di un nuovo ciclo di radioterapia, nella vita di Fabio si abbatte l'ennesimo terribile fendente: l'improvvisa morte del padre, investito da un pirata della strada, all'uscita di una discoteca, alle prime ore della mattina del 20 gennaio 2008.

Seguono mesi durissimi ma ormai Fabio è un uomo temprato dalle vicissitudini della vita. È pronto a tutto. Il cancro gli ha rubato il tempo, la salute, i sogni di gloria ma gli ha restituito la fede in Dio, la fiducia negli uomini ed un'esistenza più autentica.

Toccanti sono le pagine in cui l'Autore descrive i suoi colloqui con i compagni di sventura, gli altri malati oncologici conosciuti durante i numerosi ricoveri. Nella disgrazia, Fabio riscopre il vero senso dell'amicizia disinteressata.

Prosegue ed approfondisce il suo cammino di fede in Nuovi Orizzonti, che culmina in un nuovo emozionante pellegrinaggio a Medjugorie, dove, sfidando i postumi della malattia, si lancia in un epica scalata del monte Krizevac.

L'Autore esprime poi parole di gratitudine per i tanti amici conosciuti nel movimento di Chiara Amirante, che, con la loro presenza, lo hanno umanamente arricchito: i sacerdoti don Giacomo Pavanello e don Davide Banzato, la giornalista Silvia Piasentini, il cantautore Nek.

A braccia aperte tra le nuvole si chiude con un'insolita postfazione, affidata alla sedicenne Martina Imarisio Neviani, conosciuta da Salvatore durante un nuovo pellegrinaggio a Medjugorie. "Fabio ha avuto la fortuna di conoscere l'amore di Dio e di testimoniarlo nonostante la sofferenza, questo è il vero miracolo attuale", scrive Martina.

Ed è proprio Dio e la Madonna, assieme ai familiari e agli amici più cari, che l'Autore ringrazia al termine del libro. Senza trascurare un omaggio al suo "antagonista", dapprima odiato, poi, sorprendentemente rivalutato: "Grazie scarafaggio, perché mi hai insegnato la vita, ad amarla come il bene più prezioso".

Fonte: http://www.zenit.org/article-29781?l=italian 

martedì 18 agosto 2020

La Beata Vergine Maria e le anime del Purgatorio: “La Vergine visita e soccorre le Anime del Purgatorio, mitigando le loro pene.

Le anime che furono particolarmente devote a Maria nel Purgatorio.
 Questa dolcissima Mamma le va a consolare, ed essendo Essa candore dell’Eterna luce e specchio senza macchia, mostra loro, in Lei, lo splendore riflesso della gloria di Dio.
Maria è Madre della Chiesa, pertanto è vicina a ogni figlio. Ma in modo speciale è accanto ai più deboli, ai piccoli, ai perseguitati, ai moribondi, a tutti coloro che non sono ancora riusciti a raggiungere una piena comunione con Dio.
Tale posizione della Vergine è stata sottolineata anche dal Concilio Ecumenico Vaticano II: assunta in Cielo non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci le grazie della salute eterna.
Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata “.(Lunien Gentiuni 62) Ora, tra coloro che ancora non sono stati ammessi alla Patria beata vi sono le Anime del Purgatorio. E la Vergine interviene in loro favore. Perché, come ribadisce a Santa Brigida di Svezia “Io sono Madre a tutti quanti stanno nel Purgatorio “. Vari santi hanno, già prima del Vaticano II, sottolineato questo aspetto della funzione materna di Maria. Ad esempio, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787) scrive:
“Essendo quelle anime (del Purgatorio) più bisognose di sollievo (..), né possono aiutarsi da loro stesse, molto più ivi questa Madre di misericordia s‘impegna a soccorrerle”(Le glorie di Maria) San Bernardino da Siena (1380-1444) afferma:
“La Vergine visita e soccorre le Anime del Purgatorio, mitigando le loro pene.
Ella ottiene grazie e benedizioni per i devoti di queste Anime, specie se tali fedeli recitano in suffragio dei defunti la preghiera del Rosario“.(cfr. Sermone 3 sul nome di Maria)

Santa Brigida di Svezia nata in Svezia nel 1303 scrive che la stessa Vergine le ha rivelato che le Anime del Purgatorio si sentono sostenute al solo udire il nome di Maria. Di altri segni di misericordia della Madre di Gesù sono ricchi i secoli.
Si pensi alla storia dei vari Ordini Religiosi ove l’azione della Madonna risulta visibilmente a favore della Chiesa pellegrinante sulla terra, ma anche di quella che si purifica in Purgatorio. E le stesse vicende collegate all’uso dello scapolare presso i Carmelitani dimostrano come un autentico amore verso Maria, fecondo di opere di carità, riceve da Lei risposte che riversano un par ticolare influsso positivo anche sulle Anime del Purgatorio.

In ultimo giova ricordare la testimonianza di una religiosa polacca, la santa Faustina Kowalska (1905-1938).
Ella scrive nel diario:
“In quel tempo domandai al Signore Gesù: ‘Per chi ancora devo pregare?’. Gesù mi rispose che la notte seguente mi avrebbe fatto conoscere per chi dovevo pregare. Vidi l'Angelo Custode, che mi ordinò di seguirlo. In un momento in trovai in un luogo nebbioso, invaso dal fuoco e, in esso, una folla enorme, di anime sofferenti. Queste anime pregano con grande fervore, ma senza efficacia per loro stesse: soltanto noi le possiamo aiutare. Le fiamme che bruciavano loro, non mi toccavano. Il mio Angelo Custode non mi abbandonò un solo istante. E chiesi a quelle anime quale fosse il loro maggior tormento. Ed unanimemente mi risposero che il loro maggior tormento è l’ardente desiderio di Dio. Scorsi la Madonna che visitava le anime del Purgatorio. Le anime chiamano Maria ‘Stella del Mare’. Ella reca loro refrigerio “. (Diario di suor Faustina Kowalska p. 11)