La Festa di Santa Rita ricorre il 22 maggio, è la Chiamata la Santa dei miracoli impossibili.
Maggio è il mese delle rose e dell’amore, dedicato alla vergine Maria. Ma Maggio è anche il mese di Rita, santa dell’amore e del perdono, invocata e venerata in moltissime parti del mondo per le indiscutibili doti di avvocata paciera delle cause ultradifficili dell’uman andare. Tant’è che popolarmente è detta la “santa degli impossibili”. Devozionalmente si ritiene che fin dal giorno della sua morte Rita si è schierata dalla parte dei più bisognosi, realizzando per loro quei miracoli prodigiosi considerati dalla logica comune irrealizzabili.
SANTA RITA conosciuta, sulla base di racconti, anche come:“Santa della Rosa” – Ancora oggi si dice che ogni qualvolta Rita interceda per un miracolo il suo corpo, conservato all’interno della basilica emana un intenso profumo di rose e le rose benedette ogni 22 maggio, per la sua festa, oltre che essere fonte di protezione per la famiglia, conservano tutta la fragranza di una rosa fresca. – “Santa della Spina” – Unica santa nella storia cristiana a ricevere in fronte la stigma spina che
le produsse una profonda piaga purulenta e fetida che la
costrinse alla segregazione. – “Santa delle Api”-Si racconta che già a 5
giorni operò il suo primo miracolo, conosciuto come delle Api Bianche guarendo
un contadino, feritosi gravemente con la falce a una mano. Questi,
passandole vicino, per andare a medicarsi, nel vedere delle api che
ronzavano sul suo volto cercò di scacciarle proprio con la mano
ferita che guarì immediatamente. Mentre il giorno della morte venne
avvistato uno sciame di api nere, dette murarie, che ancora oggi hanno dei nidi nel convento.- Api, rose e spina sono
infatti gli attributi iconografici che contraddistinguono la santa, una
santa che dopo san Francesco e sant’Antonio sia per la quantità di
miracoli attribuitole, sia per la sua storia umana è la santa più
amata. In molti paesi è venerata anche come santa della misericordia e
del soccorso per il
racconto della donna di Spoleto che fuggita per maltrattamenti dal
marito, derubata e aggredita curò, rivestì, e tranquillizzò
assicurandole che tornata dal marito questi convertito non avrebbe più
abusato di lei con violenze e ingiustizie, inoltre per essere stimata
come migliore avvocata e confidente delle donne in difficoltà.
Margherita, chiamata da tutti Rita, amatissima dai genitori crebbe nella campagna umbra in serenità e bellezza.
Umile e obbediente alle regole Rita mai scansò fatiche o prove
vessatorie tuttavia il cuore della sua giornata claustrale era intensa
meditazione della Passione di Cristo. Tanto che un giorno del 1432,
mentre era in estasi davanti al Crocefisso, una spina si staccò dalla corona del Cristo e si conficcò nella sua fronte.
La storia racconta che alla fine dei suoi giorni, Rita, malata e
costretta a letto, fece un’insolita richiesta a sua cugina venuta in
visita: le chiese di portarle due fichi e una rosa dall’orto della casa
paterna. Eravamo in piena stagione invernale e la giovane parente la
assecondò pensandola nel delirio della malattia. Invece, tornata a casa,
a Roccaporena, vide in mezzo alla neve proprio una rosa e due fichi.
Stupefatta li raccolse e tornò a Cascia per portarli a Rita.
Da allora, la rosa è diventata il simbolo ritiano per eccellenza e
rappresenta l’amore di Santa Rita che diffonde il suo profumo ovunque.
Il
primo miracolo da defunta fu invece quello del falegname, Cicco
Barbari, da poco diventato invalido alle mani, non potendo più
lavorare, vedendo la salma di Rita, disse:“Oh, se non fossi
‘struppiato’, la farei io questa cassa!”. Inspiegabilmente il falegname
guarì immediatamente, e le suore lo incaricarono della costruzione
dell‘umile cassa. Tante le leggende, i racconti, le meraviglie
prodigiose fiorite intorno alla santa come quella dello scampanio
improvviso e spontaneo di tutte le campane del circondario al momento
della sua morte sopraggiunta a 76 anni nella notte del 22 Maggio, più o
meno, intorno al 1457. La venerazione di Rita iniziò subito dopo la
morte,e fu caratterizzata dall’alto numero e qualità degli eventi
prodigiosi, dovuti alla sua intercessione. Tuttavia fu proclamata beata
180 anni dopo la sua morte, nel 1627 sotto il pontificato di Urbano
VII, e venne canonizzata da Leone XIII durante il Giubileo del 1900.
Nel
firmamento dei santi e delle sante della Chiesa, Rita è certamente una
stella di prima grandezza. Vissuta ben sei secoli fa, ancora
oggi ricordata,
invocata, pregata nei casi più disperati da migliaia di devoti non solo
in Italia ma in varie parti del mondo. “Ma quale è il messaggio che
questa santa ci lascia?” Si chiese, nel primo centenario della
canonizzazione, durante il Giubileo del 2000 davanti ad una grande
folla di devoti della santa in Piazza San Pietro Giovanni Paolo II.
Disse “È
un messaggio che emerge dalla sua vita: umiltà e obbedienza sono state
la via sulla quale Rita ha camminato verso un’assimilazione sempre più
perfetta al Crocefisso. La stigmate che brilla sulla sua fronte è
l’autenticazione della sua maturità cristiana. Sulla Croce con Gesù,
ella si è in un certo senso laureata in quell’amore, che aveva già
conosciuto ed espresso in modo eroico tra le mura di casa e nella
partecipazione alle vicende della sua città” cioè cercando di portare
pace fra le varie fazioni contrapposte e in lotta fra loro” Sebbene il
tempo logora tutto non ha logorato il ricordo di questa santa italiana.
Oggi come ieri, Rita è viva ed è soprattutto il segno d’amore che nelle
crisi della vita può dare coraggio e forza per ricominciare, l’esempio
per ciascuno della sollecitudine al perdono pacificante e al rigetto
incondizionato della violenza sanguinaria che non porta mai nessuno a
nulla di proficuo. Per
la gente comune Rita è la santa capace di capire e interpretare le loro
necessità, la ama e l’invoca perché la sente simile e vicina in ogni
difficoltà estrema dell’esistenza. Come Giovanni Paolo
II disse ancora: “La santa di Cascia appartiene alla grande schiera
delle donne cristiane che «hanno avuto significativa incidenza sulla
vita della Chiesa, come anche su quella della società». Rita ha bene
interpretato il «genio femminile»: l’ha vissuto intensamente sia nella
maternità fisica che in quella spirituale”. Forse la migliore
definizione della santità di Rita da Cascia la troviamo nella iscrizione
che è stata posta sull’urna contenente i suoi resti mortali:
“Tucta allui se diete”. “Si diede tutta a Lui” cioè a Cristo, anche nel
momento della crocifissione, che è la cosa più difficile.
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