Gesù fu guidato dallo Spirito nel deserto e tentato dal diavolo.
Ricorda sempre: Gesù ti aspetta, ti perdona, ti ama. La Quaresima è il tempo adatto per la confessione.
Osservando il nostro mondo cristiano non possiamo non costatare una corsa sfrenata all'edonismo, alla soddisfazione di ogni desiderio senza alcun discernimento e valutazione dei limiti stabiliti da Dio all'uomo, senza alcun senso di giustizia nei riguardi delle ansie e delle sofferenze dei fratelli. Tutto ciò ha creato il radicale rovesciamento degli atteggiamenti individuali e sociali nei singoli e nelle istituzioni, prima fra tutte nella famiglia. Si nota così un pauroso diffondersi del paganesimo e una lenta, ma costante caduta del vero senso cristiano del peccato.
Si è arrivati a tale situazione perché con sconcertante superficialità si presta troppo facilmente ascolto ai mezzi di comunicazione e ai miti della cultura, sia ecclesiastica che laicale che stanno mutando lentamente gli eterni orizzonti di giustizia e di carità e i valori fondamentali della vita dell'uomo.
In questo ambiente, troppo umano e poco spirituale, non fa meraviglia se, come molti altri elementi religiosi, anche il sacramento della confessione, che si fonda unicamente nel soprannaturale, è entrato in crisi e le lunghe file di fedeli che un tempo affollavano i confessionali, ora si assottigliano a vista d'occhio.
Riflettendo sulla mia lunga esperienza di confessore e di studioso per tanti anni nella Congregazione dei Sacramenti, ho ritenuto doveroso "portare la mia goccia al mare", offrendo il mio contributo ai fedeli e ai sacerdoti confessori per mettere in evidenza la bellezza e la grandezza di questo sacramento e per collocarlo nel valore che Cristo gli ha dato nella vita della Chiesa, essendo un prezioso strumento di progresso spirituale sulla via della santità.
E' un grande male sottovalutare questo canale di grazia, perché la sua mancanza fa intiepidire l'amore verso Dio e il prossimo, facendo aumentare nell'individuo l'egoismo, l'edonismo, il neo-paganesimo.
1) Che cos'è la Confessione Sacramentale
La Confessione Sacramentale (si chiama anche penitenza o riconciliazione o, semplicemente, confessione) è un vero e proprio sacramento istituito da Gesù Cristo, per mezzo del quale, a debite condizioni, vengono rimessi i peccati commessi dopo il Battesimo (Cfr. C.C.C. 1420-1498).
Per Confessione Sacramentale non si deve intendere qualsiasi confessione o colloquio avuto con qualcuno, magari psicologo, o la rivelazione dei propri segreti o problemi manifestati a qualche amico, anche sacerdote, ma la vera accusa dei propri peccati, fatta al sacerdote confessore con l'intenzione di ricevere da lui l'assoluzione sacramentale al fine di ottenere il perdono di Dio.
La confessione è un sacramento, Cioè un canale di grazia e, per la sua entità e per il suo significato, si può definire anche con altri nomi:
sacramento della conversione, perché ogni confessione deve essere una vera conversione;
sacramento della penitenza, perché la penitenza è un elemento necessario per fare una buona confessione e quindi operare in sé una vera conversione;
sacramento della confessione, perché il penitente deve manifestare al sacerdote confessore i propri peccati, e anche perché una "confessione" è un riconoscimento di essere peccatori e quindi si avverte il bisogno di chiedere misericordia al Signore;
sacramento del perdono, perché attraverso l'assoluzione del sacerdote Dio concede al penitente il perdono dei peccati;
sacramento della riconciliazione, perché in questo sacramento avviene la riconciliazione del peccatore con Dio (2 Coro 5, 20), (Cfr. C.C.c. 1423-1424).
Le condizioni indispensabili, richieste per ottenere la remissione dei peccati, commessi dopo il Battesimo, sono: il pentimento dei peccati, il fermo proposito di evitarli in avvenire, la debita accusa fatta al sacerdote confessore e l'accettazione della penitenza da lui imposta con la sua assoluzione sacramentale.
Nel sacramento della confessione vengono rimessi i peccati commessi dopo il Battesimo, quelli invece commessi prima vengono cancellati dal sacramento del Battesimo. Se però il Battesimo di un adulto è stato ricevuto senza le debite disposizioni (fede, pentimento e proposito), i peccati commessi prima verranno rimessi quando sarà rimosso l'ostacolo e cioè quando subentreranno le debite disposizioni.
Tali peccati poi non saranno materia di accusa nella Confessione Sacramentale.
2) Il Sacramento della Confessione
1) La nozione di sacramento
Il sacramento è un segno (cosa-azione) sensibile che, per istituzione di Gesù Cristo, ha la virtù di significare e di produrre la grazia santificante. Il concetto di sacramento comprende quattro elementi:
1 - un segno esterno che si possa percepire con i sensi;
2 - l'istituzione da parte di Gesù Cristo;
3 - questo segno sensibile significa la grazia santificante;
4 - questo segno sensibile, naturale è efficace e produce un effetto soprannaturale, cioè la grazia santificante.
La confessione o penitenza è un vero e proprio sacramento distinto dal Battesimo (Cfr. Conc. Trid.: OS. 1701 e 1702).
2) II segno sensibile del sacramento della confessione
Per formare il sacramento della confessione (e così per tutti gli altri) si richiedono tre elementi, che il vecchio, ma sempre valido, catechismo di S. Pio X chiama: materia, forma e ministro.
1 - La materia, cioè una cosa sensibile, ma solamente quella stabilita, per es. acqua naturale, olio, pane e vino; non qualsiasi azione sensibile, ma solo quella determinata.
La materia della confessione si ha negli atti del penitente: dolore, proponimento, accusa dei peccati e accettazione della penitenza; questi vengono detti dai teologi, seguaci di S. Tommaso, quasi materia, poiché in essi manca una sostanza corporea (Cfr. Conc. Trid.: OS. 914; C.c.c. 1450-1460).
2 - La forma, cioè la pronuncia di alcune parole, stabilite da Cristo direttamente o dalla Chiesa, parole che, unite alla materia, formano un unico segno sacramentale.
La forma essenziale della Confessione si ha nelle parole dell' assoluzione sacramentale "lo ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".
3 - Il ministro è il sacerdote confessore, che assolve a nome di Cristo e della Chiesa, fornito anche della debita giurisdizione, a norma dei canoni 969, par. I e 2 e 967, par. 2.
Perché il sacramento sia valido, nel ministro non si richiede né lo stato di grazia né la fede, ma è sufficiente che compia il rito nella forma prescritta e che abbia l'intenzione di fare ciò che intende la Chiesa.
3) La confessione è un sacramento dei morti
I sacramenti si dividono in sacramenti dei morti e sacramenti dei vivi.
I sacramenti dei morti sono il Battesimo e la Penitenza.
I sacramenti dei vivi sono la Cresima, l'Eucaristia, l'Unzione degli infermi, l'Ordine e il Matrimonio.
Si chiamano sacramenti dei morti, perché coloro che li ricevono, benché vivi fisicamente, sono generalmente morti alla vita soprannaturale per il peccato mortale. Questi sacramenti cancellano il peccato e conferiscono la grazia santificante (Grazia prima), che è la vita dell'anima.
Si chiamano sacramenti dei vivi, perché chi li riceve deve essere già vivo alla grazia e non in peccato mortale. In caso eccezionale anche i sacramenti dei vivi possono concedere la grazia prima, quando per es. uno riceve un sacramento dei vivi e dimentica di aver commesso un peccato mortale del quale ha un pentimento generale, questo gli cancella il peccato e gli conferisce la grazia prima.
Si deve ancora ricordare che chi riceve un sacramento dei vivi, sapendo di non essere in grazia di Dio, commette un grave peccato di sacrilegio.
4) Efficacia del sacramento della Confessione
La Confessione e tutti gli altri sacramenti, per volere di Gesù Cristo, oltre che significare la grazia, la producono e la concedono a coloro che li ricevono senza porre impedimenti, fra i quali il più importante, dal punto di vista soggettivo, è il rifiuto del sacramento, cioè avere la volontà di non riceverlo.
Nel sacramento della Confessione, e in tutti gli altri, esiste un impedimento quando manca o è gravemente difettoso, qualche elemento essenziale nelle parti che costituiscono il sacramento e cioè nella materia (per la Confessione: quasi-materia) nella forma e nel ministro.
I sacramenti sono vere cause efficienti della grazia anche se sono cause strumentali: essi operano in forza dell'oggettivo compimento del rito sacramentale per propria ed intima efficacia, ricevuta da Gesù Cristo ("ex opere operato").
3) Il Peccato
1) La nozione
Il peccato (c.c.C. 1846-1876) è un'offesa fatta a Dio, trasgredendo la sua legge.
E' chiaro che tale offesa è relativa alla conoscenza che ciascuno ha di Dio e alla maggiore o minore responsabilità del disordine commesso con la trasgressione della legge. Così, per esempio, diversa è la gravità dello stesso peccato commesso da un ragazzo o da un adulto ignorante o da un teologo o da un'anima favorita dalla grazia.
2) La divisione
I peccati possono essere distinti secondo il loro oggetto, come si fa per ogni atto umano: il peccato, infatti, perché sia tale, deve essere un vero atto umano.
Il peccato può essere originale e attuale.
Il peccato originale (C.C.c. 385-421) è il peccato commesso da Adamo come capo di tutta l'umanità, e da lui passa a ciascun uomo, in quanto figlio suo, e, come tale, lo contrae per generazione naturale.
Il peccato attuale (o personale) è quello che è commesso volontariamente da chi ha raggiunto l'uso di ragione.
Tale peccato si può commettere in quattro modi:
1. con i pensieri;
2. con le parole;
3. con le opere;
4. con le omissioni; e tutto questo può avvenire contro Dio, contro il prossimo o contro noi stessi.
Il peccato attuale (o personale) può essere mortale o veniale
3) Il peccato mortale
Il peccato mortale è una disubbidienza alla legge di Dio in materia grave, compiuta con piena avvertenza della mente e deliberato consenso della volontà, contro la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo.
Affinché il peccato sia mortale è necessario che l'atto compiuto sia veramente un atto umano, e cioè che proceda dalla libera volontà dell'uomo, il quale avverta chiaramente la bontà o la malizia dell'atto.
Solo allora l'uomo diventa responsabile e autore del suo atto, buono o cattivo, degno di premio o castigo. E' una grave mancanza di amore di Dio.
4) Requisiti per il peccato mortale
Per definire un peccato mortale si richiedono tre elementi:
1. la materia grave, cioè una grave trasgressione della legge;
2. la piena avvertenza della mente;
3. il deliberato consenso della volontà.
1 - La materia grave, cioè la trasgressione grave di una legge divina o umana, ecclesiale o civile. Diciamo qui di seguito le principali e più comuni trasgressioni gravi di tali leggi.
- Negare o dubitare dell'esistenza di Dio o di qualche verità di fede insegnata dalla Chiesa.
- Bestemmiare Dio, la Madonna o i Santi, proferendo, anche mentalmente, titoli ed espressioni ingiuriose.
- Non partecipare alla S. Messa alla domenica o nelle feste di precetto senza alcun motivo grave, ma solo per pigrizia, negligenza o cattiva volontà.
- Trattare in modo gravemente offensivo i propri genitori o i propri superiori.
- Uccidere una persona o ferirla gravemente.
- Procurare direttamente l'aborto.
- Commettere atti impuri: da soli con la masturbazione o in compagnia nella fornicazione, nell'adulterio, nell'omosessualità o in qualsiasi altra specie di impurità.
- Impedire, in qualsiasi maniera, la concezione, nel compimento dell'atto coniugale.
- Rubare oggetti o beni altrui di valore rilevante o sottrarli con l'inganno e il raggiro.
- Defraudare il fisco per una somma molto consistente.
- Recare un grave danno fisico o morale ad una persona con la calunnia o con la bugia.
- Coltivare pensieri e desideri impuri di quanto è proibito dal sesto comandamento.
- Compiere gravi omissioni nell'adempimento del proprio dovere.
- Ricevere un sacramento dei vivi (Cresima, Eucarestia, Unzione degli Infermi, Ordine e Matrimonio) in peccato mortale.
- Ubriacarsi o drogarsi in forma grave fino a pregiudicare le facoltà della ragione.
- Tacere in confessione, per vergogna, qualche peccato grave.
- Causare scandalo al prossimo con azioni e atteggiamenti di pesante gravità.
2 - La piena avvertenza della mente, ovvero sapere e stimare che quello che si sta per fare o per omettere è gravemente proibito o comandato, andare cioè contro la propria coscienza.
3 - Il deliberato consenso della volontà, cioè il voler fare od omettere deliberatamente ciò che si sa con chiarezza che è un male grave, che, oggettivamente, è un peccato mortale.
Per avere un peccato mortale, è necessario che questi tre elementi esistano simultaneamente in un'azione peccaminosa. Se manca anche uno solo di questi, o addirittura una parte di uno solo, per esempio non c'è l'avvertenza, oppure non c'è il pieno consenso, non abbiamo più il peccato mortale.
5) Effetti del peccato mortale
1 - Il peccato mortale priva l'anima della grazia santificante, che è la sua vita. Si chiama mortale perché rompe la relazione vitale con Dio.
2 - Il peccato mortale separa Dio dall'anima, la quale è tempio della SS. Trinità, quando è in possesso della grazia santificante.
3 - Il peccato mortale fa perdere all'anima tutti i meriti, acquistati in passato, finché viveva in grazia di Dio: vengono resi inefficaci.
"Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate..." (Ez. 18,24).
4 - Il peccato mortale toglie all'anima la capacità di compiere opere meritorie per il paradiso.
5 - Il peccato mortale rende l'anima degna dell'inferno: chi muore in peccato mortale va all'inferno per tutta l'eternità.
Chi, una volta per sempre, ha scelto Dio come supremo e unico Bene della vita, può rendersi colpevole di un vero peccato mortale, commettendo un'azione grave, oggettivamente contraria alla sua legge e, in caso di morte, meritare l'inferno, perché la sua scelta, per quanto sincera ed efficace, non può mai essere così radicale e definitiva da impedire di farne un'altra capace di annullare la precedente.
La possibilità della perversione - finché si vive - è pari a quella della conversione, anche se questa rende quella più difficile, quando è più totale e decisa. Solo dopo la morte la decisione presa durante la vita sarà irrevocabile.
Il suddetto pensiero viene confermato dalla Sacra Scrittura del A.T. in Ezechiele 18,21-28.
6) Come si può riacquistare la grazia santificante perduta con il peccato mortale
La grazia santificante (con tutto ciò che essa comporta) perduta con il peccato mortale, si può riacquistare in due maniere:
1 - con una buona Confessione Sacramentale.
2 - Con un atto di contrizione perfetta (dolore e proposito), unito al proposito di una sollecita confessione.
7) Il peccato veniale
Il peccato veniale è una disubbidienza alla legge divina o umana, ecclesiale o civile in materia leggera,o anche in materia grave, compiuta però non con la piena avvertenza della mente o non con il pieno consenso della volontà.
8) Effetti del peccato veniale
1 - Il peccato veniale intiepidisce l'amore di Dio. Il peccato veniale, anche se non toglie la grazia santificante, come il peccato mortale, tuttavia raffredda l'amicizia che c'è fra noi e Dio.
2 - Il peccato veniale priva l'anima di molte grazie che avrebbe ricevuto da Dio se non avesse peccato.
3 - Il peccato veniale dispone, gradatamente, al peccato mortale.
4 - Il peccato veniale rende l'anima degna di pene temporali da espiare o in questa vita o nell'altra in purgatorio.
9) Come si può cancellare il peccato veniale
Il peccato veniale si può cancellare in varie maniere: con il pentimento, con le buone opere (preghiere, S. Messe, S. Comunione, elemosine, opere di misericordia spirituale e corporale, ecc.) anche senza la Confessione sacramentale, e anche con la Confessione sacramentale, purché vi siano le disposizioni richieste.
10) Le varie specie di peccati
La prima e fondamentale divisione che bisogna fare fra i peccati è la distinzione fra il peccato mortale e il peccato veniale, perché fra i due c'è una differenza enorme: il primo toglie al peccatore la grazia santificante, il secondo, invece, no.
Bisogna inoltre ricordare che, come ci sono peccati veniali più o meno leggeri, al pari, esistono peccati mortali più o meno gravi e funesti.
Ecco le principali specie di peccati.
Peccati capitali:
1 - Superbia - E' un'esagerata stima di sé e delle proprie cose accompagnata da disprezzo verso gli altri.
2 - Avarizia - E' un desiderio smodato di denaro e di averi.
3 – Lussuria - E' il disordinato appetito ed uso del piacere sessuale completo.
4 – Ira - E' un impulso disordinato a reagire contro qualcuno o qualche cosa che fu occasione di patimento o contrarietà.
5 – Accidia- E' una acconsentita svogliatezza nel compimento del proprio dovere.
6 – Invidia - E' un sentimento di tristezza o dolore del bene del prossimo, considerato come male proprio.
7 – Gola - E' la ricerca eccessiva del piacere che si trova nell'uso dei cibi e delle bevande.
Peccati contro lo Spirito Santo:
1 - Disperazione della salvezza
2 - Presunzione di salvarsi senza merito
3 - Impugnare la verità conosciuta
4 - Invidia della grazia altrui
5 - Ostinazione nei peccati
6 - Impenitenza finale
Peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio:
1 - Omicidio volontario
2 - Peccato impuro contro natura
3 - Oppressione dei poveri
4 - Defraudare la mercede agli operai
4) La Grazia di Dio
La nozione della grazia in generale
La grazia di Dio (= beneficio o dono), è un'elargizione concessa da Lui gratuitamente agli uomini per puro amore. (Cfr. C.C.c. 1987-2029).
La divisione della grazia
Ci sono tre specie di grazia:
1 - grazia santificante o abituale
2 - grazia sacramentale
3 - grazia attuale
1) - La grazia santificante o abituale
E' un dono soprannaturale creato, inerente all'anima nostra, concesso da Dio agli uomini, per i meriti di Gesù Cristo. Tale dono ci rende:
I - partecipi della natura divina
II - figli adottivi di Dio
III - tempio vivo della SS. Trinità
IV - capaci di compiere opere meritorie per il Paradiso
V - ci dà il diritto alla vita eterna.
Spiegazione
La grazia santificante o abituale è un dono creato, un'elargizione che Dio ci ha concesso gratuitamente senza alcun nostro merito. La natura umana, atteso il progetto di Dio sull'uomo, ha solo la capacità di ricevere tale dono. Soprannaturale, cioè che supera tutte le forze della nostra natura umana. Noi non saremmo mai stati capaci di meritare questo dono e perciò Dio ce lo ha concesso gratuitamente per puro suo amore di benevolenza. Se Dio avesse voluto destinare l'uomo al solo fine naturale, perché vi giungesse non sarebbe stato necessario un aiuto speciale, straordinario, soprannaturale, perché a ciò sarebbero state sufficienti le forze naturali. Se Dio invece avesse voluto destinare l'uomo ad un fine soprannaturale, del tutto superiore alle sue forze, in questo caso sarebbe stato assolutamente necessario l'aiuto straordinario soprannaturale di Dio.
Portiamo due esempi.
Io posso esigere che uno, avendo gli occhi sani, veda le cose che si devono vedere, ma se io esigo che veda i microbi, che si muovono in una goccia d'acqua, io dovrò dargli il microscopio. Io posso esigere che uno, in un' ora, faccia a piedi cinque chilometri di strada, ma se pretendo che in un'ora ne faccia cento, dovrò dargli un'auto o altro mezzo veloce. Dio, pertanto, per elevarci allo stato soprannaturale, ci ha dato un mezzo adeguato, la grazia santificante. Inerente all'anima nostra, cioè un dono che pervade l'anima, una qualità congiunta alla sostanza dell'anima,che la trasforma e la eleva in uno stato nuovo.
La grazia è, per natura sua, permanente nell'anima (abituale) e sta in noi finché non la perdiamo, commettendo un peccato mortale. Con la grazia, che si dice santificante, perché fa santo chi la possiede, vengono all'anima anche le virtù teologali e cardinali infuse e i doni dello Spirito Santo.
Concesso agli uomini da Dio per i meriti di Gesù Cristo. Dio avrebbe potuto darci la grazia direttamente; invece, dopo. il peccato, ha, voluto concederla per mezzo dei meriti di Gesù Cristo, che Egli ha acquistato, per tutti gli uomini, durante tutta la sua vita terrena. Questa grazia viene distribuita alle singole anime attraverso i sacramenti, secondo le disposizioni di ciascuno.
I - La grazia santificante (abituale) è un dono che ci rende partecipi della natura divina.
Con la grazia noi partecipiamo alla vita di Dio. Partecipare alla vita di Dio non significa essere uguali a Dio, perché Dio è uno solo, ma significa avere una divina somiglianza, impressa da Dio nell'anima nostra. La grazia è come una nuova vita innestata nella vita naturale; questa non è distrutta. né assorbita dalla grazia. Come l'innesto non cambia la natura della pianta, ma le comunica una vita nuova e i frutti dei rami superiori innestati sono frutti della vita nuova aggiunta; quelli dei rami inferiori, invece, sotto l'innesto sono frutti della vita vecchia.
Ecco perché l'uomo della grazia è chiamato uomo nuovo, uomo dello spirito, mentre invece è chiamato uomo vecchio, uomo del senso, quello che non ebbe la vita della grazia (Cfr. Gv. 15, 1-2 e 4-8)
II - Ci rende figli adottivi di Dio
La grazia non solo ci rende giusti, santi e perciò amici di Dio, ma addirittura ci fa diventare suoi figli adottivi, non naturali, perché solo il Verbo è Figlio naturale del Padre. Adottare significa assumere gratuitamente quale figlio una persona estranea con il diritto all'eredità. Per l'adozione si richiedono tre condizioni:
a) assumere gratuitamente quale figlio una persona;
b) questa persona deve essere estranea, cioè non deve essere già figlio dell'adottante;
c) l'adottato deve essere della stessa natura dell'adottante. L'uomo, per esempio, non può adottare come figlio un cavallo, perché questo non è della stessa natura dell'uomo e perciò non è capace di diritti. Nei riguardi di Dio a noi mancava l'identità di natura per essere assunti come figli adottivi e allora Dio ha supplito creando il dono della grazia per mezzo del quale noi veniamo a partecipare della sua stessa vita divina e abbiamo quindi la possibilità di essere adottati da Lui.
III - Ci rende tempio vivo della SS. Trinità
Dio, donandoci la grazia, ci ha amato così tanto che ha voluto, non solo renderci partecipi della sua stessa natura, farci suoi figli adottivi, ma ha voluto anche prendere la sua dimora nella nostra anima.
S. Paolo insegna così tale verità: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito divino abita in voi?" (I Coro 3,16). .
Giovanni: "Se uno mi ama osserverà le mie parole, e il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui, e in lui faremo dimora" (Gv. 14,23).
IV - Ci rende capaci di compiere opere meritorie per il Paradiso
L'uomo, in grazia di Dio, ha la possibilità di aumentare il grado di grazia ricevuto dal Creatore mediante le opere buone. Affinché l'uomo possa meritare l'aumento della grazia è necessario che sia in possesso della grazia santificante e che lo sia in vita, perché dopo la morte non può più meritare; che l'azione che compie sia moralmente buona (cioè conforme per l'oggetto, l'intenzione, le circostanze alla legge di Dio), libera (cioè compiuta liberamente senza alcuna costrizione) e soprannaturale (cioè compiuta per un motivo soprannaturale).
Con l'aumento dei meriti, l'uomo aumenta la grazia e la corrispondente gloria celeste.
V - Ci dà il diritto alla vita eterna
Se moriamo in grazia di Dio abbiamo il diritto alla vita eterna.
Abbiamo detto che con la grazia Dio ci ha fatto suoi figli adottivi. Il diritto principale dei figli adottivi è quello dell'eredità del Padre, e Dio, nostro Padre, ci dà in eredità il suo regno, se stesso, la vita eterna, il Paradiso.
VI - Come si acquista la grazia santificante
Il bambino acquista la grazia santificante con il Santo Battesimo. L'adulto, non battezzato, acquista la grazia santificante oltre che con il Santo Battesimo, ricevuto con le dovute disposizioni, anche con la sola intenzione di ricevere il Battesimo, unita al pentimento (dolore perfetto e proposito) dei propri peccati mortali.
VII - Come si perde la grazia santificante
La grazia santificante si perde con il peccato mortale.
VIII - Come si riacquista la grazia santificante
La grazia santificante, perduta con il peccato mortale, si riacquista oltre che con il sacramento della
Confessione, ricevuto con la dovuta disposizione, anche con la sola intenzione di accostarsi, appena possibile, alla Confessione, unita al pentimento (dolore perfetto e proposito) dei propri peccati mortali.
IX - Necessità della grazia santificante
La grazia santificante è assolutamente necessaria, al momento della morte, per conseguire il Paradiso. Inoltre la grazia è necessaria per poter meritare in ordine alla vita eterna; anche le opere più ordinarie,
compiute in virtù della grazia, acquistano meriti per il Paradiso.
2) - La grazia sacramentale
E' quel complesso di aiuti speciali (grazie attuali)che ciascun sacramento concede al momento opportuno (oltre alla grazia santificante o al suo accrescimento), per conseguire il fine proprio per cui ciascun sacramento è stato istituito.
3) - La grazia attuale
E' un aiuto soprannaturale e transitorio che Dio ci dà per illuminare la nostra intelligenza e fortificare la nostra volontà, affinché possiamo compiere il bene ed evitare il male, compiere cioè atti soprannaturali. La grazia attuale è assolutamente necessaria all'uomo per ottenere la giustificazione e la grazia santificante; è necessaria al fedele cristiano, caduto in peccato mortale, per convertirsi e riacquistare la grazia santificante ed è anche necessaria al giusto per ottenere la perseveranza finale e la salvezza eterna. Con le nostre opere buone e con la preghiera noi non meritiamo la grazia in senso rigoroso, ma ci disponiamo, la meritiamo in senso di convenienza in quanto Dio ascolta chi lo prega, si compiace di chi fa, o vuole fare il bene e chiede la sua grazia, la perseveranza e la vita eterna.
Distribuzione della grazia
Dio non distribuisce a tutti gli uomini la grazia nella stessa misura, ma ad alcuni dà di più, ad altri di meno, secondo un suo progetto misterioso di amore. Tutto ciò fa parte dei suoi imperscrutabili disegni divini. Agendo così, Dio non reca ingiuria ad alcuno, perché dei suoi doni egli può fare quello che vuole. Questo è certo: Dio concede a tutti la grazia necessaria, sufficiente, e molto spesso anche sovrabbondante, perché tutti possano salvarsi.
Se la salvezza dipendesse solo dalla grazia, tutti gli uomini si salverebbero, ma la salvezza dipende dalla grazia e dalla libera e generosa corrispondenza dell'uomo.
La grazia e la libertà
La grazia rispetta pienamente la libertà umana, alla quale Dio non fa violenza. Dio vuole la salvezza di tutti, ma esige che tutti si salvino aderendo in piena libertà al Suo disegno di salvezza; perciò a tutti propone la via del bene, mediante la grazia, ma tutti possono anche rifiutarla, e percorrere quella del male, che conduce alla rovina e alla perdizione.
La grazia e la Confessione
Tutti i sacramenti producono o aumentano la grazia santificante e ogni sacramento conferisce pure una grazia specifica o sacramentale, che è un sicuro aiuto divino per conseguire il fine speciale per cui è stato istituito ogni sacramento. Inoltre, il diverso grado delle disposizioni soggetti ve nell'adulto importa anche una misura diversa di grazia prodotta dal sacramento.
L'effetto principale della Confessione Sacramentale è la riconciliazione del peccatore con Dio, che elargisce la remissione dei peccati, mediante l'infusione della grazia santificante. Questa viene restituita o, se
non era perduta per il peccato mortale, aumentata.
Con la colpa è anche rimessa la pena eterna, men tre le pene temporali non sempre vengono rimesse completamente. Con la grazia santificante (restituita o aumentata) viene concessa anche la grazia sacramentale (ci aiuta a produrre veri frutti di penitenza e ad evitare in avvenire i peccati) e la reviviscenza dei meriti perduti con il peccato mortale. Il sacramento della confessione produce inoltre, come effetto secondario, grande pace e serenità della coscienza e profonda consolazione spirituale.
5) L'istituzione della Confessione Sacramentale
Gesù Cristo istituì il Sacramento della Penitenza
La Confessione Sacramentale (Sacramento della Penitenza o della Riconciliazione) fu istituita da Gesù Cristo, come Figlio di Dio e Redentore di tutti gli uomini (c.c.C. 1440-1449). Il Verbo, obbediente al Padre, assunse la natura umana per redimere e salvare il genere umano. Dal primo istante della sua concezione nel seno purissimo di Maria SS. fino all'ultimo respiro sul calvario, Egli celebrò la Sua Messa, che offrì al Padre per espiare i peccati di tutti gli uomini passati, presenti e futuri. L'opera redentrice di Cristo diventa efficace solo quando a questa si unisce la cooperazione di ogni singola anima con il pentimento e la conversione.
Tutte le grazie che Gesù acquistò durante la sua vita terrena, vengono distribuite ai singoli uomini, secondo le disposizioni di ciascuno, attraverso il ministero della Chiesa: attraverso l'azione degli Apostoli e dei sacerdoti per mezzo della predicazione della Parola di Dio e dell'amministrazione dei Sacramenti: specialmente del Battesimo e della Penitenza.
Il potere della Chiesa di rimettere i peccati
1 - Dio solo può rimettere i peccati."Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?"(Mc.2,7). Poiché Gesù è il Figlio di Dio, Egli dice di se stesso: "Il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati" (Mc. 2,10).
Gesù esercita questo potere divino: "Figliuolo, ti sono rimessi i tuoi peccati" (Mc. 2,5). Gesù promette a Pietro e a tutti gli Apostoli il potere di legare e di sciogliere sulla terra. "E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt. 16, 18-19). "In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo" (Mt. 18,18).
2 - Gesù in virtù della sua autorità divina, concede agli Apostoli e ai loro successori il potere di rimettere i peccati, affinché lo esercitino nel suo nome. "Gesù disse loro di nuovo: 'Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi '. Dopo aver detto questo alitò su di loro e disse: 'Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi'" (Gv. 20, 21-23).
La remissione dei peccati, compiuta dalla Chiesa per mezzo dei suoi sacerdoti, è uguale a quella di Cristo, di Dio e cioè, non una semplice copertura della colpa o un semplice condono della pena, ma una reale cancellazione del peccato. Il Concilio di Trento, infatti, dichiarò contro i riformatori che Cristo diede agli Apostoli e ai loro legittimi successori la potestà di rimettere e ritenere i peccati, per riconciliare con Dio i fedeli caduti dopo il Battesimo.
Il potere di perdonare i peccati comprende non la semplice facoltà di predicare il vangelo della remissione dei peccati, come spiegavano i riformatori, ma quella di rimetterli realmente. (Conc. Trid., sesso XIV, C. I DS. 1668, 1703).
3 - La Chiesa ha sempre avuto la coscienza di avere il potere di rimettere i peccati commessi dopo il Battesimo, anche se nei primi secoli ha esercitato questo potere con una certa severità. Il potere della Chiesa di rimettere i peccati è vero: con l'assoluzione della Chiesa i peccati vengono veramente ed immediatamente rimessi davanti a Dio. Universale: il potere di perdonare si estende a tutti i peccati senza eccezione, supposte le disposizioni del penitente. Esercitato in forma giudiziaria: l'esercizio del potere di perdonare i peccati è un atto giudiziario.
Tre sono le esigenze essenziali di un atto giudiziario:
1 - l'autorità giudiziaria: il sacerdote confessore;
2 - la cognizione della causa: la manifestazione dei peccati nella confessione;
3 - la sentenza: l'assoluzione.
Il giudizio si ha nel rimettere o ritenere i peccati: la sua applicazione non può essere arbitraria, ma deve conformarsi alla norma oggettiva della legge di Dio e alle disposizioni del penitente.
Cenni storici della Confessione Sacramentale
La Chiesa nel corso dei secoli ha esercitato il potere di rimettere i peccati in diversi modi: la forma concreta, la Penitenza - Sacramento, ha subito diverse variazioni (c.C.C. 1447).
Tale evoluzione, piuttosto complessa, si può dividere in tre periodi:
1) la penitenza antica (dalle origini alla fine del VI sec.);
2) la penitenza tariffata (dal sec. VII alla fine del sec. XII);
3) la penitenza attuale (dal sec. XIII ai nostri giorni).
Esaminiamo questi tre momenti.
1) La penitenza antica(Dalle origini alla fine del sec. VI)
Nella Chiesa il cristiano che ha peccato gravemente dopo il Battesimo conserva la possibilità di fare penitenza (che si chiama "antica" o "pubblica" o “canonica" o "ufficiale" o anche "ecclesiastica") e di ottenere il perdono.
I peccati veniali si possono cancellare privatamente con preghiere ed opere buone. Anche nei primi tempi non sono rari i peccati gravi fra i cristiani. La fonte di queste liste di peccati si trova negli elenchi neotestamentari e negli scritti dei Padri Apostolici: impurità, specialmente adulterio e fornicazione, omicidio, aborto, apostasia, idolatria, magia, furto, ubriachezza, ecc.
Per tutti questi peccati, senza alcuna eccezione, la Chiesa ha sempre concesso il perdono e combattuto gli eretici (Montano, Novaziano, ecc.), che lo negavano per i più gravi: omicidio, adulterio e apostasia. Non esistono peccati irremissibili. Anche ai "Lapsi" (cristiani che durante le persecuzioni, per timore, avevano prestato culto agli dei), seppure con prudenza - per la delicata e difficile situazione del momento - veniva concesso il perdono. E' opportuno ora chiarire alcune espressioni neo testamentarie.
Il peccato contro lo Spirito Santo: in Mt. 12, 31 32. Gesù dice che non sarà perdonato il peccato contro lo Spirito Santo. Il peccato contro lo Spirito Santo è il peccato di colui che si ostina nel male ed è sordo alla voce dello Spirito Santo, che lo chiama alla conversione. Tale peccato non sarà perdonato non perché Dio non voglia perdonarlo, ma perché il peccatore non vuole chiedere il perdono e rifiuta ogni via di salvezza.
Il peccato di apostasia: in S. Paolo, Ebr. 6, 4-6. L'Apostolo dice che è impossibile che si rinnovino un'altra volta con la penitenza coloro che sono caduti nel peccato di apostasia.
Secondo il pensiero degli esegeti e dei teologi quell'"impossibile" ha il senso dell'impossibilità morale e sta per "difficilissimo", dal momento che essi hanno disprezzato tante grazie divine, cadendo pertanto nel peccato contro lo Spirito Santo, visto sopra.
Il peccato che" conduce alla morte": in 1 Gv. 5,16. Secondo S. Giovanni il peccato che conduce alla morte è il peccato di colui che non ha la fede. Spiega quanto detto con altre espressioni: "Chi crede in me ha la vita eterna" (Gv. 6,47)."Chi non crede è già condannato" (Gv. 3,18).
E' il peccato dell'infedeltà, di colui che non vuol credere e quindi diventa il peccato contro lo Spirito Santo, come sopra.
Continuiamo ad analizzare l'iter della penitenza antica. Diciamo subito: è molto duro, lungo e penoso.
Il cristiano, reo di peccati gravi, commessi dopo il Battesimo, per riconciliarsi con Dio e con la Chiesa, deve entrare nella penitenza canonica, l'iter della quale è il seguente.
Il peccatore contrito si iscrive nella lista dei penitenti; viene separato dalla "communio" con la Chiesa ed escluso dalla partecipazione eucaristica. Fa la sua confessione segreta al Vescovo, il quale gli impone gli atti di penitenza da compiere, . che, ordinariamente, sono: la preghiera prolungata, il portare il cilicio, il piangere i propri peccati, il digiuno, le elemosine ai poveri, il prostrarsi a terra, il vestire poveramente, il raccomandarsi alla preghiera dei sacerdoti e dei fedeli, ecc. Tali atti penitenziali devono essere compiuti in pubblico, ecco perché questa penitenza si chiama pubblica.
Dovrà però esprimere i sentimenti di un pentimento interiore. Queste pratiche penitenziali, in un primo momento, si svolgono fuori dal portico del tempio, in seguito il penitente potrà partecipare in chiesa all'Eucarestia, però solo fino alla liturgia dei catecumeni.
La durata della penitenza pubblica dipende dalla gravità e quantità dei peccati commessi e confessati; si parla anche di due, cinque, sette, dieci e più anni. Il rito della penitenza pubblica iniziava con la Quaresima e i penitenti che avevano concluso il loro iter penitenziale venivano riconciliati solennemente dal Vescovo il Giovedì (o venerdì) Santo con una preghiera deprecativa. La formula iudicativa (cioè, "io ti assolvo") si troverà solo verso il 1250. Il riconciliato riceveva il perdono dei propri peccati da parte di Dio, la pace della Chiesa e poteva accedere al banchetto eucaristico. La penitenza pubblica non si poteva ripetere,secondo il principio: "Come vi è un solo Battesimo, così vi è una sola Penitenza".
I recidivi però che ricadevano in peccati gravi dopo la penitenza canonica non erano abbandonati dalla Chiesa: in punto di morte essa concedeva loro l'assoluzione privata e il viatico. Inoltre, quando per qualche ragione non era possibile praticare la penitenza pubblica, si poteva, sempre privatamente, ottenere il perdono dei peccati gravi con il dolore perfetto.
Il peccatore, dopo la riconciliazione, rimaneva segnato per tutta la vita: non poteva sposarsi o risposarsi, vivere una vita coniugale, prestare servizio negli uffici amministrativi o nell'esercito, entrare nello stato ecclesiastico, ecc.
Stando così le cose la penitenza antica rimaneva inaccessibile ai giovani, a tutti quelli che non erano nella possibilità di soddisfare alle condizioni richieste e a tutti quelli che temevano, per l'avvenire, una ricaduta. Erano esclusi anche i chierici per la condizione del loro stato. Di fatto, i fedeli fuggivano la penitenza e si facevano riconciliare solo in punto di morte, per cui l'assoluzione nei primi secoli era diventata il sacramento dei moribondi.
Per questi si usava un procedimento penitenziale straordinario. Si imponeva la penitenza al malato grave, non richiedendo nessun tirocinio nell'ordine dei penitenti, e si concedeva subito la riconciliazione privata e il viatico. Se poi l'ammalato guariva, doveva compiere l'iter penitenziale comune e, alla fine, riceveva la riconciliazione solenne. Oltre alla penitenza ufficiale, altri due mezzi potevano procurare ai peccatori il perdono dei peccati gravi commessi dopo il battesimo: la professione monastica (entrare in religione) o farsi conversi. Questi ultimi potevano continuare ad attendere alle solite occupazioni nel mondo: l'essenziale era che conducessero una vita mortificata, esercitando la castità perfetta. Si potevano assimilare ad una specie di terzo ordine religioso. L'abbracciare la vita monastica o farsi conversi significava ricevere un "Secondo Battesimo".
2) La penitenza tariffata (dal sec. VII al sec. XII)
Tale penitenza ha origine nei monasteri d'Irlanda,d'Inghilterra o di Scozia verso la fine del Sec. VI. Essa consiste nella tassazione precisa delle colpe: per ogni peccato è stabilita una penitenza ben determinata. Le tasse penitenziali, più o meno severe, sono le seguenti: mortificazioni corporali, veglie prolungate, recita di preghiera, specialmente di salmi, digiuni di diversi giorni o addirittura di qualche anno, elemosine da dare alla Chiesa o ai poveri, pellegrinaggio alla tomba di qualche santo, ecc. Esistevano anche le equivalenze penitenziali: certe penitenze si potevano commutare con denaro o con Sante Messe da far celebrare. Queste tariffe penitenziali sono conservate nei libri, detti "Penitenziali"; le tariffe variano a seconda dei libri penitenziali. I più celebri sono: Penitenziale di Vinniano (sec. VI), di S. Colombano (+615), di Commeano (sec. VII), di Teodoro (690-740), di Beda Venerabile (+735). Nel sec. VIII i missionari, venuti dalle isole sopra ricordate e soprattutto S. Colombano e i suoi discepoli, hanno trasportato sul continente con i Penitenziali anche la relativa prassi penitenziale.
Il peccatore va dal confessore ogni volta che ha peccato e fa la sua confessione dettagliata oppure il confessore interroga il penitente seguendo il penitenziale che ha tra mano, impone le relative penitenze stabilite, che si addizionano secondo il numero e la gravità dei peccati commessi. Il penitente si ritira; compie le penitenze imposte e ritorna una seconda volta presso il suo confessore per ricevere l'assoluzione.
Questo termine finisce per sostituire quello antico di riconciliazione. Quando il peccatore è ammalato, o secondo i termini di certi penitenziali, talmente rozzo e grossolano da non capire, oppure quando la strada è troppo lunga o la stagione è rigida, il confessore, dopo la confessione, recita subito le preghiere dell'assoluzione. A questo tipo di penitenza possono accedere laici e chierici. Tale prassi penitenziale andò pian piano diffondendosi per tutta la Chiesa occidentale. Nel periodo carolingio (nell' 800) viene in uso un'altra prassi: per un peccato grave pubblico, che ha recato scandalo: penitenza pubblica, secondo il modo antico; per un peccato grave occulto( penitenza segreta, cioè compiuta seguendo il sistema della penitenza tariffata. La penitenza pubblica antica va lentamente scomparendo.
3) La penitenza attuale (dal sec. XIII ai nostri giorni)
La penitenza antica, come si è visto, è difficile a praticarsi e pochi sono quelli che la utilizzano, per cui rapidamente si diffonde la penitenza tariffata privata alla quale uno può ricorrere tante volte quante ha peccato. Inoltre a questa tutti possono accedere, laici e chierici. Nel sistema tariffato la confessione o accusa delle colpe, ha il significato di un mezzo indispensabile per permettere la tassazione, ma solo un mezzo, in quanto l'espiazione rimaneva l'essenziale. Da questo modo di pensare si passa lentamente a considerare la confessione o accusa delle colpe, un atto di espiazione 'in quanto rappresenta una vergogna, un atto di umiliazione, per cui si ha un' altra modifica nel processo penitenziale. Con la confessione l'espiazione (insieme con la penitenza imposta da compiere accettata), è già compiuta, almeno in parte, e pertanto non c'è più motivo per procrastinare il perdono e l'assoluzione. I rimanenti atti penitenziali imposti dal confessore si possono fare in un secondo momento.
Per seguire questo metodo penitenziale, si rendono utili dei libri detti: "Summae casuum" (o "Summae Confessorum"), che sono brevi manuali, teoretici e pratici, con la soluzione di casi di coscienza e con diretti ve asceti che destinate ai sacerdoti addetti alla confessione sacramentale. La prima di queste "Summulae" è di S. Raimondo de Penafort (1175-1275). Usando questo processo penitenziale la confessione non solo è permessa una volta solo in vita, come per la penitenza pubblica antica, ma, addirittura, viene consigliata: due o tre volte all'anno (Natale, Pasqua e Pentecoste) o anche più spesso, finché si arriva al Concilio Lateranense IV (1215), che stabilisce la seguente norma: "Ogni fedele dell'uno o dell'altro sesso, raggiunto l'uso della ragione, confessi fedelmente i suoi peccati al suo sacerdote, almeno una volta l'anno e procuri di compiere la penitenza che gli è stata imposta..." (Conc. Lat: IV, DS. 812). La penitenza in questo periodo viene studiata da celebri teologi, le conclusioni dei quali serviranno per le Definizioni Dogmatiche del Concilio di Trento. (Cfr. Conc. Trid., Sesso XIV, DS. 1667-1692 e 1701-1715). Noi, attualmente, usiamo le norme della confessione sacramentale fissate da quel Concilio.
Solo ultimamente la Sacra Congregazione per il Culto Divino, in ossequio al mandato ricevuto dal Concilio Vaticano II, il 2 dicembre 1973 ha pubblicato il nuovo "Ordo Paenitentiae" per facilitare ai fedeli la comprensione della natura e dell'efficacia della confessione sacramentale. Questo nuovo "Ordo" stabilisce tre nuovi modi per il rito del Sacramento della Penitenza.
1 - Il Rito per la riconciliazione dei singoli penitenti.
2 - Il Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e assoluzione individuale.
3 - Il Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e assoluzione generale, secondo le norme stabilite dai cann. 961-963 del Codice di diritto canonico.
Queste innovazioni, che spiegheremo più avanti, sono chiarificatrici del Sacramento e si attengono alla dottrina insegnata dal Concilio di Trento. Concludendo, ci sembra di dover dire che nel considerare le varie fasi dell'evoluzione del Sacramento della Penitenza lungo il corso dei secoli, forse siamo stati turbati da qualche perplessità. Come mai la Chiesa si è manifestata, specialmente nei primi tempi, così severa nel rimettere ai fedeli pentiti i peccati gravi, commessi dopo il Battesimo, e, in seguito, ha modificato la sua prassi, adottando un atteggiamento di maggior indulgenza? La spiegazione trova un fondamento nel progressivo approfondimento dogmatico delle parole di Gesù: "Il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre vi manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi farà ricordare tutto quello che io vi ho detto" (Gv. 14,26). La definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione di Maria (Pio IX, 8 dicembre 1854) e quella della sua gloriosa Assunzione al Cielo in anima e corpo (Pio XII, I novembre 1950) sono chiari esempi di progresso dogmatico nella Chiesa.
6) La Celebrazione della Confessione Sacramentale
Per l'amministrazione del Sacramento della Penitenza la Sacra Congregazione per il Culto Divino ha preparato l' "Ordo Paenitentiae", pubblicato il 2 dicembre 1973 (Traduzione italiana: "Rito della Penitenza" della Conferenza Episcopale Italiana - c.E.I. - del 21 aprile 1974).
In questo sono previsti tre riti per la sua celebrazione:
1) rito per la riconciliazione dei singoli fedeli;
2) rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l'assoluzione individuale;
3) rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l'assoluzione generale (C.C.C. 1480 1484). Esaminiamo i tre riti.
1) Rito per la riconciliazione dei singoli penitenti ("Rito della Penitenza" pp. 41-52)
"La confessione individuale e integra e l'assoluzione, costituiscono l'unico modo ordinario con cui il fedele, consapevole di peccato grave, è riconciliato con Dio e con la Chiesa; solamente una impossibilità fisica o morale scusa da una tale confessione, nel qual caso la riconciliazione si può ottenere anche in altri modi" (Can. 960).
1 - "Il luogo proprio per ricevere la Confessione 'Sacramentale è la Chiesa e l'oratorio" (Can. 964, par. 1).
2 - La sede per le confessioni è il confessionale con o senza grata. Si deve dare al fedele la possibilità di scegliere.
La Conferenza Episcopale può stabilire che le confessioni si ricevano in sacrestia o in un luogo apposito (Penitenzieria), nel quale siano più facili il dialogo e il rapporto personale (Cfr. can. 964 par. 2).
Per una giusta causa le confessioni possono essere ricevute anche fuori dai suddetti ambienti, senza alcuna distinzione fra uomini e donne, (Cfr. 964, par. 3), purché siano luoghi adatti e dignitosi per un sacramento.
3 - Il tempo per la Confessione Sacramentale è libero: questa si può fare in qualsiasi giorno e ora. Conviene però che i fedeli conoscano il giorno e l'ora in cui il sacerdote è disponibile per l'esercizio di questo ministero. E' opportuno che i fedeli si confessino - secondo le possibilità - fuori della celebrazione. della Messa e, preferibilmente, in ore stabilite. E' bene accostarsi al Sacramento della Penitenza in occasione delle feste più solenni dell'anno liturgico e specialmente in Quaresima e a Pasqua. Possibilmente non si lasci passare il mese. Quando però è stato commesso qualche peccato grave: ci si penta subito e quanto prima ci si accosti alla Confessione Sacramentale. "Ogni fedele, raggiunta 1'età della discrezione, è tenuto all'obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta all'anno" (Can. 989).
4 - La veste liturgica per il sacerdote, nella confessione individuale in luogo sacro, è la stola di colore violaceo.
5 - L'inizio del rito della Confessione Sacramentale si ha quando il confessore con un saluto cristiano, per esempio "Sia lodato Gesù Cristo", R. "Sempre sia lodato", accoglie il penitente con il quale fa il segno della Croce: "Nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo. Amen". Quindi il sacerdote chiederà a quanto tempo risale l'ultima confessione e inviterà il penitente all'accusa delle colpe commesse: se ne ravvisa il caso, il sacerdote aiuterà il fedele con chiara delicatezza, per l'integrità della confessione.
Terminata l'accusa, il confessore farà un'esortazione, breve o lunga secondo la necessità (tenendo presente la quantità di coloro che attendono), con consigli idonei che abbiano relazione con i peccati confessati e che preparino il penitente alla contrizione e a ricevere il perdono del Signore. Quindi gli imporrà la soddisfazione (leggera per peccati veniali e grave per peccati mortali) e, dopo che avrà accettato la penitenza, lo esorterà a manifestare il suo pentimento con un "atto di dolore" che potrebbe essere espresso con la seguente formula (o con qualche altra simile): "Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi, e molto più perché ho offeso te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo con il tuo santo aiuto di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato, Signore, misericordia, perdonami". Può essere recitata qualsiasi altra formula di pentimento, purché sia, più che di parole, di sentimenti di dolore dei peccati commessi e confessati. A questo punto il sacerdote pronuncerà la formula dell'assoluzione: "Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del Suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace.
E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo" R. "Amen". Dopo l'assoluzione il sacerdote congederà il penitente con il seguente saluto (o altro simile): "Va in pace! Sia lodato Gesù Cristo" R. "Sempre sia lodato".
6 - L'assoluzione dalla censura
Quando il sacerdote, a norma del diritto, assolve un penitente da qualche censura nel Sacramento della Penitenza, basta che il confessore intenda assolvere anche da questi peccati riservati il penitente ben disposto. Quando invece assolve un penitente dalla censura fuori del Sacramento della penitenza, userà la seguente formula:
"In forza del potere a me concesso, io ti assolvo dal vincolo di scomunica (o sospensione o interdetto), nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo" R. "Amen".
7 - La dispensa dall'irregolarità
Il sacerdote che, a norma del diritto, dispensa il penitente, incorso in qualche irregolarità, sia in confessione, dopo l'assoluzione, sia fuori dal sacramento della penitenza, dice: "In forza del potere a me concesso, io ti dispenso dall'irregolarità in cui sei incorso. Nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo" R. "Amen".
8 - Rito abbreviato
I - Quando una necessità pastorale lo richiede, il sacerdote può omettere o abbreviare alcune parti del rito, purché siano sempre conservate integre: la confessione dei peccati e l'accettazione della soddisfazione, l'invito alla contrizione e la formula dell' assoluzione e quella del congedo.
II - In caso di pericolo di morte imminente, basta che il sacerdote pronunzi le parole essenziali dell'assoluzione, cioè: "lo ti (vi) assolvo dai tuoi (vostri) peccati, nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo". R. "Amen".
2) Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l'assoluzione individuale ("Rito della Penitenza" pp. 53-95)
Quando più penitenti si riuniscono per la confessione sacramentale, è bene che si preparino insieme con una celebrazione della Parola di Dio. La preparazione si svolge come segue.
1 - Riti iniziali
Si incomincia con un canto adatto. Il sacerdote saluta i fedeli: pronuncia una breve introduzione con indicazioni pratiche e recita una preghiera. .
2 - Celebrazione della Parola di Dio
Si proclamano più letture (due o tre), tra l'una e l'altra si inseriscono un salmo o un altro canto adatto o una pausa di silenzio. Se si sceglierà una sola lettura, è bene trarla dal Vangelo. Il criterio di scelta dovrà tenere presente il tema della conversione, del mistero della riconciliazione e del giudizio di Dio sul bene e sul male operato dagli uomini. Tali temi serviranno per preparare i fedeli all' esame di coscienza.
3 - L'omelia
L'omelia deve prendere lo spunto e portare i fedeli all'esame di coscienza e al pentimento, mettendo in rilievo:
I - l'infinita misericordia di Dio;
II - la necessità della penitenza interiore;
III - l'aspetto sociale della grazia e del peccato;
IV - l'impegno della nostra soddisfazione personale.
4 - Esame di coscienza
Terminata l'omelia, è opportuno lasciare una pausa di silenzio, perché ciascuno faccia il suo esame di coscienza, oppure si possono intercalare alcune brevi frasi per suggerire ai fedeli spunti di ricerca dei propri peccati. E' chiaro che in questi esami di coscienza bisogna tener presente l'età e la condizione dei fedeli presenti.
5 - Confessione generale dei peccati
All'invito del sacerdote, tutti insieme recitano la formula della confessione generale e, quindi, la preghiera litanica e alla fine si dice il "Padre nostro".
6 - Confessione e assoluzione individuale
A questo punto i sacerdoti si distribuiscono nei luoghi predisposti e ascoltano la confessione dei penitenti, fanno loro un'opportuna esortazione e impongono la penitenza da compiere. Dopo che il fedele ha accettato la soddisfazione, il confessore pronuncia la formula dell'assoluzione come per un singolo penitente, come visto sopra.
7 - Ringraziamento
Terminate le confessioni, i sacerdoti ritornano in presbiterio. Colui che presiede invita tutti a ringraziare. il Signore con un salmo, un inno o una preghiera litanica e, infine, recita una preghiera a onore e a lode di Dio.
8 - Rito di conclusione
Il sacerdote benedice i presenti e congeda l'assemblea con il saluto: "Il Signore vi ha perdonato. Andate in pace ". R. "Rendiamo grazie a Dio ".
3) Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l'assoluzione generale ("Rito della Penitenza" pp. 97-100)
Disciplina dell'assoluzione generale
Per particolari circostanze, talvolta, è lecito o addirittura necessario impartire l'assoluzione in forma collettiva a più penitenti, senza la previa confessione individuale. Si potrà far questo solo nei casi previsti dal Codice di Diritto Canonico (Cfr. cann. 961-963).
Esaminiamo tali casi.
1- Quando sia imminente un pericolo di morte ed il sacerdote o i sacerdoti a disposizione non abbiano il tempo sufficiente per ascoltare le confessioni dei singoli penitenti (Cfr. Can. 961, par. 1, n. 1).
2 - Quando vi sia una grave necessità.
Esiste la grave necessità quando simultaneamente i verificano le seguenti circostanze:
I - elevato numero di penitenti;
II - scarso numero di confessori, che possono ascoltare, come si conviene, le confessioni dei singoli, entro un tempo conveniente;
III - si richiede inoltre che questi penitenti, senza loro colpa, debbano per lungo tempo (cioè almeno per un anno (Cfr. can. 920, par. I) rimanere privi della grazia sacramentale o della S. Comunione. Questo può avvenire, soprattutto, nelle terre di missione, dove i fedeli sono visitati dal sacerdote rarissimamente e dove c'è grande scarsità di mezzi di comunicazione per andare a confessarsi.
Non si considera poi grave necessità, quando non possono essere a disposizione dei confessori, per la sola ragione di una grande affluenza di penitenti, quale può aversi in occasione di una grande festa o di un pellegrinaggio, perché ordinariamente questi penitenti,. volendolo, possono accostarsi alla confessione, in un tempo relativamente breve, e cioè, molto tempo prima di un anno. (Cfr. can. 961, par. 1, n. 2).
3 - Giudizio riservato al Vescovo Spetta al Vescovo diocesano, nell'ambito della sua diocesi, giudicare se ricorrano le condizioni richieste di vera necessità, tenuto però conto dei criteri concordati con gli altri membri della Conferenza Episcopale. La Conferenza Episcopale Italiana ha dichiarato che, attualmente, in Italia non si verificano casi di necessità tali da autorizzare l'assoluzione generale; non è permesso ai sacerdoti l'uso di questa terza forma di riconciliazione, eccetto nel pericolo di morte. (Cfr. Can. 961, par. 2 e anche Istr. "Sacramentum Paenitentiae" della S.c. per la Dottrina della Fede del 16 giugno 1972).
4) Rito dell'assoluzione generale
Constatata l'esistenza delle circostanze richieste per dare l'assoluzione generale, si procede al relativo
rito. Tale celebrazione si svolge come quella per più penitenti con la confessione e l'assoluzione individuale, con le seguenti varianti. Terminata l'omelia o nel corso della stessa, si avvertano i fedeli, desiderosi di ricevere l'assoluzione generale, che vi si dispongano a dovere. Ognuno si penta dei peccati commessi, proponga di evitarli, intenda riparare gli scandali e i danni eventualmente provocati, e si impegni inoltre a confessare a tempo debito (nella prima confessione individuale) i singoli peccati gravi, di cui al momento non può fare l'accusa. Venga infine proposta una soddisfazione, che tutti dovranno accettare e compiere. (Cfr. Can. 962, par. 1).
"...Colui al quale sono rimessi i peccati gravi mediante l'assoluzione generale, si accosti quanto prima, offrendosene l'occasione, alla confessione individuale, prima che abbia a ricevere un'altra assoluzione generale, a meno che non sopraggiunga una giusta causa" (Can. 963).
5) Confessione generale
Il sacerdote rivolge ai fedeli l'invito con queste parole o con altre simili.
"Coloro che desiderano ricevere l'assoluzione sacramentale, (indichino un segno) si inginocchino e si accusino di tutti i loro peccati recitando la formula di confessione generale": per esempio "Confesso a Dio". Si faccia una preghiera litanica o un canto adatto e alla fine si aggiunga sempre il "Padre nostro".
6) Assoluzione generale
Il sacerdote impartisce l'assoluzione generale ai penitenti che hanno manifestato il segno con la seguente formula: "Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, vi conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace.
E io vi assolvo dai vostri peccati, nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo". R. "Amen ".
7) Ringraziamento e conclusione
Terminata l'assoluzione, il sacerdote invita i presenti a ringraziare il Signore per la sua misericordia e,
dopo un canto adatto, omessa l'orazione conclusiva, benedice il popolo e lo congeda con il saluto: "Il Signore vi ha perdonato. Andate in pace". R. "Rendiamo grazie a Dio".
8) Rito abbreviato
Tale rito si può opportunamente abbreviare in caso di urgenza e si svolge nel seguente modo.
Dopo una breve lettura biblica, si fa il solito avvertimento di preparazione, si impone la soddisfazione, si
invitano i penitenti alla confessione generale con la recita del "Confesso a Dio" per esempio, e il sacerdote impartisce l'assoluzione generale come sopra visto.
Il penitente che vuole fare una buona Confessione Sacramentale
Per fare una buona Confessione Sacramentale si richiedono cinque atti:
l) Esame di coscienza
2) Dolore dei peccati commessi
3) Proponimento di non più commetterli
4) Confessione dei peccati
5) Soddisfazione
7) Preparazione alla Confessione
Il penitente incominci con una preghiera. Per esempio "Illumina, o Signore, la mia mente, affinché possa conoscere il numero e la gravità dei miei peccati; dammi la grazia di detestarli, per ottenere da Te misericordia e perdono" .E' opportuna una breve meditazione su qualche passo del Vangelo. Per esempio: la porta stretta (Le. 13, 22-30); la parabola della pecorella smarrita (Le. 15,1-7); la parabola della dramma perduta (Le. 15,9-10); la parabola del figlio prodigo (Le. 15,11-32); la parabola del servo infedele (ML 18,21-35); la parabola del banchetto nuziale (ML 22,1-14); il buon ladrone (Le. 23, 39-43).
1) Esame di coscienza
L'esame di coscienza è una diligente ricerca dei propri peccati.
Si pensi alle colpe commesse: si individuino prima di tutto i peccati mortali se ci sono, e si passi poi ai veniali.
L'esame dovrà partire dall'ultima confessione ben fatta, richiamando alla mente i peccati commessi in pensieri, parole, opere ed omissioni, passando in rassegna:
1 - I dieci comandamenti;
2 - Il comandamento dell'amor del prossimo;
3 - I precetti della Chiesa;
4 - I sette vizi capitali;
5 - I doveri del proprio stato.
Per facilitare l'esame di coscienza, ci viene proposta una serie di domande.
Doveri verso Dio
- Hai fatto sempre bene le tue confessioni passate?
- Hai ricevuto la S. Comunione con la certezza di essere in peccato mortale senza prima esserti confessato?
- Hai dubitato (o peggio negato), volontariamente, di qualche verità della fede?
- Hai accettato dottrine condannate dalla Chiesa: divorzio, aborto, eutanasia, ecc.?
- Hai votato per partiti o candidati contrari ai principi cristiani e alla Chiesa?
- Hai avuto vergogna di professare la tua fede cristiana cattolica?
- Hai mancato di rispetto a luoghi, persone o cose sacre?
- Hai prestato fede alla superstizione, agli scongiuri, agli indovini, ai cartomanti, alle sedute spiritiche?
- Hai recitato con devozione le preghiere del mattino e della sera?
- Hai pregato male?
- Hai trascurato di istruirti nelle verità della fede?
- Hai bestemmiato il nome di Dio, della Vergine o dei Santi?
- Hai nominato invano o con poco rispetto il loro nome?
- Hai fatto dei voti senza mantenerli?
- Hai giurato per cose da paco, o peggio, hai giurato il falso?
- Hai violato i segreti ricevuti?
- Hai partecipato alla domenica e nelle feste di precetto alla S. Messa non intera, l'hai perduta senza alcun grave motivo, ma per negligenza o pigrizia o cattiva volontà?
- Hai lavorato in tali giorni senza un vero e grave motivo?
Doveri verso il prossimo e verso noi stessi
- Hai donato amore, rispetto e obbedienza ai genitori e ai superiori?
- Hai dato loro gravi dispiaceri?
- Hai compiuto con diligenza i doveri del tuo stato?
- Hai trattato male i dipendenti?
- Hai osservato le leggi civili?
- Hai mancato di rispetto verso i poveri, i bisognosi, gli handicappati, ecc.?
- Hai guidato l'auto osservando le norme della circolazione stradale?
- Hai odiato (desiderato il male altrui) il tuo prossimo? - Hai procurato o favorito l'aborto?
- Hai acconsentito a pensieri, a desideri e a sguardi impuri (sessuali)?
- Hai letto libri o riviste indecenti?
- Hai assistito a spettacoli immorali?
- Hai frequentato compagnie pericolose?
- Hai fatto o ascoltato discorsi cattivi?
- Hai dato scandalo con il parlare, con il tuo modo di vestire o in qualche altro modo?
- Hai cercato volontariamente occasioni prossime di peccato?
- Hai commesso atti impuri: da solo o in compagnia e con chi?
- Hai impedito in qualche modo la concezione della prole nell'atto coniugale, se sei sposato?
- Hai rubato? Il valore era esiguo o elevato?
- Hai restituito quanto hai rubato o trovato?
- Hai imbrogliato nel vendere, nel comperare o nel lavoro?
- Hai riparato il danno recato al prossimo?
- Hai pagato i debiti o dato la giusta mercede agli operai?
- Hai detto bugie?
- Hai avuto contegni ipocriti o poco trasparenti con il tuo prossimo?
- Hai pensato o parlato male degli altri?
- Hai calunniato qualcuno?
- Hai tenuto un contegno superbo, ambizioso, orgoglioso, vanitoso ed egoista?
- Hai il cuore troppo attaccato alle cose di questo mondo?
- Hai dimostrato di essere iracondo?
- Hai rancore verso qualcuno?
- Hai esagerato nel mangiare e nel bere o, peggio, ti sei ubriacato o drogato?
- Hai fumato troppo?
- Hai portato invidia verso qualcuno?
- Hai osservato l'astinenza e il digiuno stabiliti dalla Chiesa?
2) Il dolore dei peccati commessi
Dopo aver fatto il tuo esame di coscienza, chiedi al Signore la grazia di sentire un vivo e profondo dolore di tutti i peccati commessi, specialmente dei mortali, che hanno offeso Dio, il tuo più grande benefattore, che ti hanno privato della grazia santificante, che ti hanno fatto perdere il paradiso e meritare l'inferno. Il dolore è il dispiacere e la detestazione del peccato commesso con il proposito di non più peccare per l'avvenire.
L'atto di dolore si compone di tre momenti della volontà:
1 - volontà contraria all'azione compiuta;
2 - volontà che detesta (odia) l'azione compiuta;
3 - volontà di non compiere mai più, in avvenire, l'azione compiuta.
Come si vede, nel vero atto di dolore è incluso anche il proposito, del quale parleremo più avanti, data la sua particolare importanza. Non è necessario che il dolore dei peccati sia anche sensibile: è sufficiente che esista nella volontà.
Il dolore deve essere:
1 - Interiore: nell'intelletto e nella volontà.
2 - Soprannaturale: spinto da un motivo soprannaturale, cioè radicato nella fede.
3 - Universale: esteso a tutti i peccati mortali commessi. Chi confessa soltanto peccati veniali deve avere il dolore almeno di uno, affinché il sacramento non venga amministrato invalidamente e quindi oggettivamente non diventi un sacrilegio, perché verrebbe a mancare uno degli elementi che costituiscono la quasi materia.
Il dolore può essere:
1 - Perfetto (o contrizione) che è il dispiacere dei peccati commessi, perché sono offesa a Dio, Uno e Trino, nostro Padre, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Il dolore perfetto (o contrizione), unito alla volontà di andare a confessarsi, giustifica il peccatore (gli concede la grazia santificante e, se muore, si salva), ancora prima che sia stata fatta realmente la Confessione Sacramentale. Gli rimane però l'obbligo di manifestare al sacerdote confessore i peccati mortali commessi. Meditiamo il passo evangelico: "Le sono rimessi i molti suoi peccati, perché ha amato molto" (Lc. 7,47).
2 - Imperfetto (o attrizione), che è il dispiacere dei peccati commessi per il timore dei castighi eterni e temporali.
Il dolore imperfetto (o attrizione) è sufficiente per la remissione dei peccati nel Sacramento della Penitenza. Il dolore perfetto o imperfetto deve coesistere come attuale, virtuale o almeno abituale al momento del1' assoluzione sacramentale del sacerdote.
3) Il proponimento (o Proposito)
Chiedi al Signore che ti conceda la forza di non compiere più i peccati commessi, specialmente i mortali, se ce ne sono, e, interiormente, con la tua volontà, decidi in cuor tuo di non commetterli più in avvenire,evitando non solo i peccati, ma anche le occasioni prossime che portano ad essi. Il proponimento (o proposito) è la volontà ferma di non peccare più in avvenire relativamente ad ogni singola specie dei peccati commessi, specialmente se mortali.
Il proposito deve essere:
I - Fermo;
2 - Efficace;
3 - Universale.
1 - Fermo, cioè il penitente deve avere la volontà sin cera di non ricadere più nel peccato, nonostante le difficoltà.
2 - Efficace, cioè il penitente deve non solo avere la volontà di non peccare, ma di usare i mezzi necessari per evitare la caduta nel peccato, specialmente di evitare le occasioni prossime di peccato.
3 - Universale, cioè il proposito deve estendersi a tutti i peccati commessi, specialmente ai mortali. E' sufficiente che il proposito sia concepito in forma generica: non peccare più mortalmente. Chi confessa solo peccati veniali deve avere il dolore e il proposito almeno di uno. Per rendere valido il sacramento basta avere il dolore e il proposito di qualche peccato, già confessato della vita passata. Per quanto riguarda il proposito bisogna stare attenti a non confondere un atto dell'intelletto con quello della volontà. Il proposito si ottiene con un atto di volontà: quando questo esiste veramente nell' anima, si può dire, con tranquillità, che c'è anche il dolore, anche se con un atto dell'intelletto si prevede che si cadrà ancora in quel peccato in avvenire. Il proposito si fa con un atto della volontà; il prevedere le ricadute in avvenire invece si ha con un atto dell'intelletto, che non influisce minimamente sul proposito. Dopo esserti intrattenuto nella meditazione per avere il dolore e il proposito dei peccati commessi e individuati nell'esame di coscienza, recita lentamente e con devozione l'atto di dolore e poi va dal sacerdote per l'accusa dei peccati.
4) Confessione sincera dei peccati (C.C.c. 1455 - 1458)
Accostati con fede al confessore, che in quel momento rappresenta N. S. Gesù Cristo, e manifesta a lui con sincerità tutti i peccati commessi. Se temi di dimenticarli o non sai come esprimerti, prega il sacerdote che ti interroghi lui. Ricorda che il confessore non rivelerà a nessuno i peccati che gli manifesti, perché è vincolato dal "sigillo sacramentale". (Cfr. Cann. 983-984).Ascolta i suoi consigli e sforzati di metterli in pratica. Cerca di capire bene e accetta la penitenza (soddisfazione) che ti impone il sacerdote. Recita l'atto di dolore, più che con parole con sentimenti e ricevi devotamente l'assoluzione che ti viene impartita dal confessore.
5) La soddisfazione (o penitenza sacramentale) (C.C.c. 1459 - 1460)
1 - La soddisfazione sacramentale è la penitenza imposta dal confessore al penitente per espiare le pene temporali rimaste dopo la remissione delle colpe e della pena eterna meritata da chi ha commesso peccati mortali. La volontà di accettare (e in seguito di eseguire) la soddisfazione è uno degli atti del penitente, che costituisce una parte essenziale della confessione: fa parte della quasi-materia del sacramento ed è contenuta nella contrizione o attrizione quando questa ha le dovute qualità. L'attuazione (esecuzione) della soddisfazione accettata (con la volontà di eseguirla dopo la confessione) è solo parte integrante del sacramento della penitenza e non è essenziale, per cui se non viene compiuta, il sacramento rimane valido, ma incompleto. Non sempre Dio rimette insieme con le colpe e la pena eterna tutte le pene temporali. Ecco allora il senso della soddisfazione. Dio solo conosce la quantità della pena temporale da espiare e quanta ne viene rimessa con la soddisfazione.
2 - Il confessore ha il diritto e il dovere grave per sé di imporre una penitenza (can. 981).
Questa deve essere proporzionata alla qualità e quantità dei peccati, tenendo conto però anche della capacità del penitente. Per peccati gravi si deve imporre una penitenza grave. Vengono ritenute gravi le penitenze considerate tali dalla Chiesa: per esempio la S. Messa, la S. Comunione (anche se già prescritta), la recita del S. Rosario, 10 "Padre Nostro", 10 " AveMaria" e 10 "Gloria al Padre", un digiuno, un' elemosina, il far celebrare una S. Messa, il chiedere perdono a chi si è offeso, il compiere qualche atto delle 7 opere di misericordia corporali e spirituali e simili.
3 - Il confessore procuri di dare penitenze ragionevoli, non complesse, ma semplici e facili da compiersi, tenendo presente la preparazione spirituale e culturale della persona; questo per non correre il rischio che il penitente trascuri quanto gli è stato imposto, o che si infastidisca. Quando il penitente è assolutamente incapace di fare una penitenza, non è necessario imporla. E' meglio imporre la penitenza prima dell'assoluzione.
4 - La soddisfazione sacramentale, quale parte del sacramento della Penitenza, produce per se stessa (ex opere operato) la remissione delle pene temporali. L'ambito delle pene rimesse dipende dalla penitenza imposta, dalla disposizione del soggetto e, soprattutto, dallo stato di grazia. Possono rimettere le pene temporali anche le opere di penitenza extrasacramentali, compiute di propria iniziativa. Per esempio: l'adempimento di alcune delle sette opere di misericordia corporali e spirituali, la recita di preghiere, la celebrazione di Sante Messe, l'accostarsi alla S. Comunione, la recita del Rosario, digiuni, elargizioni ai poveri, ecc.
5 - La commutazione della penitenza può essere fatta per motivo ragionevole dal confessore che l'ha imposta, anche fuori di confessione o da qualsiasi altro confessore, purché egli abbia, almeno, una vaga cognizione dello stato d'animo del penitente. (Cfr. Conc. Trid. sesso XIV, DS. 1689 - 1693 e 1712 - 1715).
Ringraziamento dopo la confessione
Al termine della confessione il penitente eseguirà, quanto prima, la soddisfazione (o penitenza sacramentale), che gli è stata imposta dal confessore, se questi non ha stabilito un tempo preciso. Il compimento di quanto prescritto, avverrà secondo le modalità fissate. E' bene, infine, che il penitente rivolga un pensiero di profondo ringraziamento, umile e devoto, a Gesù per il perdono elargito e rinnovi il proposito di una vita cristiana più fervorosa e più santa.
8) Il penitente e l'accusa dei peccati nella Confessione Sacramentale
1) Nozione
L'accusa dei peccati nella Confessione Sacramentale consiste nel manifestare, con dolore e proposito, i propri peccati commessi dopo il Battesimo al confessore per ottenere da lui l'assoluzione e il perdono di Dio (C.C.C. 1455 - 1458).
1 - L'accusa dei peccati è uno degli atti del penitente, che fa parte della quasi materia del sacramento, che comprende il dolore, il proposito, l'accusa dei peccati e la volontà di accettare (e poi di compiere) la penitenza imposta dal confessore (soddisfazione). Questi atti devono esistere simultaneamente, quando si fa l'accusa e nel momento in cui si riceve l'assoluzione (Cfr. c.c.C. 1448).
2 - Per disposizione divina devono essere confessati tutti i peccati gravi secondo la specie, il numero e le circostanze che mutano la specie. (Conc. di Trento, sesso XIV, Can. 7, DS. 1707). A giustificazione e conferma di quanto operato dalla Chiesa nella sua millenaria storia, ascoltiamo le parole di Gesù: "Dopo aver detto questo alitò su di loro e disse: 'ricevete lo Spirito Santo; a chi rimettere te i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi'" (Gv. 20, 22-23). Il Conc. di Trento, Sesso XIV, cap. V (DS. 1679, 1707). Il Codice di Diritto Canonico dice: "Il fedele è tenuto all' obbligo di confessare, secondo la specie e il numero, tutti i peccati gravi commessi dopo il Battesimo e non ancora direttamente rimessi mediante il potere delle chiavi della Chiesa, né accusati nella confessione individuale, dei quali abbia coscienza dopo un diligente esame" (Can. 988, par. I).
3 - "Ogni fedele, raggiunta l'età della discrezione
(sette anni compiuti - Can. 97, par. 2), è tenuto all' obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta all' anno" (Can. 989). Ogni fedele ha il diritto di scegliersi il confessore che desidera, purché sia legittimamente approvato dalla Chiesa (Cfr. Can. 981).
Il confessarsi una volta l'anno è di stretto obbligo, però è consigliabile confessarsi più spesso, cioè non far passare il mese. Ma se ci sono peccati gravi, è opportuno pentirsi subito e, quanto prima, riconciliarsi con Dio e con la Chiesa mediante il Sacramento della Penitenza. Il Can. 276 esorta caldamente i chierici alla santità e suggerisce loro, fra gli altri, un mezzo molto efficace per raggiungerla: la confessione frequente: "... frequentemente si accostino al Sacramento della Penitenza... (Can. 276, par. 2, n. 5). Quello che viene detto ai chierici vale anche per tutti i fedeli, perché tutti siamo chiamati alla santità.
4 - La confessione delle colpe quotidiane (peccati veniali), sebbene non sia strettamente necessaria, perché queste si possono espiare con altri mezzi: preghiere, opere di carità verso il prossimo, atti di penitenza, ecc., è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa, sempre anche quando non vi sono peccati mortali. (Cfr. Conc. di Trento DS. 1680 e Can. 988, par. 2). La confessione dei soli peccati veniali è lecita e utile; non è necessario confessarli tutti, ma quelli che si vogliono, però, di quelli che si confessano, bisogna avere il dolore e il proposito.
"La confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito. Ricevendo più frequentemente, attraverso questo sacramento, il dono della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi come Lui" (C.C.C. 1458).
5 - Anche i peccati (mortali e veniali) già direttamente perdonati nel Sacramento della Confessione, possono essere oggetto sufficiente di una nuova confessione, purché si rinnovi il dolore ed il proposito. (Cfr. Benedetto XI, DS. 880).
2) Le doti dell'accusa dei peccati Le doti dell'accusa dei peccati sono:
1 - Sincera;
2 - Segreta;
3 - Orale;
4 – Integra.
1 - Sincera: il penitente non deve mentire nell'accusare i peccati. Deve manifestare al confessore le sue colpe come gliele suggerisce la coscienza in quel momento, dopo un diligente esame.
Il mentire per vergogna o per altro motivo circa una cosa grave, che ha rapporto con la confessione, è
peccato mortale di sacrilegio e, nello stesso tempo, rende invalido il sacramento.
Qui è opportuno ricordare che il confessore non può parlare con nessuno e per nessuna ragione dei peccati ascoltati in confessione, perché egli è vincolato dal cosiddetto "Sigillo sacramentale". (Cfr. Can. 983, par. l e Can. 1388, par. 1).
2 - Segreta: l'accusa dei peccati deve essere fatta al confessore solo, senza che altri ascoltino.
3 - Orale: un'accusa fatta per mezzo di parole. La sostanza richiede che i peccati siano sufficientemente manifestati al confessore, in qualche modo, e quindi anche con segni o con lo scritto.
In caso di impossibilità di accusa orale nessuno è però obbligato a servirsi dello scritto o altro mezzo straordinario.
4 - Integra: l'accusa dei peccati nella Confessione Sacramentale si dice integra quando vengono manifestati al confessore tutti i peccati mortali, commessi dopo il Battesimo, non ancora rimessi direttamente per mezzo dell'assoluzione. Il penitente deve confessare tutti i peccati mortali certi.
I - Secondo la specie: per es. furto, omicidio,bestemmia, impurità, ecc.
II - Secondo il numero: cioè bisogna confessare quante volte è stato commesso il peccato. Chi non ricorda il numero esatto dei suoi peccati, deve accusarne il numero approssimativo, cioè quello più vicino alla verità, indicando pressapoco quante volte alla settimana o al mese.
III - Secondo le circostanze che mutano la specie del peccato, in materia grave, cioè quelle per le quali un'azione peccaminosa contiene la malizia di due o più peccati mortali (specie mortale); per esempio un peccato impuro se commesso da solo, ovvero con una donna (o uomo) libera o sposata, un furto di una cosa se profana o sacra, ecc.
IV - Chi ha avuto l'intenzione di peccare gravemente, e poi non l'ha attuata per qualche ragione, è obbligato a confessare l'intenzione peccaminosi grave.
V - Chi sa di non essersi confessato bene per mancanza di dolore o di proposito o di sincerità nel l'accusa dei peccati, deve rifare le confessioni mal fatte e accusarsi dei sacrilegi commessi, incominciando dall'ultima confessione ben fatta.
In questi casi è opportuno farsi aiutare dal confessore. Circa i peccati dubbi si devono fare le seguenti considerazioni. Il dubbio può vertere:
a) circa il peccato stesso: se è stato commesso o no;
b) circa la gravità del peccato: se è stato un peccato mortale o veniale;
c) circa la confessione: se quel peccato mortale è stato confessato o no.
VI - Chi senza malizia tralasciò o dimenticò un peccato mortale, ha fatto una buona confessione, può andare lo stesso alla comunione; però gli rimane l'obbligo grave di confessare quel peccato alla prima confessione, qualora tornasse con chiarezza nel suo ricordo. Si deve tenere presente che l'obbligo di confessare tutti i peccati mortali è del penitente, non del confessore, il quale però, per motivo di carità, talvolta è tenuto ad interrogare, ma i peccati mortali devono essere confessati anche se il sacerdote confessore non fa nessuna domanda.
VII - Le cause più comuni che scusano dall'integrità della confessione Esistono delle situazioni che possono scusare dall'integrità della confessione. In questi casi i peccati mortali sono rimessi indirettamente mediante l'infusione della grazia santificante, e devono essere accusati nella prima confessione in cui non esisterà più la causa scusante. E' chiaro che chi riceve l'assoluzione senza l'integrità della confessione, affinché questa sia valida ed efficace, è necessario che il penitente abbia compiuto interiormente gli altri atti richiesti per la validità della confessione.
a) I moribondi
Si può e si deve assolvere assolutamente ogni moribondo che ha dato, in qualche maniera, un segno di pentimento, anche se non può fare una confessione integra. Si può assolvere sotto condizione ("se sei capace" oppure "se vivi") un tale quando si dubita della sua morte reale. A questo proposito è opportuno ricordare quanto prescrive il Can. 976: "Ogni sacerdote, anche se privo della facoltà di ricevere le confessioni, assolve validamente e lecitamente tutti i penitenti che si trovano in pericolo di morte, da qualsiasi censura e peccato, anche quando sia presente un sacerdote approvato".
L'assoluzione collettiva in pericolo di morte
Si può impartire l'assoluzione collettiva senza la previa confessione individuale, quando è imminente un pericolo di morte e al sacerdote o ai sacerdoti non sia sufficiente il tempo per ascoltare le confessioni dei singoli penitenti (Cfr. Can. 961, par. 1 n. l°). L'assoluzione collettiva in caso di grave necessità Cfr. rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l'assoluzione generale (p. 49).
b) I muti
I muti che non possono fare la confessione integra con segni, devono manifestare in qualche modo il pentimento e così a loro si può impartire l'assoluzione sacramentale. Essi non sono tenuti a scrivere i peccati, perché è un mezzo straordinario, e il penitente non è tenuto ad usare i mezzi straordinari. E' consigliabile però che lo facciano, per educare la loro sensibilità spirituale.
c) I sordi
I sordi, che hanno l'uso della lingua, sono tenuti a confessare i propri peccati come meglio possono, ma il confessore non è tenuto ad interrogarli per procurare l'integrità della confessione, per non violare la segretezza della confessione, se ci sono fedeli che possono ascoltare. E' opportuno confessare i sordi in un luogo appartato, se è Possibile, per non dare occasione ad altri di sentire i peccati.
d) Gli ignari della lingua del confessore
Chi non conosce la lingua del confessore non è tenuto a confessarsi per mezzo dell'interprete; può tuttavia farlo, evitando però gli abusi e gli scandali (Cfr. Can. 990), e tenendo presente 1'obbligo da parte dell'interprete di Osservare il segreto. Sono tenuti al segreto anche tutti coloro che, in qualche modo, venissero a conoscenza dei peccati sentiti nella confessione di qualcuno (Cfr. Can. 983, par. 2 e Can. 1388, par. 2). Chi non avesse a disposizione un interprete, o non volesse usarlo, può manifestare al confessore con segni il suo pentimento ed ottenere validamente e lecitamente l'assoluzione sacramentale e poi può accostarsi alla Comunione.
3) La confessione generale
La Confessione generale è la ripetizione delle confessioni di tutta la vita o solo di un tempo determinato.
La Confessione generale può essere:
l - necessaria;
2 - utile;
3 - inutile e nociva.
1 - La confessione generale si deve ritenere necessaria quando si è certi, moralmente, che alcune confessioni precedenti sono state invalide o sacrileghe. Negli altri casi non si deve mai obbligare il penitente a fare la confessione generale.
2 - La confessione generale si deve ritenere utile nei seguenti casi:
I - quando ci sono forti dubbi circa la validità delle confessioni precedenti;
II - in certe circostanze particolari della vita: per umiltà, per devozione e per il desiderio di una maggiore purificazione dell'anima davanti a Dio;
III - in occasione degli esercizi spirituali è opportuna la confessione generale parziale: dall'ultima confessione generale oppure di un anno.
3 - La confessione generale si deve ritenere inutile o addirittura nociva, e quindi si deve proibire, quando i fedeli sono ansiosi o inclini allo scrupolo.
4 - La confessione generale si deve fare dopo una diligente preparazione, scrivendo magari i peccati su un foglio di carta (che dopo l'accusa deve essere stracciato) oppure chiedendo l'aiuto al confessore.
9) L'Assoluzione Sacramentale
l) Nozione
1 - L'assoluzione sacramentale è la forma del Sacramento della Penitenza (Conc. Trid. sesso XIV, c. 3, DS 1673 e 1704; C.C.C. 1480 - 1484).
Ogni sacramento è formato da tre elementi: la materia, la forma e il ministro.
Per la Confessione Sacramentale:
- la materia (quasi-materia) è l'insieme degli atti del penitente (dolore, proposito, accusa e soddisfazione), che abbiamo visto;
- la forma, che ora vogliamo esaminare, è l' assoluzione sacramentale;
- il ministro, di cui parleremo in seguito, è il sacerdote confessore.
L'assoluzione sacramentale sono le parole, stabili te dalla Chiesa, che il sacerdote confessore pronuncia sul fedele pentito: unisce così la forma alla materia, costituendo il segno sacramentale, ovvero il sacramento, che, per volontà di Cristo, concede il perdono dei peccati commessi dopo il Battesimo.
2 - L'assoluzione sacramentale deve essere impartita secondo quanto è stabilito nel libro liturgico "Rito della Penitenza", pubblicato dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino del 7 Marzo 1974, tradotto dalla Conferenza Episcopale Italiana e reso obbligatorio dal 21 Aprile 1974, come abbiamo visto nel settimo capitolo della celebrazione della Confessione sacramentale.
3 - L'assoluzione sacramentale completa si esprime con la seguente formula: "Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace. E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo".
Il penitente risponde: "Amen" .
L'essenza dell'assoluzione sacramentale si ha nelle seguenti parole: "lo ti assolvo dai tuoi peccati".
4 - L'assoluzione sacramentale deve essere impartita oralmente, pronunciando le parole stabilite sul penitente presente in persona. Non è necessario che egli senta le parole pronunciate dal sacerdote ma è molto opportuno, specialmente se si tratta di una persona incline allo scrupolo.
Se il penitente si allontana dal confessionale prima di ricevere l'assoluzione, può essere assolto, se è ancora nelle vicinanze del confessionale.
5 - Al penitente debitamente pentito si deve dare l'assoluzione.
Per una giusta causa si può dare l'assoluzione sotto condizione di qualche circostanza di passato o di presente, ma mai di futuro, per non esporre il sacramento al pericolo di invalidità.
Per es. se vivi, se sei capace di ricevere il sacramento, se si dubita della sufficienza della materia confessata, ecc.
Nell'impartire l'assoluzione non è necessario esprimere con le parole la condizione, come nel Battesimo e nell'Unzione degli Infermi: è sufficiente l'intenzione, e lo stesso dicasi anche quando si assolve da una censura.
2) Effetti dell'assoluzione sacramentale
Con l'assoluzione pronunciata sul fedele pentito si conclude la celebrazione del Sacramento della Penitenza, il quale, supposta la sua validità ed efficacia, produce i seguenti effetti.
1 - L'effetto principale del Sacramento della Penitenza è la riconcilazione dei peccatore con Dio.
2 - Con una buona confessione vengono rimessi, direttamente o indirettamente tutti i peccati mortali: direttamente, quando per quei peccati ci sono stati tutti gli atti del penitente e l'assoluzione; indirettamente, quando per qualche peccato mortale dimenticato, ci sono stati gli atti del penitente e l'assoluzione, non esplicitamente ma implicitamente.
E' possibile che non vengano rimessi tutti i peccati veniali, perché per questi mancano gli elementi richiesti per il perdono.
3 - Con la remissione dei peccati mortali (e veniali) viene rimessa anche la corrispondente pena eterna e anche una parte (non completamente) delle pene
temporali dovute per peccati mortali o per peccati veniali.
4 - Viene restituita la grazia santificante, se era stata perduta oppure viene accresciuta se era rimasta.
5 - Viene conferita anche la grazia sacramentale, ovvero quell'insieme di doni spirituali, che ci aiutano a produrre frutti di penitenza e ad evitare in avvenire i peccati.
6 - Vengono recuperati (rivivono) tutti i meriti perduti con il peccato mortale.
7 - Il sacramento della penitenza, inoltre, produce, come effetto secondario, grande pace e serenità di coscienza e forte consolazione dello spirito.
10) Il Ministro della Confessione Sacramentale
1) Il ministro della Confessione Sacramentale è il confessore: può esercitare tale ministero solo il
sacerdote (Can. 965; Cfr. Conc. Trid. sesso XI Cap. 6, DS. 1684, 1710).
Per la valida assoluzione dei peccati si richiede che il ministro confessore abbia:
l - la potestà di ordine, che riceve con la valida ordinazione sacerdotale;
2 - la facoltà di esercitare sui fedeli la potestà sacramentale ricevuta nell'ordinazione (Can. 966 par. I).
Il ministro confessore può ricevere tale facoltà:
I - dallo stesso diritto oppure
II - dalla competente autorità, a norma del Can. 969 (Can. 966, par. 2).
l - Ricevono la facoltà di esercitare sui fedeli la potestà sacramentale della confessione dallo stesso diritto:
a) Il Romano pontefice, per tutto il mondo;
b) I Cardinali, per tutto il mondo;Nessun Vescovo diocesano può muovere loro alcuna opposizione.
c) I Vescovi, per tutto il mondo, a meno che un Vescovo diocesano non si opponga;
d) In forza dell'ufficio per la loro competenza e anche per tutto il mondo, a meno che l'Ordinario del luogo, in caso particolare, non ne abbia fatto divieto:
- l'Ordinario del luogo (Can. 368 e 134);
- il Canonico penitenziere (Can. 308);
- il Parroco (Can. 519) e comparati (Cann. 540 e 543);
- chi fa le veci del parroco, per es. l'Amministratore parrocchiale (Cfr. Cann. 539 - 544);
- il Rettore del seminario, a norma del Can.262;
- il Cappellano (Cann. 564 - 572);
- I Superiori religiosi competenti per la loro competenza e anche per tutto il mondo, a solo limitatamente i religiosi dell'Istituto (Can. 967, par. 3);
- ogni Sacerdote, anche se privo della facoltà di ricevere la confessione, assolve validamente e lecitamente tutti i penitenti che si trovano in pericolo di morte, da qualsiasi censura e peccato, anche quando sia presente un sacerdote approvato (Can. 976).
II - Il ministro confessore può ricevere la facoltà di esercitare sui fedeli la potestà sacramentale dalla competente autorità
a) Dall'Ordinario del luogo di incardinazione o di domicilio, entro i limiti della competenza del delegante (Can. 969, par. I).
Chi gode tale facoltà può confessare in tutto il mondo a meno che un Ordinario del luogo, in un caso particolare, non ne abbia fatto divieto. (Can. 967, par. 2).
b) Dai superiori religiosi competenti, entro i limiti della loro competenza. Chi ha ricevuto tale facoltà può confessare in tutto il mondo solo i religiosi dell'Istituto, a meno che un Superiore maggiore non lo vieti :per i suoi sudditi (Can. 969, par. 2 e Can. 967, par. 3).
La facoltà di ricevere abitualmente le confessioni deve essere concessa solo ai sacerdoti idonei (Can. 970); per un tempo indeterminato o determinato (Can. 972) e per i'scritto (Can. 973).
2) Quando cessa la facoltà di confessare
La facoltà di confessare cessa:
1 - quando scade il tempo, se la facoltà è stata concessa per un periodo determinato;
2 - quando, per una causa grave, viene revocata dalla competente autorità, che l'ha concessa (Can. 974,par. 1 e par. 2);
3 - quando si perde l'ufficio: con lo scadere del tempo prestabilito, per raggiunti limiti di età definiti dal diritto, per rinuncia, trasferimento, rimozione e anche per privazione (Can. 184, par. 1);
4 - quando avviene l'escardinazione;
5 - quando si perde il domicilio;
6 - quando il sacerdote è stato colpito da censura canonica (Cfr. Can. 1331 e 1335);
7 - "l'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo è invalida, eccetto che in pericolo di morte" (Can. 977). Affinché si verifichi la fatti specie proibita dalla suddetta legge si richiede:
- un complice maschio o femmina;
- un peccato grave, esterno, certo;
- soggettivamente e .oggettivamente;
- da ambo le parti;
- solo contro il sesto comandamento.
Il sacerdote che assolve il complice, a norma del Can. 977, incorre nella scomunica "latae sententiae" riservata alla Sede Apostolica (Can. 1378, par. I).
8 - Se un sacerdote ha ricevuto la facoltà di confessare sia dal suo vescovo di incardinazione che dal vescovo di domicilio e uno di essi revoca tale facoltà, il sacerdote continua a poter confessare validamente in tutto il mondo in forza della facoltà ricevuta dall'altro vescovo. Non può confessare solo nella diocesi del vescovo che ha revocato la facoltà.
3) Cessata la facoltà di confessare
Quando è cessata la facoltà di confessare, il sacerdote per sé non può più validamente assolvere i peccati dei penitenti.
Però se il sacerdote non si accorge che gli è scaduta la facoltà di confessare e continua il ministero, in quei casi la Chiesa supplisce (la Chiesa concede a lui la facoltà dal diritto) la suddetta facoltà in due circostanze:
1 - In caso di errore comune
a) di fatto
b) di diritto
2 - In dubbio positivo e probabile
a) di diritto
b) di fatto
l - In caso di errore comune
a) di fatto
L'errore comune è da parte dei fedeli. Il dubbio positivo e probabile invece è nel sacerdote confessore. L'errore comune di fatto, a differenza di quello privato o non comune, si configura quando in luogo, pubblico ed esterno, o in una comunità, il sacerdote esercita il ministero della confessione senza avere la debita facoltà, e tutti, anche moralmente intesi, o una gran parte di essi, in realtà (di fatto) errano (pensano che egli abbia la facoltà) o hanno una conoscenza inesatta circa la facoltà richiesta al sacerdote per confessare.
b) In caso di errore comune di diritto
L'errore comune di diritto si verifica quando si determina una circostanza di carattere pubblico ed esternO, capace di trarre in errore un buon numero di fedeli, anche se in realtà essi sono pochi. Non si esige che molti di fatto sbagliano; basta la possibilità; così che si dà l'errore comune anche con una sola persona presente. Per esempio in chiesa c'è solo il sacerdote e il penitente.
2 - In dubbio positivo e probabile
a) di diritto il dubbio positivo e probabile sta nel sacerdote confessore.
Il dubbio è positivo se è fondato su delle reali ragioni, che tuttavia non danno la certezza. Se non esiste alcuna ragione, si ha il cosiddetto dubbio negativo, che non è sufficiente, poiché coincide sostanzialmente con l'ignoranza.
Il dubbio è probabile se le ragioni sono di una certa serietà, anche se contraddette da ragioni opposte altrettanto serie.
Il dubbio positivo e probabile è di diritto quando riguarda l'esistenza della legge, oppure la sua interpretazione, il suo contenuto, il suo ambito. Per esempio l'estensione della norma in quel dato senso è discussa tra gli stessi canonisti.
b) Il dubbio positivo e probabile è di fatto quando riguarda il fatto concreto di una particolare circostanza. Per esempio se la facoltà di confessare sia scaduta o no; se un fedele è realmente in pericolo di morte; se un determinato luogo appartenga al territorio di una parrocchia o di un'altra.
Concludendo:
1 - Nell'errore comune
a) di fatto
b) di diritto
2 - Nel dubbio positivo e probabile
a) di diritto
b) di fatto
La Chiesa supplisce la facoltà di confessare richiesta dal can. 966, che manca nel sacerdote, che esercita tale ministero. (Cfr. can. 144)
E' lecito provocare deliberatamente l'errore comune?E' lecito purché vi sia una causa grave e proporzionata, in rapporto al bene di una comunità ecclesiale o di un gruppo di fedeli. Secondo alcuni, sarebbe sufficiente il fatto che, in un giorno di domenica o di festa di precetto o anche in una circostanza straordinaria dei fedeli desiderassero confessarsi, e mancasse un altro sacerdote o fosse difficile provvedere diversamente.(Cfr. Chiappetta, Prontuario, p. 1187).
11) I doveri del sacerdote nella Confessione Sacramentale
Il sacerdote, come rappresentante di Gesù Cristo e ministro del Sacramento della Penitenza, deve adempiere con piena responsabilità i suoi doveri di Padre, Medico, Maestro, Giudice e mantenere il segreto del "Sigillo sacramentale". (Cfr. C.C.c. 1461-1467).
1) Il dovere di Padre (Rappresenta la paternità e la bontà di Cristo)
1 - Nella confessione sacramentale il. sacerdote deve essere soprattutto padre, al quale il penitente può aprire con piena confidenza il proprio cuore. Come padre egli accoglie in nome di Dio tutti i figliuoli pentiti, rigenerandoli alla vita della grazia.
Per compiere adeguatamente questo dovere egli deve sforzarsi di vivere santamente e di mettere in pratica tutti quegli insegnamenti che la Chiesa dà ai confessori.
2 - Prima di tutto, quando il sacerdote si accinge al ministero della Confessione Sacramentale deve pro
curare di essere in grazia di Dio. Sarebbe una cosa stridente se colui che è scelto per distribuire la grazia santificante, proprio lui non la possedesse.
3 - Si ricordi il sacerdote confessore che per la lecita amministrazione dei sacramenti si esige lo stato di grazia. Chi pertanto è chiamato al confessionale e sa di essere in peccato mortale, procuri di acquistare la grazia con un atto di dolore perfetto, anche senza la Confessione Sacramentale (non sempre possibile in quel momento), che, invece, è prescritta prima della celebrazione della S. Messa con le relative eccezioni a norma del Can. 916.
4 - Il confessore, se è visto in faccia, accolga il penitente con il sorriso sulle labbra, per ispirargli fiducia e confidenza e, all'inizio, nel decorso e nella conclusione della confessione, sia sempre gentile, comprensivo, misericordioso e caritatevole. In nessuna maniera gli manifesti segni di fretta, di tedio o di impazienza e, mai, durante il colloquio, lo tratti male e lo offenda, anche se il penitente dovesse assumere un contegno poco rispettoso.
5 - Il confessore, dopo il saluto di rito e aver sentito da quanto tempo il penitente non si confessa, incominci subito il dialogo solo se vede che lui si trova in difficoltà ad iniziare, altrimenti lo lasci parlare.
Se necessario, per dovere di carità, lo aiuti a fare l'esame di coscienza e a confessare bene tutti i peccati, specialmente i più gravi, adeguando il suo intervento alla persona che gli parla.
6 - L'interrogazione, quando è richiesta, sia breve e si riduca all' essenziale soltanto. Si evitino domande inutili, curiose o peggio indiscrete, che non servono per la confessione.
7 - Quando il sacerdote si accorge che nella confessione vi è anche uno sfogo da parte del penitente, cerchi di ascoltare pazientemente in silenzio.
8 - Il confessore non permetta mai che il penitente racconti tanti particolari inutili, specialmente quando si tratta di materia delicata o riferisca i peccati altrui.
9 - Né con le parole, né con gli atteggiamenti, mai il confessore faccia capire al penitente di meravigliarsi, perché è stato lungo tempo lontano dalla confessione, né per la gravità o qualità o quantità dei peccati che accusa. .
10 - Il confessore e il penitente parlino sottovoce, in modo tale da non essere sentiti da eventuali persone vicine.
11 - Tutti i sacerdoti, specialmente i parroci e gli altri pastori di anime, siano sémpre pronti ad ascoltare la Confessione Sacramentale dai fedeli, quando la chiedono" ragionevolmente". Si faciliti l'amministrazione di questo sacramento e sia data loro l'opportunità di accostarsi alla confessione individuale, stabilendo, se possibile, anche un orario (Cfr. Can. 986).
12 - Il confessore tratti con affabilità il penitente, chiunque sia, in modo tale da suscitare in lui sentimenti di simpatia e di fiducia tali da spingerlo a tornare ancora a confessarsi da lui, perché ha trovato in lui un vero padre spirituale.
13 - Il confessore deve essere sempre un padre spirituale, una vera guida per tutti i fedeli, che si accostano a lui nella Confessione Sacramentale.
Egli eserciterà la direzione spirituale, più o meno, secondo che le varie anime sentono di aprire, più o meno, il loro spirito a lui per ottenere benefici effetti spirituali.
14 - Si può fare una distinzione tra confessione e direzione spirituale propriamente detta.
Nella prima si tratta dell'accusa dei peccati, non escludendo mai, anche in questa, certe riflessioni e osservazioni da parte del sacerdote; nella seconda si esaminano in una forma più dettagliata non solo i peccati, ma anche le loro cause e inoltre le inclinazioni, il carattere, le abitudini contratte, le tentazioni e tutta la vita del penitente, per trovare i veri rimedi, quelli che mirano alla radice stessa del male, per indirizzarlo sulla via della perfezione cristiana.
15 - La direzione spirituale propriamente detta si può fare durante la confessione, ma è più opportuno tenerla a parte, specialmente se ci sono altri fedeli che aspettano per confessarsi.
16 - Nella direzione spirituale il sacerdote deve curare di essere pieno di carità, scienza e prudenza; il fedele deve vedere N.S. Gesù Cristo nella persona del direttore; avere in lui la massima fiducia e docilità nell'ascoltare e seguire i suoi consigli, aprirgli completamente il suo animo, affinché egli possa trovare proprio per lui le vie giuste per un vero progresso spirituale. Nella direzione spirituale, infine, bisogna evitare ogni esagerata familiarità e il cambiare troppo facilmente il padre spirituale. (Cfr. Leone XIII, Ep. "Testem bene volentiae", 22-1-1899; Conc. Vat. II, "Presbyterorum Ordinis, 18 e "Optatam totius", 3 e 8).
2) Il dovere di Medico (Rappresenta Cristo, medico delle anime)
1 - Il confessore, come medico delle anime, deve cercare di conoscere possibilmente lo stato d'animo soggettivo, spirituale, psicologico e fisico del penitente, per comprendere la causa dei mali della sua anima, per consigliare i relativi rimedi specifici sia naturali che soprannaturali e impedire così la ricaduta nel peccato.
2 - Il confessore come medico, secondo i casi, è tenuto a disporre bene a ricevere efficacemente il sacramento, coloro che vede incerti nelle disposizioni. Quando invece trova qualcuno non veramente disposto, lo istruisca per prepararlo a differire, eventualmente, l'assoluzione. Quando, infine, ritiene inutile o impossibile ogni istruzione, allora è il caso di lasciare in buona fede il penitente.
3 - Quando il confessore si accorge che il penitente ha bisogno di un grave" intervento chirurgico" spirituale, per fargli cambiare vita, non abbia paura di suggerirglielo, però solo se ritiene che questi abbia la capacità di affrontarlo.
4 - Il confessore badi a non imporre penitenze strane o non proporzionate alle forze del penitente.Tali penitenze siano adatte alle sue capacità: siano semplici e facili da compiersi. Non pensi di correggere il penitente con la qualità e quantità delle penitenze.
3) Il dovere di Maestro (Insegnare la dottrina di Cristo e della Chiesa)
1 - Il confessore per compiere adeguatamente il suo dovere di maestro delle anime deve possedere la scienza sufficiente per istruire i penitenti nella dottrina della Chiesa, avere la massima prudenza e condurre una vita santa. "Infatti le labbra del sacerdote devono custodire la scienza, e dalla sua bocca si ricerca l'istruzione, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti" (Mt. 2,7)."Guai a voi, guide cieche... ' (Mt. 23, 16).
2 - Il confessore deve avere la scienza sufficiente per sciogliere i casi ordinari che capitano e per poter essere pronto a rispondere esattamente alle eventuali domande dei penitenti.
3 - Il confessore ha il dovere grave di trovare il tempo per rivedere "frequentemente" la materia studiata a suo tempo specialmente in merito alla dogmatica, alla morale e al diritto canonico, per essere competente nel suo ministero. Egli deve aggiornarsi continuamente.
4 - Il confessore ha l'obbligo di istruire i penitenti che non conoscono le verità essenziali, richieste per una fruttuosa recezione del sacramento.
5 - Il confessore ha l'obbligo di illuminare le coscienze erronee circa la dottrina della Chiesa, specialmente su ciò che è peccato o non peccato, peccato
grave o veniale, in modo particolare quando questo errore causa un grave danno spirituale a sé o agli altri e quando il silenzio del confessore possa ingenerare un grave danno al bene comune o ad un terzo.
6 - Il confessore può omettere l'istruzione:
I - quando da questa non vi è da aspettarsi alcuna utilità e l'omissione di essa non nuoce né al penitente né agli altri;
II - quando, anche se tornasse di danno a qualcuno, si prevede che il penitente non ascolterà;
III - quando il danno è maggiore dell'utilità. Per esempio si può omettere l'istruzione circa l'invalidità ignorata di un matrimonio, se ne risulta un grave danno ai figli;
IV - quando vi è il dubbio se l'istruzione sia richiesta o no. Ordinariamente si può omettere, però mai si dia l'assoluzione senza aver suggerito prima almeno un breve pensiero spirituale.
7 - Il confessore deve usare la massima prudenza:
I - nel fare le interrogazioni, tenendo presente il tipo di penitente che ha davanti, considerando di lui l'età, il sesso, la condizione, ecc. (Cfr. can. 979);
II - nel giudicare sulla moralità e gravità dei pecca ti accusati;
III - nel suggerire i rimedi, affinché il penitente si emendi dai suoi mali spirituali, togliendo la causa delle ricadute;
IV - nel dare i consigli per i diversi casi presentati;
V - nell'imporre la penitenza, considerando non solo il numero dei peccati, la loro qualità e la loro gravità, ma anche le capacità spirituali del penitente;
VI - nel ricevere la confessione delle donne, dei fanciulli, degli adolescenti e degli handicappati, specialmente quando si tratta di materia delicata sul sesto e il nono comandamento;
VII- nel dare, differire o negare l'assoluzione sacra mentale.
4) Il dovere di Giudice (formarsi un giudizio sui peccati e sulle disposizioni del penitente)Il confessore prima di assolvere deve, come giudice, formarsi un prudente giudizio sul penitente, ricordando il principio di attenersi alle parole del medesimo.
Il confessore deve giudicare:
1 - se quelle cose accusate dal penitente sono, oggettivamente o almeno soggettivamente, peccati; perché chi assolve solo materia insufficiente rende invalido il sacramento;
2 - se i peccati accusati sono mortali o veniali;
3 - di quale specie morale sono i peccati accusati: bestemmia, omicidio, furto, impurità, ecc.;
4 - la quantità dei peccati accusati, entro il limite del possibile;
5 - se il penitente ha le disposizioni sufficienti per ricevere validamente l'assoluzione. In caso di dubbio, il confessore deve formarsi una coscienza moralmente certa, interrogando il penitente. Quando si tratta infatti della validità dei sacramenti, bisogna seguire la parte più sicura;
6 - non si richiede che il confessore, mentre assolve, si ricordi tutti i peccati ascoltati, basta un giudizio complessivo. Il confessore, per formarsi un prudente giudizio sul penitente, talvolta deve interrogarlo per dovere di giustizia o di carità:
1 - quando, da tutto l'insieme, il confessore ritiene che il penitente colpevolmente o meno non abbia fatto una confessione integra;
2 - quando il confessore non conosce gli elementi necessari per un giudizio circa la qualità dei peccati, la gravità, il numero e le circostanze che mutano la specie;
3 - quando il confessore dubita seriamente delle disposizioni interiori necessarie nel penitente.
4 - Nel fare queste domande, per sé necessarie, egli deve tener presente la personalità del penitente che ha davanti l'opportunità e l'utilità che ne possono derivare. Si attenga allo stretto necessario, evitando ogni riprovevole curiosità. Interroghi con la massima prudenza, considerando il tempo e il modo più conveniente.
Nel trattare, infine, il tema della castità sia sommamente prudente.
Quando è necessario, interroghi incominciando con espressioni generiche, per scendere poi ai particolari, considerando lo stato, l'età, il sesso e la capacità razionale del penitente, attenendosi, in materia, sempre agli insegnamenti del magistero della Chiesa.(Cfr. can. 979 e le "Norme" emanate dalla Congregazione del S. Ufficio, il16 maggio 1943).
5 - Il codice di diritto canonico avverte il confessore per un caso particolare.
"Colui che confessa di aver falsamente denunziato un confessore innocente presso l'autorità ecclesiastica per il delitto di sollecitazione al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo (previsto nel can. 1387), non sia assolto se non avrà prima ritrattato formalmente la falsa denuncia (cioè deve, per iscritto, comunicare all'autorità ecclesiastica che la sua denuncia è completamente falsa) e non sia disposto a riparare i danni se ve ne siano" (Can. 982).Il confessore deve inoltre ricordare che, "chi falsamente denuncia al superiore ecclesiastico un confessore per il delitto di cui al can. 1387, incorre nell'interdetto "latae sententiae" e, se sia chierico, anche nella sospensione" (can. 1390, par. 1).
5) Il dovere di mantenere il segreto del "Sigillo Sacramentale"
1 - La nozione del sigillo sacramentale
Il sigillo sacramentale è l'obbligo di mantenere per sempre (anche dopo la morte del penitente e senza alcuna eccezione per nessun motivo per quanto grave sia) sotto rigoroso segreto ciò che è stato rivelato nella Confessione Sacramentale e la cui manifestazione potrebbe rendere odiosa la confessione.
2 - L'obbligo del sigillo sacramentale
I - L'obbligo del sigillo sacramentale deriva esclusivamente da ogni e sola Confessione Sacramentale, cioè fatta per ottenere l'assoluzione. Rimane quest' obbligo anche quando la confessione è nulla o sacri lega o da quella a cui è stata negata l'assoluzione.
II - L'obbligo è di diritto divino naturale: obbliga sempre e gravemente per causa di religione (per riverenza al sacramento) e di giustizia (violazione di un segreto commesso).
III - L'obbligo è di diritto divino positivo, almeno implicito: Gesù Cristo infatti ha istituito il Sacramento come giudizio di foro interno con l'obbligo della confessione segreta.
IV - L'obbligo è di diritto ecclesiastico e si trova nel Conc. Lat. I cap. 21, DS. 814 e nei Cann. 983 e 384.
V - In materia del sigillo sacramentale non è lecito usare l'opinione probabile: bisogna seguire la parte più sicura, perché si tratta del diritto del terzo.
3 - Il soggetto del sigillo sacramentale
I - Il soggetto del sigillo sacramentale è solo il confessore vero, o, per errore, ritenuto legittimo, o, finto, e quindi anche un laico, che si finge sacerdote (can. 983, par. 1).
II - Sono inoltre tenuti ad osservare il segreto anche l'interprete, se c'è, e tutti gli altri ai quali, in qualunque modo, sia giunta notizia dei peccati dalla confessione (Can. 983, par. 2).
III - Il confessore, dopo l'assoluzione, può parlare con il penitente di ciò che è stato detto in confessione solo con il suo consenso.
IV - Al segreto sacramentale non è tenuto il penitente, neppure a quanto ha udito dal confessore. Pecca, tuttavia, per violazione del segreto naturale commesso, il penitente che rivela qualche cosa che può nuocere al confessore, a meno che il bene privato o pubblico non esiga tale rivelazione.
V - E' assolutamente proibito al confessore far uso in qualunque modo delle conoscenze acquisite nella Confessione Sacramentale con aggravio del penitente, anche se resta escluso qualsiasi pericolo di rivelazione (can. 984, par. l).
VI - Chi è costituito in autorità non può servirsi in nessun modo, per il governo esterno, di notizie di peccati sentiti in confessione in qualsiasi tempo (can. 984, par. 2).
VII - Non è proibito servirsi di notizie sentite in Confessione Sacramentale se ciò non diventa gravoso al penitente o rende odioso il sacramento. Per esempio: i predicatori possono trattare certi argomenti, perché spinti da ciò che hanno sentito in confessione.
VIII - Sono considerati testi "incapaci in giudizio" i sacerdoti per quanto concerne tutto ciò che fu loro rivelato nella Confessione Sacramentale, anche se il penitente ne richiede la manifestazione; anzi, tutto ciò che da chiunque e da qualunque modo fu udito in occasione della confessione non può essere recepito come indizio di verità (can. 1550, par. 2, n. 2°).Questo canone di diritto canonico è tutelato anche dalla legislazione civile.Cfr. Codice Italiano di Procedura Penale, art.200.Cfr. Nuovo Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana, 18 febbraio 1984, art. 4, n. 4.
IX - Circa la registrazione delle Confessioni, cfr. la Dichiarazione della S.c. per la Dottrina della Fede del 23 marzo 1973, Ench. Vat. VoI. 4, pp.1502-1503.
4 - L'oggetto del sigillo sacramentale L'oggetto del sigillo sacramentale sono solo i peccati mortali e veniali accusati in confessione e tutto ciò che riguarda la loro spiegazione. Non sono oggetto di sigillo sacramentale le altre circostanze: i difetti del penitente (scrupoloso, impaziente, chiacchierone, ecc.) o le Sue virtù (i doni di Dio,la condizione e il suo stato, ecc.), né altri riferimenti esterni, purché, da questi, non si possa risalire al peccato accusato in confessione.
5 - La violazione del sigillo sacramentale La violazione del sigillo sacramentale può essere diretta e indiretta. La violazione diretta si ha quando si manifesta il peccato, ascoltato nella Confessione Sacramentale, e il peccatore. Si può avere anche quando il peccato e il peccatore possono essere individuati con certezza dalle parole del confessore. La violazione indiretta si ha quando da ciò che il confessore dice, fa o omette, e dalle circostanze che egli palesa, gli altri possono dedurre o sospettare, in qualunque modo, l'identità del penitente e il peccato da lui commesso. Non vi è alcuna violazione del sigillo se uno, per esempio, racconta un peccato particolare, sentito nella Confessione Sacramentale, ma in modo tale che in nessuna maniera si possa scoprire il peccatore.
6 - Le pene contro coloro che violano il sigillo sacramentale
I - "Il confessore che viola direttamente il sigillo sacramentale incorre nella scomunica "latae sententiae" riservata alla Sede Apostolica" (can. 1388, par. I).
II - Il confessore che viola il sigillo sacramentale solo indirettamente, sia punito proporzionalmente alla gravità del delitto con pene "ferendae sententiae" (can. 1388, par. I).
III - L'interprete, se c'è, e tutti gli altri, ai quali in qualunque modo sia giunta notizia dei peccati della Confessione Sacramentale, che violano il segreto, siano puniti con giusta pena, "ferendae sententiae", non esclusa la scomunica (can. 1388, par. 2).
IV - Chi registra con qualsiasi strumento tecnico ciò che nella Confessione Sacramentale, vera o simulata, fatta da sé o da un altro, viene detto dal confessore o dal penitente, oppure lo divulga con strumenti della comunicazione sociale, incorre nella scomunica "latae sententiae". (Cfr. Congr. per la Dottrina della Fede, Decreto del 23 settembre 1989, Ench. Vat. voI. 11, p. 845, e can. 30).
12) Il confessore e alcune particolari categorie di penitenti
Abbiamo già ricordato i doveri del confessore verso i penitenti in genere; si tratta ora di esaminare il suo comportamento con alcune categorie particolari di penitenti. Queste si devono considerare a parte, perché esigono uno speciale trattamento per le condizioni particolari in cui si trovano tali persone.
Esse sono le seguenti:
l) i fanciulli e gli adolescenti,
2) i coniugati,
3) i divorziati,
4) gli omosessuali,
5) coloro che non si confessano da tanto tempo,
6) i casi patologici,
7) gli scrupolosi,
8) gli occasionali
9) gli abitudinari e recidivi,
10) coloro che sono incorsi in qualche censura o irregolarità e altri impedimenti.
l) I fanciulli e gli adolescenti
l - Il confessore cerchi di accogliere i fanciulli e gli adolescenti con il sorriso sulle labbra e con un comportamento benevolo per ispirare loro fiducia e confidenza.
2 - Usi parole semplici e facili, accessibili a loro e, se dice qualche termine difficile, relativo alla confessione o alle verità di fede, deve cercare di spiegarlo.
3 - Li aiuti ad accusare quei peccati che essi sono soliti compiere e poi, se lo ritiene opportuno, domandi se hanno commesso qualche altro peccato grave o leggero.
4 - Sia molto prudente nel far domande nel campo della purezza: ne parli solo se essi ne danno lo spunto e in termini molto generici. Scenda ai particolari solo se si accorge che sono in grado di comprenderli e, se ritiene opportuno, incominci a dare le prime elementari spiegazioni sul sesso.
5 - Li prepari al dolore e al proposito, e li esorti alla confessione frequente.
2) I coniugati
1 - I coniugati rientrano in una categoria particolare di penitenti, soprattutto per il problema della castità coniugale e dell'uso dei metodi naturali o artificiali nei rapporti intimi.
2 - Il confessore ha il dovere di carità di aiutare il penitente coniugato nell'accusa dei peccati, quando, dall'insieme, ritiene che la confessione non sia stata integra. Presenti domande generiche, come per esempio:"Ha commesso qualche altro peccato grave? Ha osservato le leggi della castità coniugale?".
3 - Il confessore a questo riguardo cerchi di ricordare il costante insegnamento della Chiesa, espresso specialmente negli ultimi documenti pontifici. Ne ricordo alcuni. L'enciclica "Casti Connubii" (1930) di Pio Xl, numerosi discorsi di Pio xn, l'Enciclica "Humanae Vitae" di Paolo VI, l'Esortazione Apostolica "Familiaris Consortio" (1981), la lettera alle famiglie "Gratissimum Sane" (1994) e l'Enciclica "Evangelium Vitae" (1995) di Giovanni Paolo Il. Con essi vanno sempre ricordati la Costituzione Pastorale "Gaudium et Spes" (1965) e il "Catechismo della Chiesa cattolica" (1992). Ritengo che sia utile anche il "Vademecum per i confessori su alcuni temi di morale attinenti alla vita coniugale" (1997) del pontificio Consiglio per la famiglia.
4 - Ecco quanto dice, a proposito, Pio XI nella sua Enciclica "Casti connubii" del 31 dicembre 1930: "Qualsiasi uso del matrimonio, in cui per la umana malizia l'atto sia destituito quella sua naturale virtù procreatrice, va contro la legge di Dio e della natura, e coloro che osano commettere tali azioni si rendono rei di colpa grave...
Ammoniamo i sacerdoti che sono applicati ad ascoltare le confessioni e gli altri tutti che hanno cura d'anime, che non lascino errare i fedeli a sé affidati in un punto tanto grave della legge di Dio... Che se qualche confessore o pastore delle anime... inducesse egli stesso in simili errori i fedeli a sé commessi, o, se non altro, ve li confermasse, sia con approvarli, sia colpevolmente tacendo, sappia di dover rendere severo conto a Dio, giudice supremo del tradito suo ufficio...
Non possono (mai: 'darsi difficoltà di tanta gravità che valgono a dispensare dai 'comandamenti di Dio".
5 - Giovanni Paolo II, nell'Esortazione Apostolica "Familiaris Consortio", p. III, n. 29, dichiara: "... in continuità con la tradizione viva della comunità ecclesiale lungo la storia, il recente Concilio Vaticano II e il magistero del mio Predecessore Paolo VI, espresso soprattutto nell'Enciclica "Humanae Vitae", hanno trasmesso ai nostri tempi un annuncio veramente profetico, che riafferma e ripropone non chiarezza la dottrina e la norma sempre -antiche e sempre nuove della Chiesa sul matrimonio e sulla trasmissione della vita umana.
Per questo, nella loro ultima Assemblea, i Padri Sinodali hanno testualmente dichiarato: Questo Sacro Sinodo, riunito nell'unità della fede con il Successore di Pietro, fermamente tiene ciò che nel Concilio Vaticano II (Cfr. "Gaudium et spes", 50) e, in seguito, nell'Enciclica "Humanae Vitae" viene proposto, e in particolare che l'amore coniugale deve essere pienamente umano, esclusivo e aperto alla nuova vita" (Cfr.THumanae Vitae", n. 11 e cfr. 9 e 12).
6 - E' opportuno ricordare ai coniugi che possono utilizzare, sotto la guida di un ginecologo cattolico, i metodi naturali non fecondativi, ritenuti leciti dalla Chiesa.
7 - Quando è il penitente a porre domande o a chiedere chiarimenti su questi argomenti, il confessore non può rispondere: "Agisca secondo la sua coscienza", ma deve dare risposte adeguate e chiare, sempre con prudenza e discrezione, senza approvare opinioni errate, non accettate dal magistero della Chiesa.
8 - "Il confessore è tenuto ad ammonire i penitenti circa le trasgressioni in sé gravi della legge di Dio e far sì che desiderino 1'assoluzione e il perdono del Signore con il proposito di rivedere e correggere la loro con dotta. Comunque la recidività nei peccati di contraccezione non è in se stessa motivo per negare l'assoluzione, questa tuttavia non si può impartire se mancano il sufficiente pentimento o il proposito di non ricadere in peccato" ("Vademecum... 28,5).
9 - Il confessore ricordi anche i seguenti casi.
I - Ai coniugi è lecito l'atto coniugale quando è aperto alla vita.
Il - Se il marito nell'atto coniugale impedisce la concezione e la moglie non è d'accordo, perché non vuole peccare, ella, manifestatagli la sua contrarietà, per salvare la pace, può prestarsi a compiere l'atto, solo quando questo non è viziato, fin dall'inizio, con metodi anticoncezionali artificiali, ma diventa peccaminoso nella conclusione, quando il marito versa il seme fuori dell' ambiente naturale.
III - Se la moglie nell'atto coniugale impedisce la concezione e il marito non è d'accordo, perché non vuoI peccare, egli, manifestatale la sua contrarietà, per salvare la pace, può compiere l'atto solo quando la moglie vizia l'atto impedendo la concezione dopo, ma mai durante il rapporto intimo.
IV - Si deve ricordare che il marito e la moglie hanno il diritto-dovere all'atto coniugale solo quando questo viene compiuto in un modo regolare. Se il marito chiede l'atto coniugale in una maniera illecita, perde il suo diritto e la moglie non ha più nessun dovere, e viceversa.
V - "Certamente è da ritenere sempre valido il principio, anche in merito alla castità coniugale, secondo il quale è preferibile lasciare i penitenti in buona fede in caso di errore dovuto ad ignoranza soggettivamente invincibile, quando si preveda che il penitente, pur orientato a vivere nell'ambito della vita di fede, non modificherebbe la propria condotta, anzi passerebbe a peccare formalmente. Tuttavia anche in questi casi il confessore deve tendere ad avvicinare sempre più tali penitenti, attraverso la preghiera, il richiamo e 1'esortazione alla formazione della coscienza e all'insegnamento della Chiesa, ad accogliere nella propria vita il piano di Dio, anche in quelle esigenze" ("Vademecum..." 30 31,8).
VI - "La 'legge della gradualità pastorale, che non si può confondere con 'la gradualità della legge ' , che pretende di diminuire le sue esigenze, consiste nel chiedere una decisiva rottura con il peccato e un progressivo cammino verso la totale unione con la volontà di Dio e con le sue amabili esigenze" ("Vademecum..." 31,9).
VII - Anche ai vecchi è lecito l'atto coniugale purché sia completo. Se riescono a compierlo solo con difficoltà, possono aiutarsi, ma se non riescono a completarlo, non per questo a loro è lecita la masturbazione volontaria.
3) I divorziati
1 - Fra i casi difficili di una categoria particolare di penitenti si trovano i divorziati, ai quali si aggiungono gli sposati solo civilmente e coloro che convivono (cfr.C.C.C. 1650-1651 e 2386-2391).
2 - Quando si presenta uno di questi casi, il confessore non deve subito e sempre negare l'assoluzione, ma deve prima ponderare accuratamente la situazione della singola persona, usando il massimo della comprensione, purché questa rimanga nei limiti stabiliti dagli insegnamenti della Chiesa.
3 - I penitenti che desiderano vivere in grazia di Dio e non possono separarsi dalla compagna/o per sopravvenuti doveri naturali (l'età avanzata o la malattia di uno o di ambedue, la presenza di figli bisognosi di aiuto e di educazione), se hanno il vero pentimento dei propri peccati e un fermo proposito di evitarli per l'avvenire, vivendo con la compagna/o come fratello e sorella, tali penitenti potranno anche accostarsi alla S. Comunione. Se poi ricadono nel peccato, ritornino a confessarsi, con le richieste disposizioni di spirito. Non ci si comporta nello stesso modo anche con gli sposati, che molto spesso compiono l'atto coniugale evitando la concezione?
Come si può dare l'assoluzione a questi - anche se recidivi, se hanno un vero pentimento e un fermo proposito, e si dice a loro di ritornare a confessarsi, se peccano ancora - così si può fare con quelli.
4 - Il confessore insegni a questi penitenti, quando è possibile, il dovere e la via per sanare la loro situazione irregolare.
5 - Un divorziato/a che convive o si è sposato/a civilmente può tentare di chiedere al competente Tribunale Ecclesiastico la dichiarazione di nullità del suo precedente matrimonio religioso o di lei o di tutti e due. Si tratta di avere un pò di buona volontà e tanta pazienza!
6 - Una persona libera che convive con un'altra, pure libera, può avviare le pratiche per la celebrazione del matrimonio religioso.
Lo stesso dicasi di due persone libere che si sono sposate solo civilmente.
4) Gli omosessuali
1 - Gli omosessuali e tutti coloro che hanno tendenze ad anomalie sessuali costituiscono una categoria particolare di penitenti verso i quali il confessore deve avere rispetto, compassione e delicatezza, come per tutti.
A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali anomalie, molto spesso, non dipendono dai singoli individui, ma dalla natura umana ricevuta in sorte e, specialmente nelle forme più gravi, rivelano un fondo patologico e, talvolta, conducono a perversioni sessuali. Essi, come tutti gli altri fedeli normali, devono portare la croce della loro concupiscenza e combattere contro il male per conservare la castità, per la conquista del Regno dei Cieli. (Cfr. Congr. per la Dottrina della fede, "La cura pastorale delle persone omosessuali", 1986; C.C.c. 2357-2359).
2 - Il Confessore verso questi penitenti deve usare bontà, carità e comprensione e indicare loro i mezzi ordinari naturali e soprannaturali (specialmente la confessione frequente), perché possano vincere le tentazioni, evitando in modo particolare le occasioni Prossime di peccato.
3 - Per l'assoluzione il confessore terrà presente le regole generali. Pastoralmente poi li aiuterà ad approfondire e a vivere più intensamente la loro vita spirituale, perché abbiano la forza di superare le loro difficoltà.
5) Coloro che non si confessano da tanto tempo
I - Quando si presenta un fedele che non si confessa da tanto tempo, il sacerdote, prima di tutto, non si meravigli di ciò e, con carità e pazienza, inizi il dialogo, chiedendo come mai si è deciso a confessarsi proprio in quel giorno.
Dalle risposte riuscirà a capire se il penitente è stato spinto da una vera conversione, oppure se intende fare una pia cerimonia in occasione di qualche circostanza particolare: il matrimonio, la morte di qualche persona cara, la prima Comunione o la Cresima del figlio, il 25° delle nozze, ecc.
2 - Se il confessore capisce che il penitente ha serie intenzioni, gli chieda se desidera iniziare l'accusa dei peccati oppure se preferisce essere aiutato.
3 - Se il confessore dall'insieme dell'accusa dei peccati pensa che la confessione non sia stata integra, cerchi, per dovere di carità, di integrarla facendo le domande che ritiene più opportune.
4 - Il confessore, infine, lo aiuti a prepararlo al dolore e al proposito e gli imponga una penitenza maggiore, in considerazione del tempo trascorso senza accostarsi al Sacramento della Riconciliazione e lo esorti a confessarsi più spesso.
6) I casi patologici
1 - Molto spesso si accostano al confessionale gli ammalati psichici, gli esauriti, i depressi, ecc. Con questi il confessore deve avere tanta bontà e soprattutto deve armarsi di una grande pazienza, ricordando che talvolta essi vengono a confessarsi più per sentire una parola di conforto che per ricevere un sacramento.
2 - Per tali ammalati è difficile stabilire il grado di responsabilità, bisogna tener sempre presente il rapporto malattia psichica-peccato: perché vi sia in loro un vero peccato mortale non basta la materia grave, ma si richiede soprattutto la piena avvertenza e il deliberato consenso, elementi indispensabili che, molto spesso, sono a metà o addirittura mancano del tutto.
3 - Il confessore faccia attenzione a non vedere indemoniati certi soggetti, che in realtà non sono altro che casi patologici, bisognosi di cure psichiche o psichiatriche.
7) Gli scrupolosi
Con gli scrupolosi il confessore usi il metodo di grande fermezza e cerchi di adattare per loro le seguenti regole.
1 - Lo scrupoloso deve avere grande ubbidienza al confessore.
2 - Lo scrupolo più grande sia per lui quello di non ubbidire al confessore.
3 - Entro i limiti del Possibile, lo scrupoloso non si confessi da più confessori, ma sempre da]]o stesso, che può essere anche P. Spirituale.
4 - Il confessore dia allo scrupoloso regole generali, che siano chiare, precise e senza ambiguità.
5 - Per quanto riguarda le confessioni passate, il sacerdote insegni allo scrupoloso che si è obbligati a ripeterle solo se è sicuro, da poterlo giurare, che nella vita passata ha taciuto per vergogna qualche peccato mortale certissimo oppure di qualcuno di questi non ha avuto il dolore o il proposito.
Se di tutto ciò ha qualche dubbio, non è più tenuto e, nella maniera più assoluta, non deve più pensare al passato. Quando andrà a confessarsi, rinnovi il dolore e il proposito di tutti i peccati della vita, e così, se qualche peccato non fosse stato rimesso direttamente, verrebbe cancellato allora.
6 - Il confessore dia l'assoluzione sacramentale allo scrupoloso solo una volta alla settimana, a meno che non vi sia qualche peccato mortale certissimo.
7 - Il confessore tenga con lo scrupoloso un contegno piuttosto severo, specialmente quando non ubbidisce.
8 - Il confessore insegni allo scrupoloso che, per commettere un peccato mortale, ci vogliono tre elementi: materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso.
E' molto difficile che uno scrupoloso commetta un peccato mortale, perché molto spesso in lui manca la piena avvertenza e il deliberato consenso. In lui, infatti, manca quell'equilibrio psichico richiesto per dare un giudizio equo alle proprie azioni e, conseguentemente, non ci può essere la piena avvertenza e il deliberato consenso richiesto per il peccato mortale. Bisogna infatti ricordare che lo scrupolo, molto spesso, è una malattia psichica, che deve essere curata.
8) Gli occasionari
1 - Gli occasionari sono coloro che si trovano in occasione di peccato, per una particolare circostanza esterna, che li attira al male, rendendone facile l'esecuzione.
2 - Qui non si tratta di occasione remota, che può essere facilmente evitata, ma di occasione prossima, nella quale un individuo sempre, o quasi sempre pecca; così che anche per l'avvenire, è moralmente certo o molto probabile che egli ricadrà nella colpa, trovandosi nelle stesse circostanze. Tutto ciò è relativo alla concupiscenza e alla fortezza d'animo delle singole persone.
3 - L'occasione prossima di peccato può essere volontaria o necessaria. L'occasione prossima volontaria si ha quando l'individuo volutamente si mette in quella occasione. Questa, con un po' di buona volontà, si può evitare. L'occasione prossima necessaria si ha quando uno si trova nell' occasione prossima, senza volere, portato in quella dalle circostanze di vita. Allontanarsi da questa è molto difficile per il grave danno che ne deriverebbe alla vita, o alla salute o alla reputazione; ecc. per esempio la perdita del posto di lavoro, un matrimonio in vista, la convivenza coniugale, ecc.
4 - Chi non vuole evitare l'occasione prossima volontaria di peccato non può essere assolto.
5 - Chi si trova nel!' occasione prossima necessaria di peccato deve cercare di usare i mezzi idonei naturali e soprannaturali per rendere l'occasione, da prossima a remota.
6 - Il confessore deve cercare con il penitente la via migliore per evitare il peccato, valutando le varie situazioni e ricorrendo talvolta anche a rimedi drastici, se questi sono indispensabili per la salvezza dell'anima.
9) Gli abitudinari e recidivi
1 - Gli abitudinari sono quelli che hanno contratto l'abitudine in qualche vizio, che durante un periodo piuttosto lungo di tempo cadono spesso nello stesso peccato, senza che tra l'una mancanza e l'altra vi sia un intervallo abbastanza lungo. I recidivi sono quelli che, dopo varie confessioni, sono ricaduti nello stesso peccato senza alcun emendamento.
2 - Il confessore può sempre assolvere sia gli abitudinari che i recidivi, purché abbia verificato in loro la vera contrizione e il fermo proposito dei propri peccati, anche se prevedono in seguito altre ricadute; poiché questi, di solito, non sono peccati di malizia, ma di fragilità e di debolezza.
Bisogna tener presente che il dolore e il proposito si sviluppano nella volontà e non nell'intelletto, che non influisce minimamente, prevedendo altre cadute in avvenire. Nessuno, infatti, dovrebbe andare più a confessarsi, perché tutti prevediamo che in avvenire ricadremo negli stessi peccati o in qualche altro.
3 - La stessa cosa si deve dire per i peccati veniali, nei quali si cade spesso, e che si accusano in quasi tutte le confessioni sacramentali. Poiché non si è obbligati a confessare tutti i peccati veniali, si deve allora prenderne di mira uno o due, nei quali si cade più spesso; confessare questi, ma di questi bisogna avere il vero dolore e il fermo proposito; perché chi confessa consapevolmente e con leggerezza solo colpe veniali, senza aver di queste il vero dolore e il fermo proposito, commette un peccato grave di sacrilegio, poiché rende invalido il sacramento. Il confessore, pertanto, cerchi di aiutare il penitente ad avere il dolore e il proposito di almeno un peccato veniale.
4 - Il confessore deve avere una particolare attenzione per i giovani abitudinari e recidivi che si preparano alla vita religiosa e sacerdotale. I candidati che si dimostrassero certamente incapaci di osservare la castità religiosa e sacerdotale per la frequenza delle mancanze contro di essa, o per la forte inclinazione alla sessualità, o per l'eccessiva debolezza della volontà, non possono essere assolti se non promettono di non accettare di emettere la professione religiosa o di non ricevere gli ordini sacri o, almeno, di rimandarli per un adeguato periodo di prova.
L'incapacità di osservare la castità, infatti, è un segno chiaro che il candidato non possiede la vocazione.
Quanto sopra detto è il pensiero costante del Magistero ordinario della Chiesa, espresso soprattutto negli ultimi documenti: s.e. De Sacramentis, Instructio, 27 Dec. 1930; S.c. De Religiosis, Instructio, I Dec. 1931; Pio XI, "Ad Catholici Sacerdotii", 20 Dec. 1935; Pio XII, "Menti Nostrae", 23 Sept. 1950; s.e. Dei Religiosi, Istruzione, 2 febbraio 1961; Paolo VI "Sacerdotalis Caelibatus", 24 Iunii 1967.
1) Coloro che sono incorsi in qualche censura o irregolarità e altri impedimenti
A) Quando il confessore trova un penitente che è incorso in qualche censura, è opportuno che ricordi quanto segue:
Possono assolvere dalla censura:
- Il Tribunale della Penitenzieria Apostolica: le censure riservate alla S. Sede.
- Gli Ordinari (can. 1355, par. I, n. l°) e gli Ordinari del luogo (can. 1355, par. I, n. 2), che possono esercitare la facoltà sia in foro esterno che in quello interno, secondo le loro competenze.
- Qualsiasi vescovo, eletto, (non è necessario che sia consacrato), ma solo nell'atto della confessione sacramentale (can. 1355, par. 2).
- Altri sacerdoti, secondo le limitazioni stabilite dal codice.
- Il canonico penitenziere (can. 508).
- I cappellani degli ospedali, delle carceri e delle navi (can. 566, par. 2).
- Qualsiasi sacerdote, validamente ordinato, in pericolo di morte (can. 976).
- I sacerdoti degli ordini "Mendicanti" (Francescani, Domenicani, Carmelitani, ecc.) per privilegio, a norma del can. 4, possono assolvere dai casi non riservati dal diritto comune alla Santa Sede, come per esempio dalla censura annessa all'aborto procurato, ottenuto l'effetto.
- Qualsiasi confessore (can. 1357), munito dalla debita facoltà di assolvere dai peccati (can. 967, par. 2) secondo le seguenti limitazioni.
1 - Condizione: deve trattarsi di un penitente al quale sia gravoso rimanere in stato di peccato grave per il tempo necessario affinché il Superiore competente provveda (can. 1357, par. I).
2 - Ambito: può assolvere solo nel foro interno sacramentale, nell' atto della confessione sacramentale.
3 - Oggetto: può assolvere la censura "latae sententiae" di scomunica o di interdetto, semplicemente incorse, ossia non dichiarate, anche se riservate alla Santa Sede, in quanto impediscono la recezione dei sacramenti, finché la censura non venga rimessa (cann. 1331, par. I, n. 2; 1332).
4 - Congrua penitenza: nel frattempo il confessore deve imporre al fedele una penitenza, proporzionata al male compiuto, con la riparazione dello scandalo e dei danni eventualmente provocati.
5 - L'obbligo di ricorrere entro un mese.
Il confessore deve imporre al penitente l'obbligo di ricorrere entro un mese - non con grave incomodo (Cfr. can. 1323, n. 4) - sotto pena di ricadere nella censura, al Superiore competente o a un sacerdote munito della debita facoltà e di attenersi alle sue decisioni.
Il ricorso al Superiore competente può essere fatto anche tramite il confessore, tacendo ovviamente il nome del penitente per non violare il sigillo sacramentale (can. 1357, par. 2).
Se il ricorso viene fatto alla Penitenziaria Apostolica per le censure riservate alla Santa sede (è evidente che ad essa si può ricorrere anche per le censure non riservate alla Santa sede) si usi il seguente indirizzo: "Alla Penitenzieria Apostolica - Città del Vaticano" .
B) Quando il confessore trova qualche penitente, candidato agli Ordini Sacri o sacerdote, che è incorso in qualche irregolarità o altri impedimenti, ricordi i cann. 1041-1049:
1 - irregolarità che impediscono la recezione degli Ordini Sacri (can. 1041);
2 - semplici impedimenti che vietano la recezione degli Ordini Sacri (can. 1042);
3 - irregolarità che impediscono l'esercizio degli Ordini Sacri (can. 1044, par. l);
4 - semplici impedimenti che si oppongono all'esercizio degli Ordini Sacri (can. 1044, par. 2);
5 - l'ignoranza delle irregolarità e degli impedimenti non esime dai medesimi (can. 1045).
6 - "Nei casi occulti più urgenti, se non si possa ricorrere al Vescovo, o quando si tratti .delle irregolarità di cui al can. 1041 nn. 3 (attentato matrimonio) e 4 (omicidio volontario e procurato aborto), alla Penitenzieria, e se incomba il pericolo di grave danno o infamia, colui che è impedito dalla irregolarità di esercitare l'ordine, può esercitarlo, fermo però restando l'onere di ricorrere quanto prima (un mese), all'Ordinario o alla Penitenzieria, taciuto il nome e tramite il confessore" (can. 1048).
7 - Se al confessore si presentasse un caso piuttosto complesso e non avesse subito pronta la soluzione, può dire al penitente se è disposto ad accettare quanto gli verrà indicato dopo l'esame del caso e, se accetta, potrà concedergli l'assoluzione. Il confessore poi chieda consiglio a qualche sacerdote competente in materia e tenga presente che l'organo proprio della Santa Sede per i ricorsi è la Penitenzieria Apostolica.
13) Il confessore e l'assoluzione sacramentale
1) Quando il confessore non ha dubbi sulle disposizioni del penitente, per dovere di giustizia, egli deve concedergli l'assoluzione sacramentale (Cfr. can. 980).
2) Quando il confessore si accorge che il penitente non è sufficientemente disposto, cerchi di aiutarlo ad avere le disposizioni richieste oppure, d'accordo con lui, differisca l'assoluzione sacramentale per una più accurata preparazione.
3) Il confessore non può differire l'assoluzione sacra mentale, quando il penitente, disposto, la desidera.
4) Quando il confessore dubita delle disposizioni del penitente, con ulteriori domande cerchi di arrivare alla certezza morale per il sì o per il no.
5) Quando il confessore è moralmente certo che il penitente non è disposto, non gli può dare l'assoluzione sacramentale, ma gliela neghi in modo tale che risulti che è il penitente che non vuole essere assolto.
Il confessore gli faccia questo discorso:
"Se io le dò l'assoluzione sacramentale ora, quando lei non ha le disposizioni richieste (dolore e proposito), commetto un peccato mortale di sacrilegio e uno ne commette anche lei, così tornerà a casa non in grazia di Dio, ma con un peccato mortale in più. Penso che io non debba darle l'assoluzione. Stando così le cose, ora io le domando: "Vuole l'assoluzione?". Molto probabilmente il penitente risponderà negativamente e allora non è il sacerdote che gli nega l'assoluzione, ma è il penitente stesso che la rifiuta, perché ha compreso che il suo stato d'animo non è disposto a ricevere il sacramento. ' Il confessore poi lo esorti a tornare quanto prima, dopo aver riflettuto ed essersi disposto ad accogliere la grazia di Dio.
14) La Confessione Sacramentale e la S. Comunione
1) Rapporto fra i due sacramenti
In questo capitolo esamineremo il rapporto che esiste tra la Confessione Sacramentale e la S. Comunione. Diciamo subito che la prima non è in funzione dell'altra, come pensano, erroneamente, molti fedeli, i quali credono che quando ci si accosta alla S. Comunione bisogna anche prima confessarsi. Sono due sacramenti che possono essere benissimo separati.
Il Battesimo e la Penitenza sono stati istituiti da N.S. Gesù Cristo per cancellare i peccati. Il Battesimo, che è la porta degli altri sacramenti, necessario di fatto o almeno di desiderio per la salvezza dell'anima, cancella il peccato originale e tutti gli altri peccati commessi prima (Cfr. can. 849). La Penitenza cancella i peccati mortali e veniali commessi dopo il Battesimo (Cfr. can. 959). Nella vita cristiana l'attività più importante è quella di combattere contro il male per conservare la grazia di Dio, che è la veste nuziale (Mt. 22, 11-14) che un' anima deve possedere, al momento della morte, per entrare in paradiso. La grazia di Dio è anche il passaporto che si deve presentare alla propria coscienza e a Dio, quando ci si accosta alla S. Comunione.
Chi è privo di tale dono, perduto per il peccato mortale, deve riacquistarlo con una buona e santa confessione per potersi accostare a ricevere efficacemente Gesù nella SS. Eucarestia. Per chi invece già lo possiede, quel sacramento non è necessario.
La Penitenza è stata istituita soprattutto per poter riacquistare la grazia santificante per chi l'avesse perduta con il peccato mortale, per poter vivere sempre nell'amicizia di Dio e uniti a Lui.
Premesso questo, si può concludere che non è necessario accostarsi alla S. Comunione subito dopo essersi confessati. Si può accedere al mistero eucaristico anche molto tempo dopo, purché nell'anima vi sia ancora la grazia di Dio. Ecco dunque il rapporto che si trova tra la Confessione Sacramentale e la S. Comunione.
2) La S. Comunione
Per fare una buona comunione sono necessarie tre condizioni:
1 - essere in grazia di Dio;
2 - compiere una conveniente preparazione e un doveroso ringraziamento;
3 - essere digiuni da un' ora.
Qui esamineremo solo la prima di queste tre condizioni, la più importante, in quanto può avere rapporto con il sacramento della Confessione Sacramentale. Chi si accosta alla S. Comunione deve essere in grazia di Dio: chi riceve il Corpo del Signore in peccato mortale commette un grave sacrilegio. Prima di accostarsi alla S. Comunione, pertanto, ogni fedele deve prepararsi facendo un serio esame di coscienza per vedere se la sua anima è in grazia di Dio o no.Poiché S. Paolo dice: "Chiunque in un modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, per tanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (l Coro 11,27-29).
Prima di accostarci alla S. Comunione, S. Paolo ci esorta a fare un esame di coscienza, nel quale noi possiamo trovarci in tre stati d'animo.
I - Siamo certi di essere in grazia di Dio: possiamo allora accostarci tranquillamente alla S. Comunione.
2 - Non siamo certi di essere in grazia di Dio, ma dubbiosi: abbiamo cioè dei motivi per pensare di di Dio, che è la veste nuziale (ML 22,11-14) che un'anima deve possedere, al momento della morte, per entrare in paradiso. La grazia di Dio è anche il passaporto che si deve presentare alla propria coscienza e a Dio, quando ci si accosta alla S. Comunione. Chi è privo di tale dono, perduto per il peccato mortale, deve riacquistarlo con una buona e santa confessione per potersi accostare a ricevere efficacemente Gesù nella SS. Eucarestia. Per chi invece già lo possiede, quel sacramento non è necessario.
La Penitenza è stata istituita soprattutto per poter riacquistare la grazia santificante per chi l'avesse perduta con il peccato mortale, per poter vivere sempre nell'amicizia di Dio e uniti a Lui.
Premesso questo, si può concludere che non è necessario accostarsi alla S. Comunione subito dopo essersi confessati. Si può accedere al mistero eucaristico anche molto tempo dopo, purché nell'anima vi sia ancora la grazia di Dio. Ecco dunque il rapporto che si trova tra la Confessione Sacramentale e la S. Comunione.
2) La S. Comunione
Per fare una buona comunione sono necessarie tre condizioni:
1 - essere in grazia di Dio;
2 - compiere una conveniente preparazione e un dove roso ringraziamento;
3 - essere digiuni da un' ora.
Qui esamineremo solo la prima di queste tre condizioni, la più importante, in quanto può avere rapporto con il sacramento della Confessione Sacramentale. Chi si accosta alla S. Comunione deve essere in grazia di Dio: chi riceve il Corpo del Signore in peccato mortale commette un grave sacrilegio. Prima di accostarsi alla S. Comunione, pertanto, ogni fedele deve prepararsi facendo un serio esame di coscienza per vedere se la sua anima è in grazia di Dio o no. Poiché S. Paolo dice: "Chiunque in un modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore saràreo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1 Coro 11,27-29).
Prima di accostarci alla S. Comunione, S. Paolo ci esorta a fare un esame di coscienza, nel quale noi possiamo trovarci in tre stati d'animo.
1 - Siamo certi di essere in grazia di Dio: possiamo allora accostarci tranquillamente alla S. Comunione.
2 - Non siamo certi di essere in grazia di Dio, ma dubbiosi: abbiamo cioè dei motivi per pensare di essere in grazia di Dio e ne abbiamo altri che ci inducono a pensare di essere in peccato mortale; siamo in uno stato di incertezza. In questa situazione di dubbio, possiamo accostarci alla S. Comunione.
3 - Siamo certi di essere in peccato mortale; in questo stato d'animo non possiamo accostarci alla S. Comunione e chi lo facesse commetterebbe un gravissimo sacrilegio, cioè un altro peccato mortale. In questo terzo caso, pertanto, prima di ricevere efficacemente Gesù, bisogna riacquistare la grazia santificante con una buona e santa Confessione Sacramentale.
Il Codice di Diritto Canonico però concede qualche eccezione: "Colui che è consapevole di essere in peccato grave, non celebri la Messa, né comunichi al Corpo del Signore senza premettere la Confessione Sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave e manchi l'opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi che è tenuto a porre un atto di contrizione perfetta, che include il proposito di confessarsi quanto prima" (entro una settimana o quanto prima possibile). (Can. 916 e Cfr. Conc. Trid. can. 11 DS. 1661).
Secondo la precisazione di questo canone, ripresa
dal Concilio di Trento, per celebrare lecitamente la S. Messa o comunicarsi con un solo atto di contrizione perfetta, senza premettere la confessione sacramentale si richiedono due condizioni:
1 - una ragione grave
2 - che manchi l'opportunità di confessarsi.
E' necessario che queste due condizioni esistano simultaneamente.
1 - Una ragione grave si ha quando vi è la necessità di celebrare o di comunicarsi. Quando cioè la celebrazione o la comunione non si può evitare senza scandalo, infamia o altro danno. Ciò si verifica quando il sacerdote deve celebrare una Messa di orario, di matrimonio, di funerale, ecc. oppure quando un fedele solamente all'altare si ricorda di aver commesso peccato mortale. Non può essere reputata una ragione grave, per il fedele, quando assiste alla Messa esequiale e a solenni celebrazioni liturgiche (Cfr. 1 Coro 11 ,27 29; Ench. Mysterium 35,560; "Ench. Celebratio" 23,1640; Giovanni Paolo Il, Ep. "Dominicae Cenae", Il,24 Febr.1980, AAS. 72 - 1980 - 137.
2 - Manca l'opportunità di confessarsi, quando non si può avere un confessore a propria disposizione, senza grave difficoltà fisica o morale. Per grave, qui si deve intendere, fuori dall'ordinario.
15) Le indulgenze
1) La nozione
1 - Il concetto di indulgenza, inteso dalla Chiesa nel senso di remissione di pena dovuta per il peccato commesso e già perdonato, si trova nel Concilio Lateranense IV (1215). Noi abbiamo il primo Anno Santo nel 1.300 con Bonifacio VIII. Nel corso dei secoli molti furono gli abusi e i malintesi sulle indulgenze. Famoso è il caso di Lutero, che nel 1517 espose la sua dottrina, condannata da Leone X nel 1520.
Ai nostri giorni la dottrina delle indulgenze si trova nella Costituzione Apostolica "Indulgentiarum Doctrina", del 10 gennaio 1967, di Paolo VI, che ha sintetizzato in proposito il pensiero della Chiesa dei secoli passati. Nella norma 13 della suddetta Costituzione Apostolica si stabilisce che l' "Enchiridion Indulgentiarum" sarebbe stato riveduto.
2 - La Penitenzieria Apostolica, il 29 giugno 1968, ha pubblicato il nuovo "Enchiridion Indulgentiarum - Normae et Concessiones".Prima editio, mense iunio 1968. Secunda editio, mense octobri 1968. Tertia editio, mense maio 1986. Quarta editio, mense iulio 1999.
3 - Il Codice di Diritto Canonico ha riportato la dottrina delle indulgenze nei cann. 992-997.
4 - Il "Catechismo della Chiesa Cattolica" (C.C.c.) tratta delle indulgenze nei nn. 1471-1479.
5 - "L'indulgenza è la remissione davanti a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, dispensa ed applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi" (can. 992).
Spiegazione
I - "L'indulgenza è la remissione davanti a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa.
Ogni peccato include una colpa (offesa a Dio) e una corrispondente pena da espiare, per reintegrare l'ordine sociale giuridico violato e per l'emendazione del peccatore.
Il peccato mortale include una colpa grave e una pena eterna; il peccato veniale: una colpa leggera e una pena temporale.
L'indulgenza non rimette la colpa, ma solo la pena temporale (non quella eterna), e questo quando la colpa è già stata perdonata. Rimette cioè le pene temporali dei peccati veniali e mortali già perdonati.
La pena eterna dovuta per peccati mortali viene rimessa quando viene perdonata la colpa, lasciando però delle pene temporali da espiare.
II - "Per intervento della Chiesa ". Per Chiesa si intende il Papa, i Vescovi e tutti coloro ai quali è stato concesso dal Papa o dal diritto. Solo queste persone hanno il potere di concedere l'indulgenza.
III - "La Chiesa dispensa ed applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi".
L'indulgenza è dunque il pagamento dei debiti penali dei peccatori, fatto davanti a Dio per mezzo di quella specie di pubblico erario, che è il tesoro della Chiesa, costituito dai meriti infiniti di Cristo, della Vergine e dei Santi.
IV - "La Chiesa concede l'indulgenza per i vivi a modo di assoluzione". L'indulgenza non è un puro atto di grazia, per cui la pena viene rimessa gratuitamente, ma una compensazione fatta attingendo al tesoro dei meriti di Cristo, della Vergine e dei Santi. La possibilità della soddisfazione vicaria risulta dall'unità del Corpo mistico di Cristo, cioè della Comunione dei Santi. Il potere delle indulgenze, poggia sul "Potere delle Chiavi" dell' autorità ecclesiastica e sul I
dogma della Comunione dei Santi. La fonte delle indulgenze è il tesoro della Chiesa, costituito dalle abbondanti opere soddisfattorie di Cristo, della Vergine e dei Santi.
V -La Chiesa concede l'indulgenza per i defunti a modo di suffragio ".
La Chiesa, non avendo giurisdizione sulle anime fuori di questo mondo, presenta a Dio i meriti di Cristo, della Vergine e dei Santi, perché in vista di essi, Dio condoni la pena temporale alle anime purganti. Noi possiamo aiutarle, perché anch'esse sono membri del Corpo Mistico di Cristo, che è la Chiesa, nella quale vige la legge della Comunione dei Santi (scambio di beni spirituali tra i membri del Corpo Mistico, come tra le membra del corpo umano).
Le indulgenze, sia parziali che plenarie, possono essere sempre applicate per i defunti a modo di suffragio, cioè per questa o quell'anima, ma Dio, evidentemente, nella sua santità e giustizia infinita, può applicarle per chi crede più opportuno.
2) La divisione
1 - L'indulgenza può essere parziale o plenaria. L'indulgenza parziale rimette solo una parte della pena temporale, dovuta per i peccati commessi e perdonati. L'indulgenza plenaria rimette tutta la pena temporale, dovuta per i peccati commessi e perdonati.
Le indulgenze parziali e plenarie, concesse dalla Chiesa si trovano nell"'Enchiridion Indulgentiarum Normae et Concessiones", pubblicato, il 16 Luglio 1999.
2 - "Ogni fedele può lucrare per se stesso o applicare ai defunti, a modo di suffragio, indulgenze sia parziali sia plenarie" (can. 997).
3 - Nessuno può applicare le indulgenze che acquista, per altri che sono ancora vivi. (Cfr. "Enchiridion Indulgentiarum", (1986), Norma 3).
3) Chi può concedere le indulgenze
1 - Il Romano Pontefice, "al quale è stato affidato da Cristo Signore la distribuzione di tutto il tesoro spirituale della Chiesa" (Can. 912, codice 1917).
2 - La materia delle indulgenze è affidata alla esclusiva competenza della Sacra Penitenzieria Apostolica. (Cfr. "Ench. Ind.", Norma 6).
3 - "Oltre alla suprema autorità della Chiesa, possono concedere indulgenze solamente quelle persone a cui questa facoltà è riconosciuta dal diritto o è concessa dal Romano Pontefice" (can. 995, par. 1).
Per la facoltà dei Vescovi eparchiali o diocesani, dei Metropoliti, dei Patriarchi, degli Arcivescovi Maggiori e dei Cardinali, cfr. "Ench. Ind.", Normae 7-10. "Nessuna autorità inferiore al Romano Pontefice può dare ad altri la facoltà di concedere indulgenze, se questo non le sia stato concesso espressamente dalla Sede Apostolica" (can. 995, par. 2).
4) Le condizioni per acquistare l'indulgenza plenaria Sono le seguenti:
1 - essere battezzati;
2 - non essere scomunicati;
3 - essere in grazia di Dio, almeno quando viene compiuta l'ultima opera prescritta;
4 - essere sudditi di chi concede l'indulgenza;
5 - l'intenzione almeno generale (abituale) di acquistare l'indulgenza;
6 - l'adempimento esatto delle opere prescritte.
Per acquistare l'indulgenza plenaria inoltre si richiede: (Cfr. "Ench. Indulg." , Normae 1-26)
I - la purificazione dell'anima (esclusione di qualsiasi attaccamento) non solo dal peccato mortale, ma anche da qualsiasi peccato veniale;
II - la Confessione Sacramentale: 15 o 20 giorni prima o dopo aver compiuto l'opera prescritta; con una sola Confessione Sacramentale si possono acquistare più indulgenze plenarie;
III - la Comunione Eucaristica: una per ogni indulgenza plenaria;
IV - una preghiera secondo l'intenzione del Sommo Pontefice: è sufficiente recitare un "Padre nostro" e un' "Ave" e poi si possono recitare altre preghiere libere;
V - se l'opera prescritta è la visita ad una chiesa o ad un oratorio, è sufficiente recitare un "Padre nostro" e un "Credo";
VI - si può acquistare una sola indulgenza plenaria al giorno, fatta eccezione per coloro che sono in punto di morte.
VII - Per acquistare l'indulgenza stabilita per un determinato giorno se si richiede la visita ad una Chiesa o ad un oratorio, la detta visita si può fare dal mezzogiorno della vigilia fino alla mezzanotte del giorno stabilito.
VIII- Il fedele può acquistare l'indulgenza se usa devotamente uno dei seguenti oggetti di pietà benedetti: il crocifisso, la croce, la corona, lo scapolare e la medaglia.
IX - I confessori possono commutare sia l'opera prescritta sia le condizioni, a quelli che siano legittimamente impediti dal compierle.
X - I sordi e i muti possono acquistare le "indulgenze annesse a pubbliche preghiere se, trovandosi insieme ad altri fedeli che pregano, innalzino piamente l'animo a Dio; se si tratta di preghiere private, basta che le recitino mentalmente o le manifestino con segni o le leggano soltanto con gli occhi.
5) Fra le indulgenze concesse dalla Chiesa è bene ricordare l'indulgenza plenaria "in articulo mortis" (in punto di morte)
1 - Il sacerdote che amministra i Sacramenti (in articulo mortis) Il sacerdote che amministra i sacramenti al fedele in pericolo di morte non trascuri di impartirgli anche la Benedizione Apostolica cui è annessa l'indulgenza plenaria.
La Benedizione Apostolica (formula)
"In virtù della facoltà datami dalla Sede Apostolica, io ti concedo l'indulgenza plenaria e la remissione di tutti i peccati, nel nome + del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. R. Amen.
2 - Il fedele da solo (in articulo mortis)
Quando non si può avere un sacerdote, la Santa Madre Chiesa concede al fedele l'indulgenza plenaria in punto di morte, purché sia debitamente disposto (abbia, cioè, tutti i requisiti interiori richiesti per l'acquisto dell'indulgenza plenaria) e abbia recitato abitualmente durante la vita qualche preghiera; nel qual caso la Chiesa supplisce alle tre condizioni richieste di solito per l'indulgenza plenaria (1 - Confessione; 2 Comunione; 3 - Preghiera secondo !'intenzione del sommo Pontefice).
Per acquistare questa indulgenza plenaria è cosa lodevole usare un crocifisso o una croce.
Il fedele potrà ottenere tale indulgenza plenaria "in articulo mortis" anche se nello stesso giorno ha già acquistato un'altra indulgenza plenaria (Cfr. "Ench. Indulg." Conc. 12).
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