Mezzo secolo di vita sacerdotale. La Diocesi di Roma prega per il Papa per il suo 50° anniversario
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Se anche la fatica schiaccia e la disillusione mangia la speranza, un
sacerdote – ha detto una volta e ripete Francesco – deve sempre
ritornare “a quel punto incandescente” in cui lo ha toccato la grazia di
Dio “all’inizio del cammino”. Perché “è da quella scintilla che posso
accendere il fuoco per l’oggi”.
Oggi la Chiesa universale e i leader mondiali che gli rivolgono
auguri e ringraziamenti hanno davanti questo servo del popolo di Dio. Un
uomo e un sacerdote che “ci sta portando per mano per le vie dell’uomo,
‘misericordiando’, con uno sguardo di amore e di tenerezza”, scrive il
cardinale vicario Angelo De Donatis a nome della Diocesi di Roma, la
Diocesi del Papa.
Per lei la preghiera di tutti
Nell’affetto espresso dall’Urbe c’è l’eco dell’amore dell’Orbe, del
sentimento più genuino delle comunità di credenti e pure di tanta
ammirazione da parte di chi non è cristiano, che tuttavia apprezza gli
sforzi di un costruttore di ponti che impedisce, in tempi di muri, che
la moneta della misericordia finisca fuori corso. Che tocca la carne di
Cristo che non di rado ripugna ai cristiani. “Per Lei – scrive ancora il
cardinale De Donatis – sale a Dio la preghiera dei piccoli, dei bambini
delle nostre comunità, che Lei benedice con affetto di Padre. Sale al
Signore per Lei la preghiera dei poveri, che Lei ama in modo
privilegiato; la preghiera degli anziani e dei malati, che offrono le
loro sofferenze per la Chiesa. Per Lei è la preghiera dei giovani,
spinti dal Suo entusiasmo missionario; e delle famiglie, chiamate a
vivere la Gioia dell’Amore. Per Lei è la preghiera di tutti noi, pronti a
portare il Vangelo della gioia”.
Il prete e il senso della vita
Un Vangelo che può avere voce purché l’anima di un prete continui a
essere un braciere. Che si alimenta di Cristo e lo dona “in uscita”, con
prudenza e audacia, insegna Francesco. Un uomo decentrato, il prete,
perché il “senso della nostra vita”, ricorda il Papa, sta in quel “mio
corpo offerto in sacrificio per voi”. Lì dove vive anche la felicità più
grande.
Sergio Centofanti - Città del Vaticano
50 anni di sacerdozio: al servizio di Dio e del suo popolo
Una
vocazione nata nell’esperienza del perdono di Dio che per Francesco si è
trasformato in vita sacerdotale da donare con gioia e semplicità. Il
prete, afferma il Papa, vive in mezzo alla gente con il cuore
misericordioso di Gesù
Sergio Centofanti - Città del Vaticano Sono passati 50 anni. Era il 13 dicembre del 1969: Jorge Mario
Bergoglio, 4 giorni prima del suo 33.mo compleanno, viene ordinato
sacerdote. La sua vocazione risale al 21 settembre 1953,
memoria di San Matteo, il pubblicano convertito da Gesù: durante una
confessione fa un’esperienza profonda della misericordia di Dio. È una
gioia immensa che lo spinge a prendere una decisione “per sempre”: farsi
prete.
È tempo di misericordia
È proprio la Divina misericordia che caratterizza tutta la sua vita
sacerdotale. I preti - afferma - senza fare rumore lasciano tutto per
impegnarsi nella vita quotidiana delle comunità, dando agli altri la
propria vita, “si commuovono davanti alle pecore, come Gesù, quando
vedeva la gente stanca e sfinita come pecore senza pastore”. Così, “a
immagine del Buon Pastore, il prete è uomo di misericordia e di
compassione, vicino alla sua gente e servitore di tutti … Chiunque si
trovi ferito nella propria vita, in qualsiasi modo, può trovare in lui
attenzione e ascolto … C’è bisogno di curare le ferite, tante ferite!
Tante ferite! C’è tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli
scandali, anche nella Chiesa... Gente ferita dalle illusioni del mondo…
Noi preti dobbiamo essere lì, vicino a questa gente. Misericordia
significa prima di tutto curare le ferite”. Questo - ricorda spesso - è
il tempo della misericordia (Discorso ai parroci di Roma, 6 marzo 2014).
Uomo dell’Eucaristia: al centro c’è Gesù
Il sacerdote - dice Francesco - è un uomo decentrato, perché al
centro della sua vita non c’è lui ma Cristo. Per questo ringrazia i
sacerdoti per la celebrazione quotidiana dell'Eucaristia: “Nella
Celebrazione eucaristica ritroviamo ogni giorno questa nostra identità
di pastori. Ogni volta possiamo fare veramente nostre le sue parole: «Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi».
È il senso della nostra vita, sono le parole con cui … possiamo
rinnovare quotidianamente le promesse della nostra Ordinazione. Vi
ringrazio per il vostro ‘sì’, e per tanti ‘sì’ nascosti di tutti i
giorni, che solo il Signore conosce. Vi ringrazio per il vostro ‘sì’ a donare la vita uniti a Gesù: sta qui la sorgente pura della nostra gioia” (Omelia per il Giubileo dei sacerdoti, 3 giugno 2016).
E invita i sacerdoti ad essere prudenti e audaci nello stesso tempo,
perché l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti ma un generoso
rimedio e un alimento per i deboli” (Evangelii gaudium, 47).
La vita sacerdotale nel confessionale
Al servizio di Dio e del suo popolo, il sacerdote svolge una parte
importante della sua missione nel confessionale, dove può dispensare
l’eccesso della misericordia di Dio. Esorta i preti a non essere
rigoristi né lassisti: “Che tra i confessori ci siano differenze
di stile è normale, ma queste differenze non possono riguardare la
sostanza, cioè la sana dottrina morale e la misericordia. Né il lassista
né il rigorista rende testimonianza a Gesù Cristo, perché né l’uno né
l’altro si fa carico della persona che incontra. Il rigorista si lava le
mani: infatti la inchioda alla legge intesa in modo freddo e rigido”.
Anche il lassista “si lava le mani: solo apparentemente è
misericordioso, ma in realtà non prende sul serio il problema di quella
coscienza, minimizzando il peccato. La vera misericordia si fa carico della
persona, la ascolta attentamente, si accosta con rispetto e con verità
alla sua situazione, e la accompagna nel cammino della riconciliazione. E
questo è faticoso, sì, certamente. Il sacerdote veramente
misericordioso si comporta come il Buon Samaritano… ma perché lo fa?
Perché il suo cuore è capace di compassione, è il cuore di Cristo!” (Discorso ai parroci di Roma, 6 marzo 2014).
La preghiera, Maria e la lotta contro il diavolo
Il sacerdote – sottolinea il Papa – è innanzitutto uomo di preghiera.
È dall’intimità con Gesù che sgorga la vera carità. È l’unione con Dio
che fa vincere le innumerevoli tentazioni del male. Il diavolo esiste,
non è un mito - ricorda spesso - è astuto, menzognero, ingannatore.
Francesco invita a guardare Maria, a pregare il Rosario ogni giorno, è
la sua preghiera del cuore, soprattutto in questo periodo, per
proteggere la Chiesa dagli attacchi del diavolo che vuole portare la
divisione. “Guardare Maria è tornare a credere nella forza
rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto”, Lei è “l’amica sempre
attenta perché non venga a mancare il vino nella nostra vita” e come
“una vera madre, cammina con noi, combatte con noi, ed effonde
incessantemente la vicinanza dell’amore di Dio” (Lettera ai sacerdoti nel 160.mo anniversario della morte del Curato d’Ars).
I poveri e il giudizio finale
La spiritualità del prete è incarnata nella realtà di tutti i giorni -
osserva Francesco - e si fa voce profetica di fronte alle oppressioni
che calpestano il povero e il debole: la Chiesa “non può e non deve
rimanere al margine della lotta per la giustizia” relegando la
religione, come vorrebbero alcuni, ”alla segreta intimità delle persone,
senza alcuna influenza nella vita sociale e nazionale” (Evangelii Gaudium,
183), perché il regno di Dio inizia qui in terra ed è già qui che
incontriamo Gesù: il giudizio finale verterà proprio su ciò che avremo
fatto a Cristo nei poveri, nei malati, nei forestieri, nei carcerati
(Mt, 25). Saremo giudicati sull’amore: ma non ci può essere amore senza
giustizia, come diceva San Giovanni Paolo II.
Sacerdoti che danno la vita e lo scandalo degli abusi
Il Papa non tace la “mostruosità” degli abusi compiuti dai sacerdoti,
ripete sempre la vicinanza alle vittime, ma pensa anche ai tantissimi
bravi preti che portano il peso di crimini che non hanno commesso:
sarebbe “ingiusto non riconoscere tanti sacerdoti che in maniera
costante e integra offrono tutto ciò che sono e che hanno per il bene
degli altri”. Quei preti “che fanno della loro vita un’opera di
misericordia in regioni o situazioni spesso inospitali, lontane o
abbandonate, anche a rischio della propria vita”. Il Papa li ringrazia
“per il coraggioso e costante esempio” e invita a non scoraggiarsi,
perché “il Signore sta purificando la sua Sposa e ci sta convertendo
tutti a sé. Ci sta facendo sperimentare la prova perché comprendiamo che
senza di Lui siamo polvere” (Lettera ai sacerdoti nel 160.mo anniversario della morte del Curato d’Ars).
Nelle prove, ricordare il primo incontro con Gesù
Il Papa pensa ai momenti di difficoltà che possono vivere i
sacerdoti, invitandoli a ritornare al primo incontro con Gesù, a quei
momenti luminosi in cui si è sperimentata la chiamata del Signore a
consacrare tutta la vita al suo servizio: occorre ritornare “a quel
punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato all’inizio del
cammino. È da quella scintilla che posso accendere il fuoco per l’oggi,
per ogni giorno, e portare calore e luce ai miei fratelli e alle mie
sorelle. Da quella scintilla si accende una gioia umile, una gioia che
non offende il dolore e la disperazione, una gioia buona e mite” (Omelia nella Veglia Pasquale, 19 aprile 2014).
La stanchezza buona dei sacerdoti
“Sapete - confessa il Papa - quante volte penso a questo: alla
stanchezza di tutti voi? Ci penso molto e prego di frequente,
specialmente quando ad essere stanco sono io. Prego per voi che lavorate
in mezzo al popolo fedele di Dio che vi è stato affidato, e molti in
luoghi assai abbandonati e pericolosi. E la nostra stanchezza, cari
sacerdoti, è come l’incenso che sale silenziosamente al Cielo. La nostra
stanchezza va dritta al cuore del Padre … C’è quella che possiamo
chiamare ‘la stanchezza della gente, la stanchezza delle folle’: per il
Signore, come per noi, era spossante – lo dice il Vangelo –, ma è una
stanchezza buona, una stanchezza piena di frutti e di gioia … È la
stanchezza del sacerdote con l’odore delle pecore” e “con il sorriso di
papà che contempla i suoi figli o i suoi nipotini … Solo l’amore dà
riposo” (Omelia nella Messa del Crisma, 2 aprile 2015).
Omelie brevi che fanno ardere i cuori
L’importanza dell’omelia è stata sottolineata tante volte da
Francesco che esorta con forza i sacerdoti a prepararla bene con un
tempo prolungato di studio, preghiera e riflessione. Invita a fare
omelie brevi che non siano né uno spettacolo né una conferenza o una
lezione puramente moralista e indottrinante: bisogna saper dire “parole
che fanno ardere i cuori” con un linguaggio positivo: non dicendo tanto
quello che non si deve fare ma piuttosto proponendo quello che si può
fare meglio: “Una predicazione positiva offre sempre speranza, orienta
verso il futuro, non ci lascia prigionieri della negatività” (Evangeli gaudium,
159) esprimendo “vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza
cordiale che non condanna” (Evangelii gaudium, 165). Il Papa sottolinea
il ruolo fondamentale del ‘kerygma’ il primo annuncio: “Gesù Cristo ti
ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco
ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti” (Evangelii
gaudium, 164).
L’umorismo dei sacerdoti
“Il santo è capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo” ricorda
il Papa ai sacerdoti citando San Filippo Neri o la preghiera del
buonumore di San Tommaso Moro. È una gioia che nasce dall’unione con
Gesù e dalla fraternità. “Il senso dell’umorismo è una grazia che io
chiedo tutti i giorni” - ha detto nel novembre 2016 in una intervista
rilasciata a Tv2000 e InBlu Radio – perché “il senso dell’umorismo ti
solleva, ti fa vedere il provvisorio della vita e prendere le cose con
uno spirito di anima redenta. È un atteggiamento umano, ma è il più
vicino alla grazia di Dio”. È segno di una grande maturità spirituale
che nasce dallo Spirito Santo.
L’appello del Papa ai fedeli: sostenete i preti
Papa Francesco chiede ai sacerdoti di essere sempre vicini alla
gente, ma nello stesso tempo chiede ai fedeli di sostenere i preti:
“Cari fedeli, siate vicini ai vostri sacerdoti con l’affetto e con la
preghiera perché siano sempre pastori con il cuore di Dio” (Omelia per la Messa del Crisma, 28 marzo 2013).
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