mercoledì 31 luglio 2019

Međugorje, Martedì 31 Luglio 2019, preghiera di guarigione

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 Međugorje, Martedì 31 Luglio 2019, preghiera di guarigione guidata da fra Zvonimir Pavičić.
La preghiera di guarigione riprenderà tra una settimana dopo il Mladifest.

1 e 2 agosto il “Perdono d’Assisi”: - Ecco cos'è e come ottenere l'indulgenza



  


        
                            
I primi due giorni di agosto sono tradizionalmente legati, nella Chiesa, al Perdono di Assisi, ovvero l'indulgenza plenaria che San Francesco ottenne da Papa Onorio III nel 1216.
                      Cos'è l'indulgenza
E' la cancellazione della pena che rimane in seguito ai peccati commessi e che serve a riparare il disordine causato dal peccato stesso. Attenzione, l'indulgenza non cancella i peccati, come a volte si pensa in maniera errata. Per il perdono è sempre necessaria la confessione sacramentale. La purificazione si può invece ottenere attraverso la preghiera, la mortificazione, le opere buone, la sofferenza e il penitente in questa riparazione non è solo. Può infatti attingere ai meriti infiniti di Cristo e a quelli dei santi. In virtù di questa comunione dei santi la Chiesa concede, a chi abbia le giuste disposizioni e compia alcuni atti prescritti, il beneficio dell'indulgenza.
Ma cosa rappresenta il Perdono di Assisi in un momento storico come quello attuale, in cui il Papa pone continuamente l'accento sulla misericordia di Dio? Lo abbiamo chiesto a padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro convento di Assisi:
"E' la riscoperta di noi stessi e dell'altro. Di noi stessi perché prendiamo coscienza che siamo limitati e a volte sbagliamo e ci smarriamo; dell'altro perché continuamente le relazioni hanno bisogno di nutrirsi di perdono per ricominciare e riprendere il cammino. Le persone che non riescono a perdonare e a dimenticare hanno smarrito la loro umanità e diventano rancorose, avvelenando l'ambiente in cui vivono ma soprattutto il loro tessuto di vita".
Quest'anno c'è una novità importante, l'esposizione dell'abito che indossava Padre Pio quando ricevette le stimmate. Qual è il senso dell'esposizione di questa preziosa reliquia?
"La comunità dei frati minori, come ogni comunità in generale, pone al centro i simboli che richiamano in questi giorni il valore di chi ha incarnato il sacramento della misericordia e i gesti di perdono. Accostarsi ad essi significa avere dei modelli che ci dicono che è possibile vivere animati dal perdono e dalla misericordia".

Il Perdono di Assisi nasce come una consuetudine francescana che però si è estesa a tutta la terra. Quale messaggio arriva da Assisi alla Chiesa universale e al mondo intero?
"Da Assisi parte un messaggio che si rinnova ogni anno e di cui si riscopre l'attualità: più perdoniamo, più diventiamo umani e capaci di accoglierci e accogliere. L'uomo che perdona, la donna che perdona, il giovane che perdona è un uomo, una donna, un giovane luminoso che sorride alla vita e la vita gli sorride".


La storia

In una notte di luglio del 1216, mentre Francesco pregava nella Porziuncola, ebbe la visione sfolgorante di Gesù sopra l'altare insieme alla Santissima Vergine e a una moltitudine di angeli. Gli fu chiesto cosa desiderasse per la salvezza delle anime e il frate d'Assisi supplicò che venisse concessa la remissione delle colpe a quanti, confessati e pentiti, avessero visitato quella chiesa. Gesù glielo concesse a patto che Francesco domandasse al Papa l'indulgenza. Cosa che il santo fece subito a Perugia, dove Onorio era stato appena eletto dopo la morte di Innocenzo III il 16 luglio. Papa Francesco si recò pellegrino alla Porziuncola il 4 agosto 2016 in occasione dell'ottavo centenario del Perdono.

Le condizioni

L'indulgenza all'inizio fu concessa solo a chi avesse visitato la Porziuncola il 2 agosto. Con il tempo venne estesa a tutte le chiese francescane e poi a tutte le parrocchie, con la possibilità di visitarle da mezzogiorno del 1° agosto a tutto il 2. Per lucrare l'indulgenza plenaria sono necessari, oltre alla visita durante la quale si pregano il Padre Nostro e il Credo, la confessione e la comunione (possibili anche otto giorni prima o dopo quello della visita) e una preghiera secondo le intenzioni del Papa (di solito un Padre Nostro, un'Avemaria e un Gloria). Inoltre, è necessario avere un animo che escluda qualsiasi affetto al peccato, anche veniale.

Le celebrazioni

Sono iniziate ad Assisi già nei giorni scorsi, con il triduo di preparazione e l'arrivo del saio che Padre Pio indossava il 20 settembre 1918 quando ricevette le stimmate. La reliquia resterà alla Porziuncola fino a domani, poi venerdì mattina sarà trasferita nel Santuario della Spogliazione dove domenica alle 11 ci sarà la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di Assisi mons. Domenico Sorrentino. Poi il saio sarò portato a La Verna, dove lunedì 6 è prevista una celebrazione presieduta dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di S. Pietro, prima di tornare a S. Giovanni Rotondo. Oggi alle 11 fra Michael Perry, ministro generale dell'Ordine dei Frati minori, presiederà la Messa al termine della quale si svolgerà la processione di "Apertura del Perdono". In serata alle 19 i vespri presieduti da mons. Sorrentino, a seguire l'offerta dell'incenso da parte del sindaco Stefania Proietti e alle 21.15 veglia con la processione "aux flambeuax" guidata dal custode della Porziuncola padre Giuseppe Renda. Domani la basilica resterà aperta per l'intera giornata. Tra le celebrazioni eucaristiche quelle presiedute da mons. Sorrentino, dal vescovo di Gubbio mons. Paolucci Bedini e dal provinciale dei frati minori padre Claudio Durighetto. Nel pomeriggio è previsto l'arrivo dei giovani che da tutta Italia hanno preso parte alla 38^ Marcia Francescana. Sul sagrato diverse le manifestazioni che faranno da contorno all'evento, tra cui il Concerto del Perdono eseguito dalla Banda musicale della Gendarmeria Vaticana.

"Medjugorje ci ha cambiati!!"- Una commuovente testimonianza di conversione

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La testimonianza di conversione di Gabriele e Daniela Visentin - Video estratto dalla puntata di "Sulla Via di Damasco" andata in onda su Rai 2 il 28.03.2015

martedì 30 luglio 2019

La conferenza stampa si svolgerà a Medjugorje giovedì 1° agosto 2019


La conferenza stampa in occasione del 30° Festival dei giovani si svolgerà a Medjugorje giovedì 1° agosto 2019 alle 17:00, presso le strutture di Radio Mir Medjugorje. Fr. Marinko Sakota, parroco di Medjugorje e  il visitatore apostolico della parrocchia di Medjugorje, l'arcivescovo Henryk Hoser parleranno  ai giornalisti e risponderanno alle loro domande.
Il Festival della Gioventù, che si terrà dal 1° al 6 agosto 2019, è un evento in cui decine di migliaia di persone provenienti da tutto il mondo si riuniscono e il tema di quest'anno è "Seguimi" (Mc 10, 21).
Il cardinale Angelo De Donatis, vicario generale di Roma, sarà il principale celebrante della Santa Messa di apertura di giovedì 1° agosto, mentre la Santa Messa di chiusura sarà celebrata dall'arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova evangelizzazione.

Cos'è la "zizzania" -Nel Vangelo la zizzania viene usata come metafora....


La zizzania , anche detta “loglio cattivo”, è una pianta erbacea simile al frumento, che nasce nei campi coltivati, confondendosi fra i cereali. Nuoce ai vegetali che crescono nel terreno circostante, danneggiando le coltivazioni agricole (produce una farina tossica). È ciò che comunemente viene definita una “erbaccia”, con fiori a spiga con chicco rosso, ovvero una pianta senza alcuna utilità. Da qui l’espressione “seminare” o “mettere zizzania”, che significa creare, subdolamente e con malignità, ostilità fra le persone.

L'eliminazione della zizzania dai campi di cereali è resa difficoltosa dal fatto che le sue cariossidi sono simili a quelle del frumento.

Parabola della zizzania
Nel Vangelo la zizzania viene usata come metafora del maligno in quella che è, appunto, nota come “parabola della zizzania”. La parabola racconta di un “nemico” che seminò della zizzania nel campo di un uomo, il quale aveva cosparso il suo terreno di “seme buono” di frumento. L’uomo lasciò crescere la zizzania ma, al tempo della raccolta, ordinò ai mietitori di estirparla e di bruciarla, portando solo il frumento nel suo granaio. Il frumento serve a rappresentare i figli del Regno di Dio, la zizzania i figli del male. Il nemico che l’ha seminata è il diavolo, e la mietitura la fine del mondo.


 «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l'ha seminata è il diavolo”. Dovrebbe bastarci questa spiegazione di Gesù per farci fare una domanda importantissima: chi siamo noi? Seme buono o zizzania? Da questa risposta sapremo anche di chi siamo davvero figli: se di Dio o del diavolo. È Gesù stesso che ci dice come fare a dedurre la qualità di qualcosa: “l’albero lo si riconosce dai frutti”. Allora se noi siamo causa di divisione, di discordia, di malessere, di angoscia, di malaffare, di inganno, di maldicenza, è facile capire che noi siamo nel mondo come zizzania, e consideriamo nostro padre il diavolo. E serve a poco dire “non è così!”, perché sono i fatti a darci ragione o torto. Ma è anche vero che delle volte noi portiamo divisione, discordia e infelicità perché la maggior parte di queste cose ce le abbiamo dentro. È infatti nel cuore dell’uomo che si decide l’appartenenza. Tutta la nostra vita è decidere da quale parte stare, chi considerare padre, cosa voler essere. Non abbiamo tutto il tempo, ma abbiamo solo il tempo di questa vita. Poi verrà la fine, e saremo giudicati da ciò che avremmo fatto: “Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro”. Dobbiamo convincerci del fatto che sono le piccole decisioni di ogni giorno che decideranno del nostro destino finale. Scegliere di essere sale e luce, è diverso dallo scegliere di essere aceto e buio. Ma tutto quello che vogliamo portare fuori di noi dobbiamo coltivarlo dentro di noi. Chi porta discordia è diviso dentro. Ed è dentro che deve guarire.
(Mt 13,36-43)

 Luigi Maria Epicoco

L GRANELLINO🌱
(Mt 13,36-43)

Raramente i mass media diffondono e seminano buone notizie. I telegiornali sono seminatori di cattive notizie. Si capisce bene che i proprietari delle reti televisive sono persone senza fede e speranza cristiana.
Nella vita di ogni giorno ci sono tante belle notizie da trasmettere, ma si vede che i direttori dei telelegiornali vogliono che i giornalisti vadano a scovare le brutte notizie per riempire la pagina della cronaca nera. Menomale che Tv2000, insieme al giornale AVVENIRE, seminano quello che di bello e di buono avviene nel mondo. Non c'è solo cattiveria o malvagità nel mondo, ma anche bontà e santità.
Il Signore Gesù ci esorta ad essere seminatori e diffusori di pace, amore e gioia dove viviamo e operiamo. Il gusto di andare a diffondere il male che accade di vedere è satanico, è doppiamente satanico diffondere calunnie per screditare il prossimo. Chi diffonde il falso e la menzogna è figlio di Satana, il signore della menzogna.
Chi ha il potere dei social ha una grande responsabilità. Se il Signore permette che tu venga a conoscenza del male che fa il prossimo, non divulgarlo, ma, dopo aver pregato per la sua conversione, correggilo privatamente. Se qualcuno ti induce a sparlare di lui, racconta tutto il bene che sai di lui.
Il Cristiano non è seminatore di zizzania. Quando proprio non hai niente di buono da raccontare circa una persona, rimani in silenzio. Il Cristiano è figlio della luce e, per questo, è chiamato a diffondere solo raggi di bellezza, di bontà e pace. Gli operatori di pace sono chiamati figli di Dio.
Grida dai tetti quello che di bello e di buono sai e copri con un manto di misericordia le debolezze degli uomini. Non dimenticare quello che insegna Gesù: "Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia presso Dio". Amen. Alleluia.
(P. Lorenzo Montecalvo dei Padri Vocazionisti)



 Nella Chiesa c’è una malattia: quella di seminare divisione e zizzania. I cristiani, invece, sono chiamati a pacificare e riconciliare, coma ha fatto Gesù.
 “La pace è opera di Gesù”  di quel suo “abbassarsi per obbedire fino alla morte e morte di Croce". “E quando noi parliamo di pace o di riconciliazione, piccole paci, piccole riconciliazioni, dobbiamo pensare alla grande pace e alla grande riconciliazione” che “ha fatto Gesù. Senza di Lui non è possibile la pace. Senza di Lui non è possibile la riconciliazione”. “Il compito nostro” in mezzo alle “notizie di guerre, di odio, anche nelle famiglie” – è essere “uomini e donne di pace, uomini e donne di riconciliazione”:
“E ci farà bene domandarci: ‘Io semino pace? Per esempio, con la mia lingua, semino pace o semino zizzania?’. Quante volte abbiamo sentito dire di una persona: ‘Ma ha una lingua di serpente!’, perché sempre fa quello che ha fatto il serpente con Adamo ed Eva, ha distrutto la pace. E questo è un male, questa è una malattia nella nostra Chiesa: seminare la divisione, seminare l’odio, seminare non la pace. Ma questa è una domanda che tutti i giorni fa bene che noi ce la facciamo: ‘Io oggi ho seminato pace o ho seminato zizzania?’. ‘Ma, alle volte, si devono dire le cose perché quello e quella…’: con questo atteggiamento cosa semini tu?”.
Chi porta pace è santo, chi "chiacchiera" è come un terrorista I cristiani, dunque, sono chiamati ad essere come Gesù, che “è venuto da noi per pacificare, per riconciliare”:
 “Se una persona, durante la sua vita, non fa altra cosa che riconciliare e pacificare la si può canonizzare: quella persona è santa. Ma dobbiamo crescere in questo, dobbiamo convertirci: mai una parola che sia per dividere, mai, mai una parola che porti guerra, piccole guerre, mai le chiacchiere. Io penso: cosa sono le chiacchiere? Eh, niente, dire una parolina contro un altro o dire una storia: ‘Questo ha fatto…’. No! Fare chiacchiere è terrorismo perché quello che chiacchiera è come un terrorista che butta la bomba e se ne va, distrugge: con la lingua distrugge, non fa la pace. Ma è furbo, eh? Non è un terrorista suicida, no, no, lui si custodisce bene”.
Mordersi la lingua Papa Francesco ripete una piccola esortazione:
“Ogni volta che mi viene in bocca di dire una cosa che è seminare zizzania e divisione e sparlare di un altro… Mordersi la lingua! Io vi assicuro, eh? Che se voi fate questo esercizio di mordersi la lingua invece di seminare zizzania, i primi tempi si gonfierà così la lingua, ferita, perché il diavolo ci aiuta a questo perché è il suo lavoro, è il suo mestiere: dividere”.
Quindi, la preghiera finale: “Signore tu hai dato la tua vita, dammi la grazia di pacificare, di riconciliare. Tu hai versato il tuo sangue, ma che non mi importi che si gonfi un po’ la lingua se mi mordo prima di sparlare di altri”. 
  LA TENTAZIONE CRESCE CONTAGIA E SI GIUSTIFICA....
La tentazione si manifesta come un'innocua attrattiva e finisce per trasformarsi in una gabbia, della quale spesso più che cercare scampo si tenta di minimizzarne la schiavitù, sordi alla Parola di Dio. La verità è che non è mai Dio a tentare l’uomo, bensì le sue passioni. La sequenza è quella prodotta dalle passioni stesse le quali, dice l'Apostolo, “concepiscono e generano il peccato. E il peccato, una volta commesso, produce la morte”:

“La tentazione, da dove viene? Come agisce dentro di noi? L’apostolo ci dice che non viene da Dio, ma dalle nostre passioni, dalle nostre debolezze interiori, dalle ferite che ha lasciato in noi il peccato originale: da lì vengono, le tentazioni, da queste passioni. E’ curioso, la tentazione ha tre caratteristiche: cresce, contagia e si giustifica. Cresce: incomincia con un’aria tranquilla, e cresce… Lo stesso Gesù diceva questo, quando ha parlato della parabola del grano e della zizzania: il grano cresceva, ma anche la zizzania seminata dal nemico. E la tentazione cresce: cresce, cresce… E se uno non la ferma, occupa tutto”.

Inoltre,  la tentazione “cerca un altro per farsi compagnia, contagia” e “in questo crescere e contagiare, la tentazione ci chiude in un ambiente da dove non si può uscire con facilità”. È l’esperienza degli Apostoli narrata nel Vangelo del giorno, che vede i Dodici incolparsi a vicenda sotto gli occhi del Maestro per non aver portato del pane a bordo della barca. Gesù, ricorda il Papa, forse sorridendo a quel bisticcio, li invita a guardarsi “dal lievito dei farisei, di Erode”. Ma gli Apostoli per un po’ insistono, senza ascoltarLo, “tanto chiusi nel problema di chi avesse la colpa di non aver portato il pane, che non avevano spazio, non avevano tempo, non avevano luce per la Parola di Dio”:

“E così, quando noi siamo in tentazione, non sentiamo la Parola di Dio: non sentiamo. Non capiamo. E Gesù ha dovuto ricordare la moltiplicazione dei pani per farli uscire da quell’ambiente, perché la tentazione ci chiude, ci toglie ogni capacità di lungimiranza, ci chiude ogni orizzonte, e così ci porta al peccato. Quando noi siamo in tentazione, soltanto la Parola di Dio, la Parola di Gesù ci salva. Sentire quella Parola che ci apre l’orizzonte… Lui sempre è disposto a insegnarci come uscire dalla tentazione. E Gesù è grande perché non solo ci fa uscire dalla tentazione, ma ci da più fiducia”.

Questa fiducia, afferma il Papa, è “una forza grande, quando siamo in tentazione: il Signore ci aspetta”, “si fida di noi così tentati, peccatori”, “apre sempre orizzonti”. Viceversa, ripete Papa Francesco, il diavolo con “la tentazione, chiude, chiude, chiude” e fa “crescere” un ambiente simile alla barca degli Apostoli. E non lasciarsi “imprigionare” da questo tipo di ambiente, conclude, è possibile soltanto “quando si ascolta la Parola di Gesù”:

“Chiediamo al Signore che sempre, come ha fatto con i discepoli, con la sua pazienza, quando siamo in tentazione ci dica: ‘Fermati, stai tranquillo. Ricordati cosa ho fatto con te in quel momento, in quel tempo: ricordati. Alza gli occhi, guarda l’orizzonte, non chiudere, non chiuderti, vai avanti’. E questa Parola ci salverà dal cadere in peccato nel momento della tentazione”.

 Papa Francesco

Mia figlia guarita a Medjugorje dalla mielite - VIDEO TESTIMONIANZA


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 Testimonianza di guarigione di Pierluigi Goro - Video etsratto dalla puntata di Storie Italiane trasmessa su Rai 1 il 02 gennaio 2018

Il 30 luglio moriva S.Leopoldo protettore dei confessori, a Medjugorje dal 1998


 A Medjugorje , sul piazzale dei primi confessionali è posizionata la statua in bronzo di S. Leopoldo Mandic frate cappuccino protettore dei confessori, realizzata in grandezza naturale nel 1998 dallo scultore italiano Carmelo Puzzolo.


Era un piccolo frate, alto solo un metro e quaranta, curvo, malaticcio, con artrite alle mani e difficoltà nel parlare. Persona umile e mite.
Instancabile nel confessionale, una celletta di due metri per tre, vi rimaneva dalle 10 alle 15 ore al giorno e si dedicava in modo particolare alla confessione dei sacerdoti.

 Alla fine del 1940 la salute peggiorava e nell’aprile del 1942 venne ricoverato in ospedale per un tumore all’esofago. Quando rientrò in convento riprese a confessare fino al mattino del 30 luglio quando morì dopo aver tentato di indossare i paramenti per la celebrazione della S.Messa.Il 14/5/1944 due anni dopo la sua morte vi fu un’incursione aerea degli alleati anglo-americani che rasero al suolo la Chiesa e il Convento, ma miracolosamente venne risparmiato il suo confessionale. Lui stesso aveva predetto “La Chiesa e il Convento saranno duramente colpiti dalle bombe, ma questa celletta no. Qui il Padrone Iddio ha usato tanta misericordia alle anime…….deve restare a monumento della Sua bontà“.
La sua tomba venne riaperta dopo 24 anni e con grande sorpresa il suo corpo venne trovato intatto.
Venne poi beatificato da Paolo VI nel 1976, mentre Papa Giovanni Paolo II lo canonizzò nel 1993.
La festa di S.Leopoldo Mandic viene celebrata il 12 maggio di ogni anno.


 Sui lati della Chiesa di S.Giacomo sono posizionati molti confessionali: da una parte ve ne sono 25 costruiti nel 1990 e restaurati nel 2001, dall’altra 36 inaugurati nel 2012.
Esternamente ad ogni confessionale vi sono delle targhette indicanti la lingua con la quale il confessore accoglierà i penitenti.
Medjugorje è denominata “Il più grande confessionale del mondo“. I confessionali sono affollati da pellegrini che attendono pazientemente il loro turno, a volte confusi, increduli, sfiduciati. Il sacramento della riconciliazione è proprio la celebrazione della grande misericordia di Dio che dona il perdono delle colpe attraverso il Sacerdote, rinascendo nella grazia del Padre.


A Medjugorje c’è un forte richiamo alla rinascita spirituale. Molte persone infatti si confessano dopo molti anni di lontananza dai Sacramenti.
La Madonna ci ha inviato diversi messaggi sulla confessione, vorrei citarne alcuni:

15/01/1984

Molti vengono qui a Medjugorje per chiedere a Dio la guarigione fisica, ma alcuni di loro vivono nel peccato. Costoro non comprendono che devono cercare innanzitutto la salute dell’anima, che è la più importante, e purificarsi. Essi dovrebbero, per prima cosa, confessarsi e rinunciare al peccato. Poi potranno implorare la guarigione
02/08/1981

Coloro che hanno sporcato il mio vestito sono quelli che non sono in grazia di Dio. Confessatevi frequentemente. Non lasciate che nella vostra anima rimanga a lungo anche soltanto un piccolo peccato. Confessatevi e riparate i vostri peccati
06/08/1982

Bisogna esortare la gente a confessarsi ogni mese, soprattutto il primo venerdì o il primo sabato del mese. Fate ciò che vi dico! La confessione mensile sarà una medicina per la Chiesa d’occidente. Se i fedeli si confesseranno una volta al mese, presto intere regioni potranno essere guarite.

San Leopoldo Mandic è il famoso Cappuccino confessore a Padova, morto nel 1942. Le sue apparizioni dopo morte, numerose e ben documentate, costituiscono (come quelle degli altri santi) altrettanti indizi della sopravvivenza. Le guarigioni istantanee di malattie organiche seguite in parecchi casi alle apparizioni indicano che non si tratta di allucinazioni.
Ecco il racconto di una persona guarita.
Il fatto che, in certe apparizioni, il Santo sia stato creduto persona corporea vivente in questo mondo, che sia stato toccato, che abbia portato oggetti fisici, fa pensare ad un corpo parasornatico. Ecco il caso di Teresa Pezzo:
«Ero da molto tempo affetta da gravi disturbi al fegato. Si tentarono varie cure, ma tutto inutilmente, tanto che il 22 ottobre 1946, nonostante il persistere della febbre, venni sottoposta a gravissimo intervento chirurgico di oltre tre ore. Dopo parecchi giorni passati tra la vita e la morte, mi ripresi alquanto e andai a Bovolone presso lo zio Arciprete, monsignor Bartolomeo Pezzo. Per un po’ di giorni tutto andò bene, ma il 4 dicembre dovetti rimettermi a letto perché mi ritornarono fortissimi i dolori; la febbre risalì oltre i 40, ricominciò il vomito quasi continuo, tanto che non potevo ritenere nemmeno una goccia d’acqua. Si aggiunse un gonfiore duro e voluminoso al di sopra del taglio dell’operazione; i dolori continui e acutissimi si estendevano alla gamba e al braccio destro. Divenni così debole che non potevo quasi più parlare. Il medico curante dichiarò che si era ritornati allo stato di prima dell’operazione e forse peggio.
Dietro esortazione di un padre cappuccino, di passaggio da Bovolone, il giorno 8, domenica, cominciai la novena di Padre Leopoldo e posi una sua reliquia sulla parte ammalata. Martedì notte, mi addormentai alle 11.30. Suonava mezzanotte quando all’improvviso mi apparve Padre Leopoldo. Era identico alla sua immagine, ma senza stola e molto più bello. La stanza, quantunque la luce fosse spenta, era illuminata a giorno. Il Padre si avanzò sino quasi al mio letto. Tra noi due avvenne il dialogo seguente:
“Mamma! Mamma!” gridai io tra gioia e lo spavento.
“Non aver paura!” disse Padre Leopoldo. “Tu ti accosti tutte le mattine alla santa comunione a letto, non è vero?’
“Sì, Padre’
“Domani” continuò Padre Leopoldo mettendomi una mano sulla spalla “alle 8 vai in chiesa, ascolta la santa messa e fai la comunione, perché sei guarita. E ogni giorno dovrai recitare una corona di Gloria Patri. Questo per tutta la vita’
“Sì, Padre, anche due!”.
“Brava! Tu hai sofferto molto nella tua vita, specie in questo ultimo periodo, ma questo, cara, lo troverai nella eternità! Tu devi sempre fare del bene al mondo e, se ti giungerà qualche brutto momento, dolori e malattie, sopporta tutto con rassegnazione e soffri tutto per amore di Dio”.
“Padre, che grazia!’
“Quando termini la novena?”.
“Lunedì “.
“Allora tornerò lunedì a mezzanotte perché ho molte cose da dirti. Intanto ti dò la benedizione”.
«Mi benedisse e scomparve dicendo: “Sia lodato Gesù Cristo!” ».
«Scomparso Padre Leopoldo, mi scossi. Credevo di aver sognato, ma mi trovai perfettamente guarita. Non più dolori al fegato, scomparso il gonfiore, i dolori alla gamba e al braccio, cessata la febbre.
La zia, che dormiva in camera con me, aveva sentito tutte le parole mie, ma non quelle di Padre Leopoldo, e non aveva visto nulla.
La mattina mi alzai, scesi frettolosa le scale, mentre il giorno prima non potevo nemmeno reggermi in piedi, andai in chiesa alla Messa delle 8, feci la santa comunione, rimasi a lungo in preghiera e poi, ritornata in canonica, mangiai con un appetito formidabile senza sentire alcun disturbo.
Ero perfettamente guarita.
Il fatto suscitò nel paese una grande impressione, perché a tutti era nota la mia dolorosa condizione, e si accese una vivissima attesa della nuova apparizione promessa. Gran numero di persone m’incaricarono di presentare a Padre Leopoldo domande su diverse cose.
Alla mezzanotte tra il 16 e il 17 dicembre, Padre Leopoldo mi comparve di nuovo, circonfuso di luce, in modo da illuminare la stanza a giorno. Mi parlò di molte cose riguardanti la mia vita spirituale e mi raccomandò in modo particolare di pregare. Poi rispose alle domande che gli presentavo. Io scrivevo le risposte man mano che Padre Leopoldo parlava, e le scrivevo alla luce della visione perché la lampada era spenta. La zia che dormiva nella stessa camera e un sacerdote fuori dalla porta udivano le mie parole, ma non vedevano nulla e non sentivano le parole del Padre. Appena questi scomparve, io accesi la lampada esclamando: “Che bellezza! Che bellezza!”. Tenevo in mano il foglio che avevo scritto sotto dettatura di Padre Leopoldo, con la penna fornitami dallo stesso Padre.
Mia zia mi disse poi che durante la visione c’era per lei nella stanza buio perfetto, mi aveva sentito far scorrere velocemente la penna sulla carta, ma che quando Padre Leopoldo scomparve e si accese la lampada, essa vide in mano mia il foglio scritto, ma non la penna con cui l’avevo scritto.
Rileggendo le risposte di quel foglio, rilevai una cosa molto importante: Padre Leopoldo si lamenta quasi con tutti che pregano poco e male, e insiste con tutti che preghino di più se vogliono che Dio li benedica».

Valdi porro (Verona), 28 dicembre 1946: Teresa Pezzo.


Un apostolo della Misericordia:San Leopoldo Mandic' - Eco di Maria nr. 145
Questo cappuccino croato incarnò nella sua vita la parabola del Padre misericordioso che attende il "figlio prodigo". Per questo il richiamo del Papa alla confessione nell'Anno Santo trova in lui un modello eccezionale del ministero in cui il Padre vuol far scoprire ai figli peccatori il suo Cuore.
La celletta della Misericordia - Nato a Castelnuovo di Cattaro, sulla costa dalmata, nel 1866, era tanto piccolo (m 1.35), debole, claudicante per l'artrite deformante ai piedi, aveva un difetto di pronuncia che gli impediva di predicare e così fu sempre adibito alle confessioni. Nella sua celletta-confessionale del convento cappuccino di Padova, dove oggi i fedeli accorrono al suo corpo incorrotto, confessò per trent'anni dalle 10 alle 15 ore al giorno. Ma la città di Padova non si accorse subito del piccolo grande santo che ospitava.
Di se stesso P. Leopoldo diceva: "Sono veramente un uomo da nulla, anzi ridicolo". E così veniva ritenuto dai frati e dalla gente. Perfino i bambini lo deridevano per strada e gli mettevano i sassi nel cappuccio... Dicevano che "era un confessore ignorante, di manica troppo larga, che assolveva tutti senza discernimento". Poi progressivamente la città cominciò ad avviarsi a quel confessionale, alcuni mandati anche da P. Pio che usava dire: "Avete un Santo, perché venite da me?!"
Poco prima di morire nel 1942, P. Leopoldo fece questa profezia: "La città sarà bombardata molte volte, questo convento sarà duramente colpito, ma questa celletta no. Qui il padrone Dio ha usato molta misericordia alle anime: deve restare il monumento della sua bontà". Infatti i bombardamenti del 1944 distrussero il convento, ma la celletta rimase in piedi... Ma cosa avveniva in quella celletta? Se colui che vi entrava mostrava un po' di esitazione o qualche impaccio, P. Leopoldo si alzava in fretta e gli andava incontro allargando le braccia: "Si accomodi, signore, si accomodi... Non abbia paura sa, non abbia riguardo... Vede, anch'io, benché frate e sacerdote, sono tanto misero. Se il Padrone Dio non mi tenesse per le briglie, farei peggio degli altri...".
Tuttavia P. Leopoldo non riduceva la confessione a qualche minuto. Si tratteneva a volte molto a lungo. E non era dolce quando si cercava di scusare il male o minimizzarlo. Lo diventava invece infinitamente se lo si riconosceva con umiltà. Ci basti questo episodio.

Un giorno un uomo entrato in quella celletta si ostinava a difendere i suoi numerosi peccati con sottili ragionamenti. P. Leopoldo le aveva provate tutte ma poi, di fronte alla raffinata derisione dell'uomo, si era alzato in piedi e aveva esclamato: "Se ne vada! Se ne vada! Lei si mette dalla parte dei maledetti da Dio!". L'uomo quasi svenne dalla paura e si prostrò a terra piangendo; allora P. Leopoldo lo sollevò e, abbracciatolo, gli disse: "Vedi, ora sei di nuovo mio fratello".
Talvolta confessava anche con la febbre e saltava i pasti vedendo la fila dei penitenti. Non di rado, finite le confessioni, faceva lunghe preghiere, di notte. A molti penitenti aveva promesso: "Farò io penitenza per te, pregherò io per te". Una volta disse: "Se il Crocifisso mi avesse a rimproverare della 'manica larga' gli risponderei: questo cattivo esempio, Paròn Benedeto (Padrone Benedetto), me l'avete dato voi! Ancora non sono giunto alla follia di morire per le anime!"...
Apostolo dell'unità - Dietro questa vocazione c'è però un segreto. "Quando avevo 22 anni, dice lui stesso, ho sentito la voce di Dio che mi chiamava a pregare e a meditare per il ritorno degli ortodossi all'unità cattolica". Ne fece un voto. Era la sua "santa pazzia", dicevano i suoi confratelli; ne parlava a tutti e sperava di realizzare questa chiamata, concretamente, tornando in Croazia. E sembrava cosa fatta quando la città di Fiume venne annessa all'Italia e lui destinato a quel convento. Ma il Vescovo di Padova tanto fece che ottenne dal Provinciale di mantenerlo nella sua città dove tutti lo reclamavano. Sembrava una sconfitta. Ma non fu così.
Un confratello che si meravigliava per questo cambiamento, gliene chiese ragione e così rispose P. Leopoldo: "Tempo fa ebbi l'occasione di incontrare una santa persona che dopo la comunione mi disse: «Padre, Gesù mi ha ordinato di dirle che ogni anima che lei assiste qui nella confessione è il suo Oriente»". E da allora fece proprio così. Trattava ogni penitente come se la conversione all'unità del suo popolo dipendesse da quella del peccatore che aveva davanti.
Così anche nella Santa Messa - che offriva sempre, se poteva, per questa intenzione - sentiva una sofferenza fisica per la rottura dell'unità e, immedesimandosi a Cristo, piangeva a volte fino a bagnare la tovaglia dell'altare... Dio gli concesse di fare miracoli già in vita; ma lui sosteneva che non c'entrava niente: "Che colpa ne ho io -diceva- se vengono con tanta fede e se, per la loro fede, il Padrone Dio li esaudisce?"
Leggeva nelle anime. Un signore, che da anni non si confessava, era stato trascinato lì dagli amici e pensava tra sé: "Mi metto in coda e poi, quando se ne sono andati tutti, me ne vado anch'io prima che mi tocchi entrare in quello stanzino". Ma di colpo uscì fuori P. Leopoldo e, andando dritto a lui gli disse: "Venga avanti lei, signore... L'aspettavo sa, l'aspettavo...". E poi, una volta dentro: "Lei non voleva venire... ma non si preoccupi... le dico io quello che ha fatto... E' questo quello che ha fatto, vero? E ora è pentito, vero? Allora Dio le perdona tutto. La ringrazio di essere venuto a portarmi tanta gioia, ma l'aspetto ancora, sa... Venga e saremo buoni amici...". Ecco, ci auguriamo che con un buon confessore possiamo incontrare nell'intimo il nostro Padre del cielo...
P. Leopoldo tornò al Padre il 20 luglio 1942 pronunciando le ultime parole della Salve Regina, che aveva sempre chiamato con tenerezza "la Paròna Benedeta"... Il Santo, riprodotto in una statua bronzea a Medjugorje, sembra lì a proteggere e a ispirare i confessori nel loro ministero di misericordia.




Fonte: http://www.progettomedjugorje.it/luoghi/confessionali

http://medjugorje.altervista.org/doc/aldila/venutidallaldila//07-san_leopoldo.php  

http://medjugorje.altervista.org/doc/divinamisericordia/sanleopoldomandic.html


lunedì 29 luglio 2019

VIDEO:Questa è la morte di un Carabiniere Cristiano "Martire"- Omelia di Mons. Marcianò




VIDEO
Somma Vesuviana (NA) 29 luglio 2019 - Video Diretta TG1

 Pubblichiamo l'omelia dell'ordinario militare, monsignor Santo Marcianò, alla Celebrazione delle esequie del Vicebrigadiere Mario Cerciello Rega:
 
Carissimi, oggi non avremmo voluto essere in questa Chiesa in cui alcuni di voi, poche settimane fa, sono stati riuniti da Mario e Maria Rosaria per celebrare nella gioia il grande mistero dell’amore. Un mistero che ci parla ancora in modo commovente anche attraverso il Vangelo (Mt 5,13-16) che tu, Maria Rosaria, hai voluto si rileggesse oggi, perché aveva toccato le corde del vostro cuore nel giorno del matrimonio. Era la festa di S. Antonio e Mario – sappiamo – aveva scelto quella data per sentire ancora più vicino suo padre Antonio dal Cielo. Oggi Mario ci chiama nuovamente, questa volta lui dal Cielo, e noi, che ancora facciamo fatica a crederci, siamo riuniti da un dolore improvviso, straziante, che sentiamo ingiusto.
Sì, cari amici, quanto è accaduto è ingiusto! E l’essere qui, professare la nostra fede in Cristo Risorto, non ci esime, anzi ci obbliga, alla denuncia di ciò che è ingiusto. Ci spinge, oggi, a levare un grido che si unisce alla tante e diverse voci che in questi giorni hanno formato un unico coro, testimoniando la straordinarietà dell’uomo e del carabiniere Mario, ma anche chiedendo che venga fatta giustizia e che eventi come questo non accadano più.
Basta! Basta piangere servitori dello Stato, giovani figli di una Nazione che sembra aver smarrito quei valori per i quali essi arrivano a immolare la vita! Valori che, dice Gesù, ci fanno essere «sale» della terra, sale che insaporisce, purifica, custodisce e ci fa «gustare la bontà del Signore» (Salmo 33[34]).
La morte di Mario risveglia in noi, in qualche modo, la nostalgia del sapore buono di valori come la legalità, la solidarietà, il coraggio, la pace…, troppo spesso sostituito dai sapori estremi del benessere, della violenza, delle dipendenze, che alterano il gusto della vita e non rendono capaci di custodirla.
Sì, davanti a questa morte ci rendiamo meglio conto di quanto valga la vita, ogni vita umana, e di come ogni popolo, religione, società, debba edificarsi sul comandamento che è a fondamento della giustizia e dell’umana convivenza: «Non uccidere»!
Mario ha creduto che non c’è giustizia senza rispetto della vita; ha saputo gustare la sua vita con pienezza e gioia, vivere e morire per custodire la vita altrui.
Lo ha fatto nel suo lavoro. Sconvolti, i suoi colleghi riferiscono di come incarnasse a perfezione la missione del carabiniere, con competenza e destrezza ma anche con una dedizione e una cura della persona superiori a ogni regolamento scritto; era capace – abbiamo sentito da tante testimonianze – di vegliare una notte intera in ospedale, accanto a una madre vedova e alla figlia, o di provvedere ai pasti e alla dignità dei criminali arrestati. Sì, ha servito persino la vita dei criminali, anche di colui che lo ha accoltellato e che, certamente, egli avrebbe voluto difendere dal dramma terribile della droga che disumanizza e rende vittime dei mercanti di morte, soprattutto i giovani. Voi giovani, invece, siete ricchi di tanti doni e potenzialità, come Mario, un giovane meraviglioso che ha scoperto il sapore dell’esistenza non nello “sballo” ma nel dono di sé: nel volontariato di barelliere all’Ordine di Malta, nell’essere uomo dei poveri e ultimi, dei senzatetto con i quali condivideva il suo tempo libero, i suoi averi, il suo sorriso.
E il suo sorriso ha occupato in questi giorni le prime pagine dei giornali, testimonianza di una non comune capacità di donare amore, amicizia, gioia. Era la sua vita, perciò ha potuto servire la vita fino alla fine, offrendo una lezione indimenticabile che lascia senza parole e ha fermato l’Italia, con una partecipazione di popolo poche volte registrata. Molti piangono un amico, un fratello: «Mancherà a tutti», ha detto in una delle interviste il suo comandante. E tu, cara Maria Rosaria, senti di aver perso tutto, perché Mario era la tua vita, così come era la forza e il sostegno della vita della famiglia: di te, mamma Silvia, del fratello Paolo, dell’amata sorella Lucia, custodita ancor più teneramente da quando il padre era tornato in Cielo.
E il Cielo è il vero segreto di Mario, la straordinaria testimonianza di fede che lo ha reso «luce del mondo» e rimane in ricordi intensi e commoventi: la promessa di matrimonio nella Grotta a Lourdes, i pellegrinaggi a Lourdes, Loreto, Medjugorie...
«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?» (Gv 11, 25-26), dice Gesù a Marta, la Santa che ricordiamo oggi, distrutta dal dolore per la morte del fratello. Nel dolore, noi accogliamo questa domanda alla quale, anche in punto di morte, Mario ha risposto il «Sì» della fede. Così, ne siamo certi, egli è oggi nella luce della risurrezione ma egli è stato «luce del mondo», testimoniando in vita la Risurrezione di Cristo. Perché la risurrezione non è solo una dimensione futura ma si realizza nell’oggi, in un presente che fa del cristiano un uomo di speranza e non un rassegnato.
Sì, cari amici. Mario non era un rassegnato! Noi non siamo rassegnati e non ci rassegneremo! Perché, se «Dio è amore» (1Gv 4,8), credere alla risurrezione non è vivere nella rassegnazione ma lottare con amore per un mondo migliore; come hai fatto tu, Mario, e la tua morte, come la tua vita, è diventata punto di luce dal quale sembra alzarsi un grido: «Risorgi»!
«Risorgi»! È grido che raggiunge la nostra Nazione, perché risorga il senso della giustizia, della legalità, del dovere e della fraternità, a partire dagli uomini delle Istituzioni, chiamati a riscoprire l’alto senso etico della propria responsabilità, rifuggendo politiche di interessi, conflitti e corruzione, e perseguendo le autentiche priorità del proprio impegno a servizio alla città dell’uomo. Non è nostro compito dire se servano leggi più rigide o soltanto leggi più giuste, ma una cosa osiamo chiedervela: «Metteteci il cuore! Fate anche voi della vita degli altri il senso della vostra vita, consapevoli che quanto operate o non operate è rivolto a uomini concreti: a cittadini e stranieri, a uomini e donne delle Forze Armate e Forze dell’Ordine, ai quali non possiamo non rinnovare il grazie e l’incoraggiamento della Chiesa e della gente! E se voi, responsabili della cosa pubblica, e tutti noi sapremo meglio imparare, da uomini come Mario, il senso dello Stato e del bene comune, l’Italia risorgerà. «Risorgi»! Mario lo dice con dolcezza a te, sposa alla quale ha rivolto l’ultimo pensiero, e a voi tutti suoi cari, promettendovi un amore che non finisce. Lo ritroverete nei ricordi ma anche nelle tante persone che egli ha servito. Alcune sono radunate oggi attorno a voi, come gli amici che erano andati a consolare Marta e Maria per la morte di Lazzaro; e Mario vi lascia in eredità i suoi amici, i suoi poveri, soprattutto i colleghi dell’Arma, famiglia sempre unita e solidale.
«Risorgi»! Mario lo dice infine a tanti cuori di criminali, particolarmente a quei giovani tentati dalla violenza e dal guadagno facile, dalla cultura delle dipendenze e del rischio estremo. Risorgi, giovane, purifica e cambia la tua vita, renditi conto di cosa è la vita, di cosa la custodisce e le dona sapore e senso!
Carissimi fratelli e sorelle, caro Mario, quello che è successo è e rimane profondamente ingiusto, ma la tua morte rappresenta una testimonianza di amore e di fede più intensa di quanto si potesse immaginare quando le parole di Gesù risuonavano in questa Chiesa nel giorno del tuo matrimonio: «Non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa»!
In vita, la tua luce era rimasta nascosta tra i familiari e gli amici, in questo paese natale, nel quartiere dove prestavi servizio a Roma; oggi, però, splende davanti agli uomini, diventando per la nostra Nazione, per il mondo, per la Chiesa tutta, faro che indica la strada, esempio che illumina, fonte di speranza che sostiene. Così, molti, vedendo le tue «opere buone», potranno «rendere gloria al Padre che è nei cieli».
Questo è il dono che ci lasci e, ne siamo certi, questo era il tuo desiderio. Grazie, Mario, prega perché sia anche il nostro e perché il tuo ricordo aiuti noi a diventare più «buoni», per dare sapore alla terra e speranza al mondo. Come il sale e la luce. Grazie Mario! E così sia!

Tante lacrime ho visto a Medjugorje, è una cosa che tocca il cuore

VIDEO:

Intervista a Mons. Pietro Brazzale - Video "pellegrini a Medjugorje" di telechiaraproduzioni - ott. 2012


IL PRETE E I MILLE "SE" DELLA GENTE- da leggere

IL PRETE E I MILLE "SE" DELLA GENTE
Se sta da solo in Chiesa, "si chiude nel suo intimismo".
Se esce, "va sempre in giro, e non si trova mai".
Se va a benedire le case (o meglio, le famiglie), "non è mai in Chiesa".
Se non va, "non fa nulla per conoscere i suoi parrocchiani".
Se qualche volta accetta di andare al bar "è uomo di mondo".
Se non accetta, "vive isolato".
Se si ferma in strada a parlare con la gente, è "pettegolo".
Se non si ferma "è scostante".
Se parla con le vecchiette, "perde il tempo".
Se dialoga con le giovani è "un donnaiolo".
Se sta insieme e gioca con i ragazzi "forse è di tendenze equivoche".
Se non li frequenta, "trascura di compiere il suo principale dovere".
Se accoglie in casa certe persone, "è imprudente".
Se non le accoglie, "non si comporta da cristiano sensibile".
Se in chiesa afferma verità scottanti, "fa politica".
Se tace è "menefreghista".
Se predica un minuto in più diventa "interminabile".
Se parla o predica poco "non ha autorità" o "è impreparato".
Se si occupa dei malati "dimentica i sani".
Se accetta inviti a pranzo o a cena "è un mangione e un beone".
Se rifiuta, "non sa vivere in società".
Se organizza incontri e riunioni "sta sempre a scocciare".
Se tace e ascolta, "si lascia sopraffare da quelli che comandano".
Se cerca di fare qualche aggiornamento, "butta via tutto quello che c'è da conservare".
Se ritiene valide alcune tradizioni, "non capisce i tempi attuali".
Se è d'accordo con il vescovo, "si lascia strumentalizzare e non ha personalità".
Se non condivide tutto quello che il vescovo propone, "è fuori della Chiesa".
Se chiede la collaborazione dei fedeli, "è lui che non vuol far niente".
Se agisce da solo, "non lascia spazio agli altri".
Se si occupa degli immigrati (o extracomunitari) "è imprudente".
Se non si interessa, "è un grande egoista che non vuole rogne".
Se organizza gite, pellegrinaggi, "pensa solo a far soldi".
Se non organizza, "è indolente e non ha iniziative".
Se fa il bollettino parrocchiale, "spreca tempo e soldi".
Se non lo fa, "non informa i fedeli sulle attività della parrocchia".
Se si ferma a casa, "non è mai reperibile in ufficio".
Se inizia la santa Messa in orario, "il suo orologio è sempre avanti".
Se comincia un attimo dopo, "fa quello che vuole e non rispetta gli altri".
Se a tutti ricorda e sottolinea il dovere della partecipazione e della solidarietà, "è sempre arrabbiato e nervoso; e, in ogni occasione, bussa a quattrini".
Se indossa la veste talare "è un sorpassato".
Se veste da borghese, "nasconde la sua identità"...
“Noi tutti siamo peccatori: tutti. Abbiamo peccati. Ma la calunnia è un’altra cosa. E’ un peccato, sicuro, ma è un’altra cosa. La calunnia vuole distruggere l’opera di Dio; la calunnia nasce da una cosa molto cattiva: nasce dall’odio. E chi fa l’odio è Satana. La calunnia distrugge l’opera di Dio nelle persone, nelle anime. La calunnia utilizza la menzogna per andare avanti. E non dubitiamo, eh?: dove c’è calunnia c’è Satana, proprio lui”.
(Papa Francesco)

In un messaggio la Madonna ha detto : «Si deve... » - di P Slavko Barbaric

In un messaggio la Madonna ha detto : «Si deve pregare la preghiera familiare e si deve leggere la Bibbia ». Io non conosco molti messaggi dove la Madonna dice «si deve». La Madonna offre sempre con amore tutto, invita. E nel messaggio ha detto così. Poi ha detto: «Io ho parlato molto, voi non avete accettato, io vi dico per l'ultima volta: voi potete rinnovarvi ». Si deve capire in questo modo: la Madonna si offre come la Mamma e bussa e parla dicendo: se voi non aprite, io non voglio forzarvi, non voglio più parlare. Tramite Jelena poi ha detto: «Io non parlo di questo per la mia salvezza, io sono salvata, ma per voi parlo e voglio che siate salvati». Ho detto oggi a Jelena: « Guarda Jelena, mi sembra un po' strano che la Madonna parli così negativamente ». Jelena ha detto la sua impressione su questa cosa. Ha detto che per la Madonna è molto difficile criticare, ma tante volte deve criticare perché noi cerchiamo la critica. Chi cerca la critica? Chi non vuole ascoltare. Per esempio nella famiglia se un bambino non vuole ascoltare dopo alcune volte riceve la critica. Chi ha voluto la critica? La mamma o il bambino? Il bambino.

La piccola Jelena di 12 anni spiega allora in questo senso come capire questa critica della Madonna. Ha detto che la Madonna aspetta, è paziente e non perde la pazienza con noi. La Madonna prima del Natale all'inizio dell'Avvento ha detto: «Voi non sapete ancora amare. Sono la vostra Madre e sono venuta ad insegnarvi l'amore». Vi ho detto: questa cosa ci deve muovere più che una ammonizione davanti alla catastrofe. La più grande catastrofe è quella di non amare, di non sapere amare piuttosto che una catastrofe materiale. Ma noi qualche volta ci comportiamo come i bambini che reagiscono solo alle ammonizioni; è meglio reagire all'amore, all'invito.Tramite Ivan la Madonna guida un gruppo e domanda da questo gruppo dall'inizio della Quaresima molta preghiera, sopratutto la meditazione della passione del Signore. Ha detto  di meditare le piaghe del Signore, sopratutto la piaga del Cuore che è quella più dolorosa. Sette giorni prima della Pasqua, per la settimana santa, dirà qualche altra cosa. Ha detto di avere sempre davanti la Croce. Jelena mi ha detto stamattina che la Madonna ha proposto come possiamo fare la Via Crucis: pregare bene e meditare. E poi ha detto di portare le cose che possono proprio essere motivo per vivere più profondamente questa passione. Ha detto, per esempio, di portare non solo la croce, ma anche i chiodi, l'aceto. Allora anche un lenzuolo, una corona di spine, cioè questi simboli che possono stimolare.

(P Slavko Barbaric - 25 febbraio 1985)

http://medjugorje.altervista.org/doc/pslavko//41-vostramadre.php

Mi mancava il vino, le sigarette, tutto e loro mi parlavano della Provvidenza. - TESTIMONIANZA A MEDJUGORJE


Testimonianza di don Ivan Filipovic a Medjugorje
Pensavo nella mia vita che non ero responsabile di nessuno, che non dovevo rendere conto a nessuno di ciò che vivevo, che questo fosse la libertà. Pensavo che libertà era avere le tasche piene di soldi, girare per le grandi città d'Europa, guardare tante insegne pubblicitarie che luccicano, vivere in un albergo...
In questa ricerca della libertà ho trovato la droga, il male. Già dall'inizio il male mi ha sedotto, mi attirava, e io sono caduto profondo nel buio. Avete ascoltato la testimonianza di don Stefano, la storia della luce, come la luce entra nella vita dell'uomo, come entra nel cuore di un giovane. Quando mi metto a pensare, quando mi ricordo della mia entrata in Comunità, mi chiedo come ho io potuto incontrare Dio. Avete sentito che Dio si può incontrare, che Gesù Cristo è vivo, che Dio è vivo, è un Dio che si può incontrare, non è una filosofia, non è nelle nuvole, è vivo qui in mezzo a noi nella Parola di Dio, nella Sacra Scrittura, nell'Eucaristia, nella preghiera, nel Rosario. Quando ritorno, soprattutto adesso dopo dodici anni di Comunità, nei ricordi di quando sono entrato in Comunità, quando prendo in mano la Parola di Dio durante l'adorazione personale, mi vengono in mente i primi mesi quando sono entrato. Cosa è successo? Credetemi, quando qualcuno mi parlava dell'amore, di Dio, del perdono, della provvidenza, non credevo in niente. Mi potevano parlare di Gesù quanto volevano ma io non credevo. La mia esperienza di vita era totalmente un'altra cosa. Ma da qualche parte è cominciato un viaggio. Nella mia vita di tenebre è cominciata entrare la luce. A volte mi ricordo di questi momenti, e oggi vedo come Dio mi è venuto incontro, come mi ha portato in Comunità, sicuramente per le preghiere di mia mamma, di mia nonna e delle persone che mi volevano bene.

Poco tempo fa durante la preghiera mi sono ricordato di una situazione: avevo quattro mesi di Comunità e mi hanno dato una responsabilità, dovevo pulire tutto intorno alla casa il sabato pomeriggio, nella Casa Madre. Questo era una grande responsabilità per me. Provate a immaginare: dopo dieci anni di male tutti hanno perso la fiducia in me, ho ingannato tutti, genitori, zii, fratelli, cugini, tutti quelli che mi volevano bene. Avevo preso in giro tutti e tutti mi hanno lasciato, non mi credevano più. Dopo dieci anni qualcuno mi dà una responsabilità, crede di nuovo in me. Io ero strafelice quel giorno. Ero tutto orgoglioso, e mi ricordo che tutto il giorno pensavo a come organizzare tutto. E cosa è successo dopo? Un ragazzo vecchio, aveva quattro anni, ha portato tutti i ragazzi che dovevano lavorare con me per aiutarmi a fare altro. Io sono impazzito dall’orgoglio, ero furioso. Tutta la rabbia che accumulavo negli anni sulla strada, tutto mi è tornato in testa, e ho cominciato a dire le parolacce in croato, italiano, ero come pazzo. Mi sono detto: "Se lo incontro adesso, gli dirò tutto, lo picchio.." e mi immaginavo la situazione quando gli dirò queste cose, e se lui mi rispondeva a come gli darò un pugno. Tutto il pomeriggio avevo questo per la testa. Alla fine quel ragazzo è tornato, io gli sono andato incontro e da me è partita tutta la piazza di male, di rabbia. Non sono riuscito a dirgli neanche un terzo di quello che pensavo, ma quel ragazzo era in pace e mi guardava in faccia, poi ha sorriso; aveva degli occhi che non io non avevo mai visto nella vita. Non erano gli occhi ai quali ero abituato in piazza, non è successo quello che pensavo: quando alzi la voce a qualcuno in piazza, o gli dai un pugno, lui ti fa lo stesso. Quel ragazzo mi guardava, e con il suo sguardo di pace ha spento la rabbia in me, e io mi sono calmato. Dopo mi ha abbracciato dicendomi:" Scusami, non lo farò mai più!". Questo era amore. In quel momento non avevo capito bene cosa era successo, era qualcosa di strano, ma adesso, dopo dodici anni, quando ci ripenso nella preghiera, mi ricordo di quegli occhi, delle parole che mi aveva detto, mi ricordo bene tutto quello che è successo e so che Gesù era in quel cuore, che Dio mi amava tramite quel ragazzo. Non sarei mai riuscito a capire cosa è l'amore, la bontà, il perdono se non c'erano questi ragazzi che avevano creduto in suor Elvira, in Cristo.

Se non ci fossero stati questi ragazzi che si sono messi in ginocchio prima di me, i quali hanno aperto il cuore a Dio e hanno permesso che la Parola di Dio si incarnasse nei loro cuori. Noi tossici, noi che eravamo sul bordo della vita, nel buio profondo, non potevamo capire nessun altro linguaggio e non lo capiamo. Potevano parlarci d'amore, ma noi l'amore avevamo bisogno di toccarlo con le nostre mani, e lo abbiamo toccato in queste situazioni. La Comunità, la vita nella Comunità, che è una vita semplice, pieni di situazioni simili, piena di Dio, di quel Dio vivo che si è incarnato una volta nel grembo di Maria, e che si incarna nel nostro cuore, nel cuore di quel ragazzo e che mi ha parlato attraverso quel sorriso, quegli occhi, quell'abbraccio. Questo linguaggio l’ho capito, mi è entrato nel cuore. È Cristo, vivo e presente in mezzo a noi.

Credo che voi giovani che siete venuti qui a Medjugorje, attraverso le preghiere e le suppliche della Madonna, potete incontrare Gesù Cristo. Credo che noi giovani che siamo qui, non siamo qui per caso, credo che la Madonna ci ha chiamati per insegnarci questo linguaggio così concreto, per incarnare Cristo nelle nostre vite, perchè quando torniamo nelle nostre città, fra i nostri amici, sui nostri posti di lavoro, possiamo parlare al mondo che soffre di Gesù Cristo che è vivo, che noi abbiamo incontrato qui.

Parlare di Cristo con le vostre vite, il vostro sorriso, il vostro perdono, il vostro abbraccio, con il vostro modi di salutare, di sorridere. Il mondo di oggi ha bisogno di un annuncio così. Voi siete qui oggi per imparare il linguaggio dell'amore, perché Dio è l'amore, Gesù è l'amore, la Madonna è l'amore. Lei è la maestra della pace e dell'amore. Dovete essere sicuri, tutti siamo sicuri che ci voleva qui per partorire ancora una volta il suo figlio nei nostri cuori perché lo portiamo nel mondo. Permettiamo a Maria di farlo!

Questi giorni aprite il cuore, permettete alla Madonna di entrare nei vostri cuori, che possono diventare un grande presepe per accogliere Gesù bambino, che il Cristo può nascere nei vostri cuori, che possa soffrire la sua passione, fare i suoi miracoli, sanare le vostre ferite, risorgere insieme a voi così che voi diventiate risurrezione per gli altri, quel lievito che farà lievitare il mondo per donare al mondo la pace e l'amore. Dobbiamo fare questo, questo è il nostro impegno e per questo siamo qui a Medugorje. Vi dirò qualcosa sulla Provvidenza: sapete che la nostra Comunità vive della Provvidenza. Fin dall’inizio la Comunità non si è appoggiata sull’aiuto dei politici, sulle persone grandi e importanti. Elvira non ha mai accettato il denaro pubblico come aiuto che di solito davano alle Comunità di ricupero. Lei diceva: "i vostri soldi non mi basterebbero mai per tutti i giovani che si devono salvare. È meglio credere nella Divina Providenza piuttosto che nei soldi dello stato". Quando sono entrato in Comunità, sentivo dire: "La Provvidenza, noi viviamo di provvidenza. Non dobbiamo pagare niente. La prima Provvidenza è che ci tiriamo su le maniche e lavoriamo: l'orto, la stalla, le mucche, il formaggio... questo lo possiamo fare".
Poi vedevo ogni tanto che qualcuno arrivava con qualche camion e scaricava delle cose: il latte, la carne... Io non ci credevo quando sono entrato in Comunità, e mi sembrava tutto falso. Pensavo che erano solo storie, "ma che Provvidenza". Sapete cosa mi è successo una volta. Mi sono ricordato: avevo venti giorni di Comunità. Provate a immaginarvi, dopo dieci anni di strada non capivo niente, non accettavo niente, ancora la carenza, il dolore nel cuore, la tristezza, mi mancava la piazza, il vino, le sigarette, mi mancava tutto e loro mi parlavano della Provvidenza.
Mi sono ricordato di una situazione nella cappella: non sapevo l'italiano e alla sera, durante la condivisione in cappella, i ragazzi di solito condividevano la loro giornata. Quel giorno ho visto un ragazzo piangere, era il responsabile della casa e ha cominciato a piangere. Tutti gli altri erano in silenzio, con le teste abbassate. Non capivo l'italiano e non sapevo cosa stava succedendo. Davo dei colpi al ragazzo che era vicino a me chiedendogli "cosa sta succedendo?", "perché piange?" e lui non mi traduceva nulla. Quando siamo usciti dalla cappella gli ho domandato:"Dimmi perché piangeva?", e lui mi ha risposto: "Piangeva perché abbiamo tradito la Provvidenza" Gli ho chiesto:"Come si tradisce la Provvidenza?"
"Uno di noi oggi ha chiesto di nascosto a un amico di portarci del caffé perché mancava già da un mese e mezzo. Non abbiamo creduto nella Provvidenza, che Dio ci avrebbe mandato il caffè nel momento giusto senza chiederlo. Quel ragazzo ha mentito e quell’amico è tornato dopo con il caffé. Abbiamo tradito la Divina Provvidenza." Questo momento mi è rimasto impresso nel cuore. Io non credevo mai nella Provvidenza, mi era sembrata tutto una menzogna, ma in quel momento ho visto un uomo che crede nella Provvidenza, che crede in Dio. Quelle lacrime mi parlavano di Dio. Oggi quando rifletto su di questo, sono sicuro che Dio mi è venuto incontro tramite quel ragazzo, quelle lacrime, quegli occhi. Quelle lacrime sono il primo missionario che mi è venuto incontro. Quelle lacrime hanno avuto una forza enorme, la forza della grazia di Dio perché sono riuscite a spaccare e a toccare il mio cuore duro, egoistico, il mio cuore tossico. Quelle lacrime erano la prima cosa che mi ha toccato, che mi ha fatto pensare a Dio. Erano una goccia di fede che è entrata nel mio cuore, erano il seme di Dio. Nel vangelo leggiamo che il regno di Dio è il più piccolo seme, che non riesci a vederlo ma dal quale cresce un grande albero. Quella fede seminata in me attraverso la Comunità in questi dodici anni è cresciuta, e io da tossico sono diventato un sacerdote. Oggi sono sacerdote.
La vita che avevo perso, che era morta, buia, oggi è luce perché ho veramente incontrato Gesù risorto e vivo. Quel Gesù che oggi vuole incontrare ognuno di voi per donarvi la pace. Amen. 

Fonte:http://medjugorje.altervista.org/doc/testimonianze/filipovic.html

domenica 28 luglio 2019

Se non ci fosse stata la Croce nella nostra vita, avremmo cercato Dio?...- III° stazione don Antonio Mattatelli

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"Il cammino della vita è sempre una Via Crucis"


 Don Antonio Mattatelli spiega la III° stazione della Via Crucis durante la salita sul Krizevac a Medjugorje - 25.06.2018

Perchè tanti giovani a Medjugorje ? Ecco come nasce il MLADIFEST (FESTIVAL DEI GIOVANI)



A Medjugorje sono in corso gli ultimi preparativi per il 30°Incontro Internazionale di preghiera dei Giovani che si terrà dal 1° al 6 agosto . Questo incontro, nel quale si radunano giovani provenienti da tutto il mondo..ecco com'è nato:


L’idea dell'Incontro Internazionale dei Giovani nacque nel cuore di un giovane pellegrino inglese, al termine dell’Anno Mariano (1988). Egli condivise questa sua idea con fra Slavko Barbarić. Fra Slavko diede il suo sostegno a quell'idea iniziando a organizzare e dirigere il Festival fino alla sua morte, avvenuta il 24 novembre 2000. Dopo lunghi colloqui e con molta buona volontà, la prima edizione di questo Incontro si tenne con successo. Le catechesi per i giovani erano tenute dai francescani dell'Erzegovina. I momenti di preghiera si svolgevano all'interno di un grande tendone verde o anche al fresco degli alberi nei pressi della chiesa di Medjugorje, come pure sulla Collina delle apparizioni o sul Križevac, mentre le molte ore di adorazione serale si svolgevano in chiesa. I canti erano diretti da un giovane sacerdote irlandese dotato di molto talento, Liam Lotan. Al termine del primo festival, si decise di continuare ad organizzarne altre edizioni. Si giunse così al II Incontro di preghiera dei Giovani, che risultò più ricco di contenuti e organizzato in modo migliore.
 
La fama del Festival si diffuse come quella di Medjugorje. Questo evento per giovani ha posto in rilievo la forza dell'invito alla pace, fino a dove esso possa giungere e come le persone lo accolgano con entusiasmo. Ma il Festival ha altresì evidenziato che i giovani si rendono conto che non si tratta di un invito ad una pace a buon mercato, ma a quella che Dio dà a tutti coloro che si convertono a lui con tutto il cuore. Quella esperienza ha avuto una risonanza la cui eco, aiutata dai mezzi di comunicazione sociale, si sente ancora oggi.
 
Molti, proprio dopo aver fatto quest'esperienza a Medjugorje, hanno deciso di seguire Cristo più da vicino, scegliendo una vocazione sacerdotale o religiosa. Oltre alle confessioni, proprio le vocazioni religiose sono uno dei frutti più belli di Medjugorje. I giovani amano le sfide e la chiamata di Cristo è appunto una sfida, è un invito ad una sequela radicale.


  fra Ljubo Parlando del festival...



Non vedo urgente un decreto del Vaticano ma è urgente la mia conversione. Questo è importante.
Questo festival è nato  anni fa quando p. Slavko con un gruppo di giovani ha cominciato ad aiutarli a capire Medjugorje, a crescere con questa spiritualità espressa attraverso canti, testimonianze personali. Io non ero qui quindi non posso dirvi di più dell’inizio. Di sicuro era un gruppo di giovani che era stato toccato da Medjugorje, dalla presenza della Madonna e dei messaggi, così, pian piano questo festival, questo incontro internazionale è cresciuto.

Come lo avete pubblicizzato?

La pubblicità è spontanea. È proprio un miracolo che i giovani vengano. Non facciamo nessuna propaganda: un giovane che ha partecipato al festival racconta di questo festival ad un altro giovane facendo così aumentare il numero. Non c’è nessuna pubblicità né sulla televisione né sulla radio.

Come si è evoluto nel corso si questi 17 anni?

Di sicuro il numero è cresciuto. La forma più o meno è restata uguale. Nel primo festival c’erano un centinaio di giovani di 4

o 5 nazioni. In questo festival sono rappresentate 42 diverse nazioni registrate e rileviamo la presenza di circa 30.000 giovani ai quali si aggiungono quelli che non si sono registrati soprattutto per la Messa che è il punto centrale della giornata.

È possibile confessarsi in almeno 19 lingue e la Messa viene tradotta in 15…

Quali difficoltà avete incontrato?


Anche l’organizzazione è per così dire spontanea. Un miracolo. Si fa da parecchi anni e tante cose si sanno già. Ci aiuta la Comunità Cenacolo che ha la sua giornata di testimonianze, soprattutto con il recital sul Vangelo che i ragazzi preparano ogni 2 anni. Si susseguono poi diverse testimonianze concrete di conversione vissute a Medjugorje - o nella propria vita cristiana: sono suore, laici, sacerdoti, giovani.

Cosa cercano, secondo la sua esperienza, i giovani che vengono qui?

Dalle reazioni dei giovani si nota che a Medjugorje il momento più bello per loro è l’adorazione. L’adorazione notturna in silenzio, con i canti e le meditazioni che li aiutano a scendere un po’ più profondamente nel loro cuore. Questo nonostante ci siano canti un po’ rumorosi, ma ci vuole anche questo.

Cosa si sente di consigliare ai giovani che vengono al festival?

Di lasciarsi guidare; di abbandonarsi alla Madonna che li condurrà, di sicuro, a Gesù. Per me questo è un miracolo. Io misento solo servo delle opere di Dio. È la Madonna che organizza il Festival, servendosi anche di noi uomini.

Cosa vorrebbe dire a quelli che non sono mai, o ancora, venuti?


Di venire, almeno per curiosità. E vedere. Ce ne sono tanti che vengono anche solo per curiosità, anche questo può essere un buon motivo iniziale. Poi l’atteggiamento cambia in qualcosa di più profondo, di serio dentro le anime. Purtroppo ci sono molti pregiudizi su Medjugorje, tanta ignoranza e tante cose di cui si parla in modo sbagliato.

A parte il grande dono che Maria fa tutti i giorni qui a Medjugorje, lei è a conoscenza di segni particolari, miracoli?

All’inizio delle apparizioni, nei primi mesi c’erano tanti segni visibili perché i veggenti chiedevano alla Madonna di fare qualcosa per cui la gente potesse credere a quello che loro dicevano inizialmente. Poi sono testimone come sacerdote in confessionale di miracoli che non si possono vedere con gli occhi. Gli eventi della gente che si confessa qui è un miracolo che nonsi può documentare. È documentato nei loro cuori.

Ci può raccontare alcuni tratti significativi della sua vita?

Sono nato nel 1969 e sono venuto per la prima volta a Medjugorje nel 1983 comepellegrino. È merito della Madonna se mi sono fatto frate. Io non sono veggente, non ho visto la Madonna. Ma la Madonna si può “vedere” anche in un modo migliore rispetto ai veggenti: i veggenti vedono solo con gli occhi ma nella preghiera la si può incontrare più profondamente.

Molti pellegrini sbagliano quando cercano dai veggenti quello che i veggenti non possono dare loro. Non sono i veggenti quelli che spingono il bottone. Essi sono semplici testimoni di quello che hanno sentito e udito nella loro semplicità e nella loro umanità.

Ha sempre creduto nelle apparizioni?

A 14 anni sono venuto qui a Medjugorje come pellegrino con la mia mamma facendo a piedi 50 km. Allo stesso modo, pian piano, la mia fede è cresciuta: non ho “subito creduto”.

Ai pellegrini non dico che si sono convertiti ma che si sono risvegliati. Poi c’è tutto un cammino, tutta la vita in cui si cresce e ci si converte. L’importate è essere risvegliati e non addormentati o in coma spirituale.

Cosa vorrebbe dire a quei sacerdoti che sono ancora scettici?

Io non mi sforzo di convincere nessuno.

Cosa gli consiglia?

Di venire a vedere almeno per curiosità. Per primo devo convincere me stesso. Non c’è bisogno di credere in Medjugorje. C’è bisogno di credere nel Vangelo.

Medjugorje è Vangelo. La Madonna qui non ha detto niente di nuovo. Non ho aggiunto niente al Vangelo. Tutti i suoi messaggi sono Vangelo ma raccontati in un modo semplice, con un linguaggio materno. Dico sempre che Medjugorje non è lo scopo. Medjugorje è solo un mezzo che Dio ci dà. Ci si può avvicinare a Dio anche senza Medjugorje. Ma mi chiedo: perché non prendere tutti i mezzi che Dio ci dà? Io vedo Medjugorje non come fenomeno, qualcosa di sensazionale ma come una persona che si chiama Vergine Maria. La Vergine Maria non si può conoscere discutendo di lei ma solo in ginocchio, in umiltà, seguendo quello che ci dice.

Anch’io incontro alcuni sacerdoti e sbatto la testa: vedo un muro dentro di loro. Ci vuole anche la grazia per capire Medjugorje. Per me Medjugorje non è un problema ma è un mistero. Tutte le opere di Dio sono mistero. E questo mistero provoca i sacerdoti e anche la Chiesa. Di sicuro, come Gesù che era una pietra d’inciampo, così anche oggi Medjugorje si rivela a noi come pietra d’inciampo. Essere contrario a Medjugorje è per me il segno di una morte spirituale. Essere neutro è onesto. Non conoscere una realtà ed essergli contro non è ammissibile. Stare zitti quando non si conosce: questo è onesto.

Qual è la situazione dal punto di vista canonico nei confronti della Santa Sede?


Giovanni Paolo II tante volte - anche parlando a molti vescovi - si è pronunciato con un sì a Medjugorje. Ma anche il Santo Padre doveva rispettare la Chiesa e la sua struttura. Fin quando saranno in corso le apparizioni sicuramente la Chiesa non si pronunzierà. La Chiesa fa bene a non pronunziarsi: parla anche con il suo silenzio. Se ci fosse qui qualcosa di eretico, di strano, che porta fuori dal Vangelo la Chiesa si pronuncerebbe di sicuro. Si è pronunciata in tanti casi, in tanti fenomeni che erano strani.
La Chiesa è prudente e fa bene anche a stare in silenzio. La Chiesa si pronunzierà quando finiranno le apparizioni. Di questo sono sicuro: se sarò vivo o no questo non è importante. La Chiesa proclama un santo dopo la morte ma lui era santo anche prima della proclamazione.  

Fonte: Echo of Mary ( www.ecodimaria.net)