Quella sera nel cenacolo sono accadute molte cose tra Gesù e i suoi. Recupero solo due gesti che anche stasera rivivremo.
Il primo gesto che Gesù fa è di prendere tra le sue mani i piedi degli uomini e lavarli.Ma qual è il significato del gesto di lavare i piedi agli uomini? Perché Gesù lo compie? E perché proprio i piedi? Perché i piedi rappresentano il luogo in cui gli uomini vengono feriti. Il valore simbolico del piede sta nel fatto che, permettendoci il contatto con la terra, rappresenta il punto di appoggio per la nostra postura verticale. “Stare in piedi” è decisivo per l’uomo: significa la sua dignità e libertà. Se stai in piedi sei libero di muoverti e di realizzare i tuoi scopi. Se hai il piede ferito significa che sei minacciato dal male (il serpente) e la tua stabilità è compromessa. L’uomo fatica a stare in piedi, è fragile, sempre minacciato. Il contrario della verticale è la posizione orizzontale: quella che si assume da morti. Dio lava i nostri piedi perché li vuole purificare, perché ci vuole rialzare, rimettere in piedi. Al primo istante Pietro non ci sta perché lui sta in piedi da solo, non crolla mai, è un vincente, trova in sé stesso la forza per essere libero, il valore che trova in sé stesso è la misura della sua dignità. Gesù nel cenacolo compie il gesto della lavanda dei piedi che è profetico (cioè anticipatore) del Calvario e ci offre la chiave giusta per interpretare il senso della croce come il servizio compiuto da Gesù per renderci liberi e per restituirci la nostra dignità che è quella di essere creati a immagine di Dio per essere figli del Padre.
“lavargli i piedi”, per rimetterlo in piedi, alzarlo (che nel suo significato profondo vuol dire “farlo risorgere”).
Fra poco ripeterò il gesto di Gesù che si è avvolto i fianchi con l’asciugatoio e poi ha avvolto i piedi dei discepoli con l’asciugatoio. Il grembiule, cioè il servizio, dalla persona di Gesù passa ai nostri piedi. Un giovane sta in piedi quando serve, quando apprende l’arte di servire, quando corre il rischio di servire.
Nell’incontro che abbiamo avuto prima in Seminario avete espresso le vostre attese riguardo alla Chiesa. Cosa può fare per voi, per il mondo giovanile? La chiesa può fare tante cose e certamente buone per voi, ma credo che per essere fedele alla sua missione deve anzitutto permettere ai giovani di fare questa esperienza: Gesù vuole “mettervi in piedi” cioè fare in modo che abbiate parte con Lui. Stendete i vostri piedi davanti a Gesù che passa per lavarli; lasciatevi lavare dalle sporcizie, in una parola: lasciatevi amare, salvare, redimere da Gesù. Sapete che lasciarsi amare è più difficile che amare. Si insinua in noi il sospetto di non essere amabili, degni dell’attenzione di qualcuno: perché qualcuno dovrebbe interessarsi a me, essere buono con me? È il virus di Pietro che pensa di essere autosufficiente, di farcela da solo e per questo respinge il servizio di Gesù.
Lasciarsi lavare i piedi da Gesù, lasciarsi servire da lui. È il primo atto, ma non è tutto. Il gesto completo che Gesù ha fatto con gli apostoli consiste nel lavare i piedi e poi nell’asciugarli, cioè nell’avvolgerli nell’asciugatoio che è simbolo del servizio. L’asciugatoio passa dai suoi fianchi ai nostri piedi. Dalla persona di Gesù passano a noi la mentalità e il potere del servizio. Gesù ci coinvolge nel suo gesto.
La chiesa è chiamata non solo a servire i giovani facendo fare loro l’esperienza che sono amati, lavati, redenti ma anche è chiamata a servirli educandoli alla mentalità del servizio. Il gesto del servo che assume i panni del lavandaio dei peccatori e si fa inchiodare per sfamare i carnefici con il suo corpo è la vera rivoluzione del Dio cristiano: “il Figlio dell’uomo, non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20,28). La mentalità di Gesù-Servo è la forza che può rinnovare il mondo. Alcuni anni fa una suora missionaria in Cambogia mi ha raccontato che in quella cultura durante la celebrazione delle nozze la donna deve lavare i piedi al marito in segno di sottomissione e umile servizio. I cristiani di quel paese hanno fatto un’operazione di inculturazione del vangelo correggendo e completando il rito: gli sposi si lavano i piedi l’uno all’altro, entrambi si servono, secondo una mentalità della reciprocità nell’amore che soppianta la mentalità della superiorità e del dominio.
C’è un altro gesto compiuto da Gesù nel Cenacolo che vorrei porre in rilievo: quello di mettere il suo corpo tra le mani dei discepoli. Nelle sue mani Gesù prende i nostri piedi; nelle nostre mani, invece, depone, come fossero un trono regale, un frammento del suo corpo. Voi giovani vivete una stagione della vita in cui percepite con forte intensità il valore del corpo, la sua vitalità, la promessa di felicità di cui il corpo è portatore. Ma proprio in questo ambito della corporeità si possono consumare grandi ambiguità: il corpo può essere una centralina di impulsi, di bisogni, di eccitazioni, di emozioni da gratificare; oppure può essere il luogo dell’incontro, della comunione, della comunicazione. La vocazione dell’uomo è far diventare parlante il corpo, trasformare un ammasso biologico in un volto che parla, sorride, bacia, vive lo sguardo, l’ammirazione, il canto e l’incanto dei sentimenti che nascono quando ci si trova in presenza dell’altro. Quel corpo che Gesù depone nelle vostre mani è un corpo spezzato, offerto, condiviso. È un corpo parlante dell’eterno amore di Dio. Dio ama così tanto l’uomo che si preoccupa di nutrire la sua vita. Questo corpo eucaristico noi lo chiamiamo semplicemente “comunione”: bellissima abbreviazione che dice tutto perché quel corpo è in grado di nutrire il tuo corpo dell’amore di Dio e trasformarlo da corpo che vuol possedere per soddisfarsi a corpo che si lascia spezzare per nutrire la vita di altri.
Acqua per i piedi, perché Gesù vuole metterti in piedi. Pane sulle mani, perché Gesù vuole trasformarti in un essere di comunione. Ecco il mistero del Giovedì Santo.
Mantova - Cattedrale
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