LO SAPEVATE?
Domenica 1 Aprile è la domenica della Palme, e fin dal giorno prima sono tanti a fare la scorta di ramoscelli di ulivo da benedire il giorno dopo. Tutti sappiamo che l’ulivo fin dai tempi più remoti è considerato simbolo di pace. Ma non è per questo che l’ulivo è simbolo delle Pasqua.
La Domenica delle Palme ci ricorda, l’ingresso a Gerusalemme di Gesù, il quale, alla sua venuta, fu accolto dagli abitanti della città in un clima di festa, salutandolo agitando rami di palma.
LA SCELTA DELL'ASINA AL POSTO DEL CAVALLO
Gesù, quindi, fa il suo ingresso a
Gerusalemme, sede del potere civile e
religioso della Palestina, acclamato co
me si faceva solo con i re però a cavalcioni di
un’asina, in segno di umiltà e mitezza. La
cavalcatura dei re, solitamente guerrieri,
era infatti il cavallo.
Qui la folla numerosissima, radunata dalle
voci dell’arrivo del Messia, stese a terra i
mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli
alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella
regione, e agitandoli festosamente
rendevano onore a Gesù esclamando
«Osanna al figlio di Davide! Benedetto
colui che viene nel nome del Signore!
Osanna nell’alto dei cieli!».
La palma: nell'antico testamento è simbolo di vittoria e di trionfo ma pure di pace come frutto della vittoria. Agitando le palme venivano accolti i re o i generali che entravano in città dopo aver sconfitto l'esercito nemico.
Si parla quindi di palme, e non di ulivi. Si narra che la popolazione avesse usato solo rami di palma per acclamare Gesù, in quanto simboleggiano il "trionfo e la "regalità" e, pare che i rami d’ulivo siano stati introdotti dalla tradizione popolare perché era più difficile trovare le palme che gli ulivi, soprattutto in Italia, una terra nella quale le piante d’ulivo sono molte diffuse.
Nei Paesi dell’Europa settentrionale, nei quali non cresce l’ulivo, che è una pianta tipica dell’area mediterranea, si sostituiscono i ramoscelli con fiori e foglie intrecciate.
L’ulivo è una pianta comunque molto significativa per la cristianità in generale. Infatti l’ulivo compare proprio nella Bibbia: è tra il becco della colomba che ritornò da Noè dopo il diluvio, ed è anche nell’Orto del Getsemani dove Gesù si recò a pregare la notte del suo arresto.
L’esclamazione «osanna»:
All’origine, questa era stata una parola di supplica, come: «Deh, aiutaci!»
una lode gioiosa a Dio nel momento di quell’ingresso; la
speranza che fosse arrivata l’ora del Messia e al contempo la richiesta
che si realizzasse nuovamente il regno di Davide e con esso il regno di Dio su Israele. [...]
«Venga la grazia e passi questo mondo. Osanna al Dio di Davide. Chi è santo, acceda; chi non lo è, si converta. Maranatha. Amen» (10,6).
Per la Chiesa nascente la «Domenica delle Palme» non era una
cosa del passato. Come allora il Signore era entrato nella città santa
cavalcando l’asinello, così la Chiesa lo vedeva arrivare sempre di nuovo
sotto le apparenze umili del pane e del vino.
La Chiesa saluta il Signore nella santa Eucaristia come Colui
che viene ora, che è entrato in mezzo ad essa. E al contempo Lo saluta
come Colui che rimane sempre il Veniente e ci prepara alla sua venuta.
Come pellegrini andiamo verso di Lui; come pellegrino Egli ci viene
incontro e ci coinvolge nella sua «ascesa» verso la croce e la
resurrezione, verso la Gerusalemme definitiva che, nella comunione col
suo Corpo, già si sta sviluppando in mezzo a questo mondo.