I mei genitori che un giorno avevano litigato per una cosa stupidissima: il condimento dell’insalata.
Mio padre sosteneva che l’olio e l’aceto dovevano essere messi all’ultimo momento, altrimenti l’insalata appassiva. Mia madre, invece, che doveva preoccuparsi in casa di tante cose, a volte metteva l’olio e l’aceto prima in maniera da essere sicura di non doversi poi alzare. Un giorno mio padre si arrabbiò più di altre volte e pose la zuppiera con l’insalata su di un tavolino al centro della sala da pranzo pretendendo che restasse lì per mostrare l’appassimento dell’insalata. Né mio padre, né mia madre avevano il coraggio di fare un passo – l’orgoglio di noi umani è strano a volte – per chiedere perdono o per riderci sopra, tanto era stupida la cosa. Fu una settimana di inferno per noi figli, mentre i genitori non si parlavano. Finalmente venne la domenica, il prete disse nella messa: “Scambiatevi il segno della pace”, i miei si abbracciarono, si commossero, sorrisero e tutto finì. La messa ci aiuta a stare in famiglia, ci fornisce la grazia divina ed i gesti concreti per stare insieme e non ognuno alla propria postazione tecnologica di computer o iPhone che sia!
Papa Francesco, afferma: «La festa è un’invenzione di Dio… non dobbiamo mai essere schiavi del lavoro, ma “signori”».
Perché venire a messa se siamo stanchi ed abbiamo bisogno di stare in famiglia?
Perché Gesù Cristo ha inventato la messa, proprio lui che sa tutto della stanchezza dei genitori e del loro desiderio di riscoprire la vita familiare?
L’ha “inventata” esattamente perché senza la messa non ci riposeremmo mai veramente e non staremmo mai veramente in famiglia! Gesù Cristo ha voluto la messa domenicale perché essa ci riposa e ci rasserena. E perché essa ci permette di stare insieme, marito, moglie e bambini!
Nella riunione con loro, possiamo passare così dal riflettere insieme sulle obiezioni, allo scoprire che la messa non solo regge alle obiezioni, ma anzi è il vero antidoto ed è il vero dono che rasserena e sostiene la famiglia: proprio ciò che le famiglie cercano.. La domenica è un giorno stressantissimo per tante famiglie. Non solo di domenica molti si recano nei centri commerciali, stancandosi tantissimo. Su questo dobbiamo insegnare loro a fare obiezione di coscienza: la domenica non si va nei centri commerciali. Andare in un centro commerciale nel giorno del Signore vuol dire stancarsi anche di domenica e rendere schiavi coloro che vi lavorano. Noi contribuiamo così a rovinare le famiglie di chi lavora in quei luoghi nei giorni festivi. Tanti hanno scambiato il riposo con la “distrazione”. Andare allo stadio, vedere le partite in TV, giocare con la playstation, stare al computer, ecc. ecc. No, questo non riposa, ma stanca ancora di più. Se si passa così la domenica si torna casa – o vi si resta – per ritrovarsi poi vuoti. Quando i loro figli saranno adolescenti la società tenterà di insegnare loro che il sabato sera e la domenica sono fatti per bere, per fumare spinelli, per fare qualche mattata, per distrarsi insomma. Cioè per dimenticare che la vita è brutta.
Divertimento , dal latino divertere, cioè allontanarsi – è perché se la vita è brutta, se le cose non vanno bene, se il lavoro e le persone incontrate durante la settimana sono un peso, ecco che mi serve qualcosa per dimenticarmi della vita, per dimenticarmi della bruttezza e del non senso della vita.
La festa, invece, a differenza del divertimento, è il tempo nel quale riscoprire che andare al lavoro ha un senso, che costruire la propria famiglia ha un senso, che lavorare per guadagnare il denaro che serve ai miei cari e per la carità ha un senso, che nel lavoro si può fare del bene, che avere una famiglia, amare la propria moglie, amare i propri bambini e farli crescere è una vocazione santa e straordinaria.
La messa serve innanzitutto a questo. Noi entriamo in chiesa stanchi e ne usciamo riposati. È l’esperienza che facciamo tutti. Non vorremmo alzarci per andare in chiesa, ma quando usciamo dalla messa sentiamo che la presenza del Signore ci ha rasserenati. Avviene così anche nella Confessione. Noi non vorremmo mai confessarci. Ma quando ci siamo confessati, usciamo dal confessionale con una grande pace.Nella messa noi entriamo portando con noi tutto il peso della settimana, le cose che sono andate bene così come i fallimenti e nella Parola del Signore, nei canti, nei gesti, soprattutto nell’Eucarestia noi riscopriamo che il Signore ci da forza.
La liturgia non ci fa dimenticare la vita, come fa invece il divertimento stupido. Non ci distrae semplicemente. Anzi ci ri-crea, ci crea nuovamente e ci fa riscoprire il valore della fatica che facciamo ogni giorno. Ci fa riscoprire che esistono la bellezza e l’amore anche se nella settimana non sempre riusciamo a vederli.
Un genitore a messa riscopre che è proprio Dio a chiedergli di amare ancora la sua famiglia, i suoi figli, il suo lavoro, la sua città. Dio è con noi. Non è sprecato allora il tempo del lavoro – ci annunzia la festa. Dio ci da forza perché possiamo cominciare una nuova settimana. Dio ci fa riscoprire che la verità, l’amore e la bellezza esistono.Ma la messa è stata voluta dal Signore per aiutarci a realizzare anche l’altro nostro grande desiderio, quello di stare in famiglia. Se non andiamo a messa, spesso stiamo a casa, nella stessa casa, ma non stiamo “in famiglia”. Infatti avviene che il figlio gioca con la sua playstation, il papà guarda la sua partita, la moglie o il marito vorrebbero essere ascoltati, ma ci sono da fare gli acquisti al centro commerciale e ci sono tante cose da sistemare in casa.Uscire tutti insieme per andare a messa è il grande aiuto che Dio ci da per crescere insieme come famiglia. Ci si reca insieme marito e moglie, genitori e figli. Si sta insieme, tutti. Non solo, ma la messa ci aiuta a parlare delle cose grandi.
Di solito un papà vorrebbe parlare di cose serie con suo figlio, ma non ne ha il coraggio. Vorrebbe parlare con lui della fede e dell’amore, ma si vergogna. La messa lo aiuta. Uscendo dalla messa è più facile che qualcuno - a volte è il figlio a farlo - chieda spiegazioni sulla messa, oppure che le parole del vangelo o di un canto aiutino ad aprire un discorso.
Dio è Dio perché egli si “riposa”, cioè perché gode di ciò che ha creato.
Il termine shabbat/sabato viene, infatti, dal verbo ebraico shabat che vuol dire “riposare”, “fermarsi”, “arrestarsi” e, quindi, godere di ciò che si è fatto.
Se Dio ha saputo fermarsi e contemplare la meraviglia del suo operare, a maggior ragione, dice Genesi, l’uomo è uomo non solo perché lavora, ma soprattutto perché sa gioire del lavoro compiuto, perché sa fermarsi, riposare e ringraziare, perché sa fare festa. L’uomo è stato creato ad immagine di Dio non solo perché con il suo lavoro può fare tante cose, può creare tante opportunità, può progettare e lavorare: è ad immagine di Dio perché è fatto per la gioia, per il “riposo”, per la beatitudine.
L’uomo è stato creato per diventare amico di Dio. Tutto ciò che esiste nel mondo non basta all’uomo se egli non trova Dio. E trovare Dio per l’uomo non è in antitesi con il godere delle cose e delle persone. Anzi l’uomo capisce il vero valore delle cose e delle persone proprio quando si accorge che esse sono anche dei segni, sono realtà che rimandano al Dio che le ha create e salvate. Io amo mia moglie, io amo mio figlio, ma riesco ad amarlo veramente e con libertà quando comprendo quanto è grande Dio che me li ha donati e quanto essi sono preziosi agli occhi di Dio che ne ha voluto l’esistenza e che è morto per la loro salvezza.
Perché l’uomo, se non scopre di essere lui stesso un dono, non riesce a capire la propria vita. Cristo, venendo a visitarci nella celebrazione, ci conferma nella bontà della nostra vita, nell’importanza del nostro esserci e della nostra vocazione.
Ciò di cui ha bisogno ogni uomo non è semplicemente di lavorare, di mangiare, di avere una famiglia, ma di capire che tutto questo è abbracciato dalla provvidenza di Dio per vivere pieno di gratitudine la vita. L’uomo ha bisogno di contemplare la bellezza della vita, di affidarla a Dio, di ringraziarlo e di trovare in Lui il nutrimento necessario per ripartire per la propria missione. Questo è ciò che avviene nel giorno del Signore, questo è ciò che avviene nell’Eucarestia.L’uomo è uomo quando si rivolge a Dio e scopre il misterioso legame fra tutto ciò che esiste ed il Creatore
+La felicità non è qualcosa che semplicemente esiste, che c’è o non c’è. La felicità esiste di più o di meno ed ha una misura: la gratitudine. Esiste in proporzione a quanto io mi accorgo che tutto è un dono. Esiste in proporzione a quanto dico “grazie”. Ci sono persone che hanno tutto, ma non sono felici perché non comprendono che ciò che hanno è un dono. Ci sono persone che hanno pochissimo, ma poiché si accorgono che è un dono, sanno godere di quella cosa.
Il giorno di festa, con la liturgia che ne è il centro, non ci fa dimenticare il lavoro, la fatica, il bisogno del cibo e tutte le altre cose. Ce le fa riscoprire come un dono.
Dio ce le ha donate durante la settimana e Dio, con la sua provvidenza, ci guiderà ancora nella settimana che inizia.«Le società diventate ricche hanno perso il senso della festa perdendo il senso della tradizione. La festa si ricollega ad una tradizione familiare e religiosa. Non appena la festa si allontana dalla tradizione tende a divenire artificiale e occorrono, per attivarla, degli stimolanti come l’alcool. Non è più festa. La nostra epoca ha il senso del “party”, cioè dell’incontro in cui si beve e si mangia; si organizzano dei balli, ma è spesso una questione di coppia e a volte addirittura una faccenda molto individuale. La nostra epoca ama lo spettacolo, il teatro, il cinema, la televisione, ma ha perso il senso della festa. Molto spesso oggi abbiamo la gioia senza Dio o Dio
senza la gioia. La festa, al contrario, è la gioia con Dio».
Solo dove c’è la presenza di Dio che ci conferma tutti nel fatto che vivere sia una benedizione ritroviamo il gusto profondo delle cose.
Dio non ci ha semplicemente consegnato un rito, bensì è lui che viene in mezzo a noi nell’eucarestia perché lo possiamo incontrare. Nella messa ci da il suo corpo e il suo sangue come lo dette nell’ultima cena ai dodici.
“Essere cristiani non vuol dire solo annunziare che Gesù è vivo, ma annunziare che Gesù è vicino, che Gesù non è in un cielo irraggiungibile, ma che può venire vicino a voi. Gesù viene in mezzo a noi nel sacramento dell’eucarestia.
La messa annunzia che Gesù è vicino e che chi mangia il suo corpo si siede alla sua stessa mensa. Abbiamo bisogno, di sentire che lui venga veramente nella nostra vita, nella nostra storia familiare, nella fatica del nostro lavoro o del nostro studio.
È Lui che si “umilia” ancora una volta.
Un bacio non è l’amore, ma senza baci l’amore diviene sterile. Certo l’amore non è semplicemente ricordarsi sempre dei gusti dell’altro, non è semplicemente ricordarsi gli anniversari, non è semplicemente fare attenzione agli sguardi e ai gesti, ma è tramite questi gesti che io riesco a crescere in un amore dove ci si aiuta e ci si sostiene.
Così il rito non è la fede, ma senza rito la fede si inaridisce, viene dimenticata e smette di prendermi il cuore. Sono i sacramenti, è la confessione, è la celebrazione liturgica che sostengono il mio amore per Dio e per i fratelli e lo nutrono continuamente, rinnovandolo.
Con il suono delle campane, con il camminare di una processione, con il profumo dell’incenso, con la freschezza dell’acqua del battesimo, con il gesto di sedersi per ascoltare la Parola o di inginocchiarsi per la consacrazione, noi ci incontriamo con Dio. Mentre trascurandoli ci allontaniamo da Lui che è la nostra festa.
Lo incontriamo tramite i segni che ce ne fanno fare esperienza.
Papa Francesco ci deve essere maestro ed i suoi gesti, i suoi sorrisi, i suoi abbracci, debbono essere per tutti noi uno stimolo.
La liturgia è stata fatta dalla Chiesa tutta intera perché ci permette di accogliere Cristo, perché permette a Lui di farci visita.
I divorziati risposati e i conviventi non solo non sono scomunicati, ma anzi sono tenuti alla liturgia domenicale. Se non possono ricevere la Comunione, sono aiutati dalla liturgia nella loro fede, ma anche sono aiutati dalla liturgia a dare testimonianza ai figli. La liturgia, infatti, non si esaurisce solo nel “fare la Comunione”. Ricorderei ancora una volta che sono i migliori “genitori” che i figli possano avere, anche perché non ne hanno altri! I figli amano i loro genitori – e debbono amarli – perché sono i loro genitori, anche se eventuali gesti personali fossero stati inopportuni o addirittura sbagliati.Ascoltare la Parola del Signore e sforzarsi di viverla, domandare perdono, pregare con la preghiera dei fedeli, professare la fede nel Credo insieme ai fratelli, inginocchiarsi alla Consacrazione, pregare con il Padre nostro, scambiare il segno della pace, cantare le lodi del Signore sono momenti di vera comunione con Dio e con la Chiesa tutta.
Mi vengono sempre in mente due incontri - ma ognuno può raccontare, con garbo, le sue esperienze. Il primo, quello di una persona divorziata risposata che mi diceva: “Padre, io so di non poter fare la comunione, ma guai se lei mi impedisce di partecipare a tutte le altre parti della liturgia. La messa è come una cena dove ci sono tantissime “portate” – così mi disse. Io non mangio l’eucarestia, ma “mangio” la Parola di Dio, l’omelia, la preghiera dei fedeli, il canto, ecc. Certo è un dolore non poter giungere fino a condividere l’eucarestia, ma guai se non condividessi tutte le altre “portate”.
Ricordo anche una donna che accompagnava la figlia per la prima comunione e mi domandava come avrebbe potuto mostrare alla figlia quanto importante era per lei, mamma, la comunione della sua bambina. Io le risposi: “Prometta alla bambina che verrete insieme anche l’anno prossimo per la comunione e mentre la piccola farà la comunione lei farà la comunione di desiderio, dirà cioè a Gesù il suo desiderio di essere in comunione con lui. Questo educherà sua figlia più che se lei facesse la comunione il giorno della sua prima comunione e poi non venisse più a celebrare la messa”. Mi sorrise facendomi capire che sapeva bene che avevo ragione.
Ma, poi, si faccia in modo che i catechisti invitino i genitori che non faranno la comunione a compiere quei gesti che ne valorizzano la loro testimonianza di credenti e che non sono loro preclusi, come proporre preghiere dei fedeli o portare in processione i doni all’altare nell’offertorio: si faccia tutto ciò che è possibile, insomma, per far sentire loro quanto il Signore li ami e quanto la Chiesa riconosca la bellezza della loro partecipazione all’azione liturgica, pur nella consapevolezza del dolore di non potersi accostare a ricevere il pane eucaristico.
Importantissimo è che si invitino i genitori separati in lite a saper vivere, per amore dei figli, con quella delicatezza e quel rispetto che permettano ad entrambi di stare vicino ai bambini. Se anche ci fossero motivi molto gravi di disaccordo, è bene che si sappiano vivere momenti di “tregua” almeno la domenica, almeno nel giorno delle prima comunione, per testimoniare al bambino un amore che sa mettere da parte le giuste rivendicazioni al cospetto di un bene più grande come quello della cura filiale. La preghiera comune per il figlio potrà giovare anche a considerare da un punto di vista nuovo il dolore ricevuto dal coniuge.
La messa è per tutti, anzi è soprattutto per i piccoli
Vi invito anche a ricordare che la celebrazione domenicale è un luogo importantissimo nel quale la chiesa accompagna le famiglie che hanno figli con disabilità. Quell’appuntamento domenicale fa incontrare tutti i genitori insieme - ognuno con la propria fatica e la bellezza della propria vocazione - e fa sì che essi si conoscano e che imparino a condividere la crescita dei figli.La bellezza del rito, il canto, i gesti, aiutano tutti, anche i bambini con disabilità, a scoprire quanto la vita di ognuno sia preziosa non solo agli occhi di Dio, ma anche per i fratelli.
L’assemblea liturgica della Messa dell’Iniziazione cristiana non solo si abituerà a qualche parola o gesto talvolta imprevisti, ma ancor più ad apprezzare proprio quella presenza che ci chiede ancor più di essere comunità che cammina insieme.
Sono proprio i piccoli ad obbligarci ad uno sguardo nuovo: ci invitano a guardare la vita con gli occhi di Cristo, dove non conta l'efficienza, come nella nostra società nevrotica, dove conta invece camminare insieme. Dove ognuno è unico e portatore di un dono.
La liturgia è stata fatta dalla Chiesa tutta intera perché ci permette di accogliere Cristo, perché permette a Lui di farci visita.
Fonte:http://www.gliscritti.it/blog/entry/3670
Nessun commento:
Posta un commento