«Così è cambiata la mia vita appena giunto a Medjugorje» |
Martedì 21 Giugno 2011 |
Parla Sabino Simone, “guarito” dopo vent’anni di depressione Socchiude gli occhi azzurri, si concentra e pesa le parole Sabino Simone. Sono le 3 del pomeriggio, è appena tornato da Roma dove ha fatto il punto sulla celebrazione del 30° anniversario della prima apparizione avvenuta a Medjugorje. Non ha ancora mangiato. L’autoscuola di cui è titolare, a San Fermo, accanto al santuario del paese e vicina al monumento a Garibaldi, che qui vinse una storica battaglia del Risorgimento, è intitolata proprio all’Eroe dei due mondi, massone e acerrimo nemico della Chiesa. Nell’ufficio di Sabino, invece, tra i poster di due automobili da corsa spicca il quadro di una Madonna con bambino. Sul muro di fronte, un calendario ritrae la folla di fedeli in preghiera nel piccolo paese dell’ex Jugoslavia. In alto, sulla parte anteriore di un armadio, c’è l’immagine di un Sacro Cuore. Eppure c’è stato un tempo in cui la fede di quest’uomo, 65 anni, sposato e padre di tre figli, residente a Cavallasca, era all’acqua di rose come quella di molti. La sua vita ha avuto una svolta netta nel 1985, proprio a Medjugorje, località che oggi fa parte della Bosnia-Erzegovina, dove quattro anni prima, alle 18.15 del 24 giugno, Vicka, Ivan, Mirjana, Ivanka, Jakov e Marija, sei ragazzi avevano avuto una visione. Lo stesso accadde l’indomani. Una di loro aveva visto comparire sulla collina una giovane donna inondata di luce con un bambino in braccio e che faceva segno di avvicinarsi. Da allora quella figura di donna, identificata con la Madonna, è apparsa il 25 di ogni mese e decine di milioni di persone si recano là in pellegrinaggio. Signor Simone, com’è approdato a Medjugorje? «Soffrivo da ormai vent’anni di una fortissima depressione e non trovavo via d’uscita con cure mediche. Mia madre seppe delle apparizioni e tentò di convincermi ad andare in quel luogo. Io rifiutai, non mi interessava. Data la sua insistenza, alla fine, l’accontentai. Viaggiai senza aspettative. Una volta lì, stetti subito bene. Mi sentii normale. La difficoltà fu dover tornare indietro. In seguito raggiunsi quella stessa meta centinaia di volte. Il mio desiderio era di tornare più in fretta e più spesso possibile. Così cominciai a organizzare pellegrinaggi». Lei era già credente? «Ero un credente molto tiepido, di quelli che si limitano ad andare a messa la domenica». Cosa la colpisce maggiormente quando torna ai piedi della collina? «La sensazione di benessere interiore che sperimento, che io considero sicuramente frutto della grazia associata alla presenza della Madonna. Si sta bene davvero, e non dipende da ciò che siamo, abbiamo o facciamo. È dono del Cielo; è trovare tutto ciò che si è desiderato». A Medjugorje le è capitato di assistere ad altri eventi che reputa inspiegabili? «Sì, colgo sempre il cambiamento delle persone, vedo come sono quando arrivano e quando invece ripartono. Sono toccate e cambiate, indipendentemente dalla loro predisposizione spirituale». Lei sa che la Chiesa è molto cauta su Medjugorje? Ha formato una commissione d’indagine composta da teologi ed esperti soltanto l’anno scorso. «Sì, ma non pone alcun impedimento. Non formula un giudizio finché gli eventi non si sono conclusi. È normale che sia così. Si rischia però che taluni eventi negativi predetti si avvicinino perché non si fa abbastanza per scongiurarli. Ricordiamo che dopo l’apparizione, nel suo primo messaggio, il 26 giugno 1981, la Madonna invocò pace, piangendo. Esattamente dieci anni dopo, il 26 giugno 1991, in Bosnia scoppiò la prima guerra europea dopo il 1945». Cosa risponde agli increduli e a chi, tra loro, parla di grande inganno?» «Capisco chi fatica a credere. Anch’io, inizialmente, ero così. Però, dai frutti prodotti nelle persone che sono state a Medjugorje, dico che è proprio un peccato non approfittarne». Marco Guggiari Fonte: http://medjugorje.altervista.org/index.php/notiziario/cattolico/2011/6/0/100 |
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